Pubblichiamo le 13 pagine del documento approvato ieri l’altro da Palazzo Chigi: ancora una volta, molte belle intenzioni, ma in assenza di una definizione precisa di “prestazioni” e “controprestazioni”. Prevale genericità.

Il nostro articolo di ieri su “Key4biz” (vedi “Tra Rai e Siae, dalle belle parole alle buone pratiche…”) ha suscitato interessi intensi, plurimi e variegati, e non possiamo che ringraziare i vari lettori che ci hanno scritto messaggi di apprezzamento.

A questo punto, riteniamo indispensabile approfondire e – come dire?! – documentare.

WINDTRE BUSINESS

In effetti, questa rubrica “ilprincipenudo” è nata nel 2014 ponendosi come inedito tentativo di costruire una “teoria” della politica culturale e dell’economia mediale in Italia, attraverso una attenta attività di monitoraggio ed analisi di iniziative pubbliche e private, in un originale mix tra metodiche tipiche della consulenza strategica e del giornalismo investigativo. Il sottotitolo della rubrica curata da IsICult non è a caso “ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale”.

Tra pochi giorni, supereremo la soglia delle 600 (seicento!) edizioni (migliaia e migliaia di pagine…) e da tempo stiamo ragionando sulla pubblicazione in volume del digesto, con note di aggiornamento, riferimenti incrociati, indice analitico e delle persone citate…

Ciò premesso, è preliminarmente indispensabile una precisazione: qualcuno (si) domanda, e talvolta ci domanda “chi c’è dietro a questo attivismo di IsICult?”, e qui vogliamo ben chiarire che l’Istituto italiano per l’Industria Culturale è un ente no profit nato ormai quasi 30 anni fa (correva l’anno 1993) come tentativo – più unico che raro, nel nostro Paese – di centro di ricerca indipendente, sganciato dai “poteri forti” e dalle tante “lobby” che governano (in modo per lo più occulto) il nostro Paese.

Uno dei nostri obiettivi primari consisteva, “ab origine”, nel fare luce, nel cercare trasparenza laddove prevale oscurità e nebbia

Questa esigenza di luce è dettata dal convincimento che le istituzioni pubbliche debbano essere veramente case di cristallo, luoghi nei confronti dei quali il cittadino deve nutrire fiducia e non diffidenza.

Questo vale ancor più rispetto a soggetti come il Ministero della Cultura e come la Rai, ovvero i principali “attori” del “palcoscenico” mediale italiano che suscitano la nostra maggiore attenzione.

Talvolta qualcuno ritiene che questa nostra attività di analisi critica contribuisca a… “delegittimare” il Mic piuttosto che la Rai: non è così, anzi crediamo che il nostro impegno (tecnico ed etico) per la trasparenza possa contribuire a legittimare oltre questi due soggetti.

Non siamo certo come il pur simpatico ed effervescente Pinuccio di “Striscia La Notizia”: lasciamo ad altri l’usare cartucce a pallettoni contro la Rai sugli “sprechi”… Non spariamo ad alzo zero verso Viale Mazzini come il sempre effervescente parlamentare di Italia Viva Michele Anzaldi… Forse dietro la loro martellante “tenacia”, c’è un “qualcuno” (che non ama granché la Rai). Non dietro IsICult.

Crediamo semplicemente – da cittadini, da ricercatori sociali, da giornalisti investigativi – in una Rai forte, dotata di risorse adeguate, libera e plurale, sganciata dalla servitù nei confronti della partitocrazia e più in generale della politica.

La nostra “idea di Rai” l’abbiamo manifestata in modo chiaro vent’anni fa in libri (rimandiamo, per tutti, a “Con lo Stato e con il mercato? Verso nuovi modelli di televisione pubblica nel mondo” scritto assieme a Francesca Medolago Albani, pubblicato per i tipi della Mondadori) e più recentemente a fine 2020 in un intervento al convegno promosso dalla Cgil (sindacato che è sembrato per un attimo appassionarsi alle conseguenze della rivoluzione digitale, per poi presto tornare nel suo storico e passatista alveo): vedi “Key4biz” del 20 novembre 2020, “Rai, la Cgil apre il laboratorio per la riforma del servizio pubblico”.

Tutto ciò premesso, pubblichiamo – in esclusiva per “Key4biz” – un documento che pure riteniamo doveva essere (dovrebbe essere) di pubblico dominio.

Ma tale non è, per le solite ragioni di sempre: pseudo-riservatezza e sensibilità inter-istituzionali. Balle.

Peraltro – come abbiamo già scritto ieri a chiare lettere – non si tratta di documenti che disturbano le attività della Rai come impresa: la Rai è pubblica, a tutti gli effetti, e deve “rendere conto” (per parafrasare giustappunto un’osservazione del Ministro Giancarlo Giorgetti) ai suoi “stakeholder”, che sono (dovrebbero essere) i cittadini (così come i suoi lavoratori), prima dei parlamentari e dei membri del Governo e degli esponenti politici.

Perché nessuno sembra interessarsi del futuro strategico della Rai, e tutti si insabbiano nelle polemiche di breve respiro?

La critica va mossa anche nei confronti dei colleghi giornalisti, che sembrano tanto appassionarsi delle vicende dei “talk show”, ed ignorano il futuro di medio-lungo periodo di Viale Mazzini.

Partiamo dalle origini, rispetto a questo quasi mitico “contratto”…

A quanto è dato sapere (nessuna notizia ufficiale), in occasione di una riunione del Consiglio dell’Autorità Garante delle Comunicazioni (Agcom) del 24 marzo 2022, è stata approvata – informalmente – una bozza di delibera relativa alle “Linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo, multimediale, ai sensi dell’articolo 59, comma 6, del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi (quinquennio 2023-2027)”.

Di questo documento e di questa decisione, non v’è traccia alcuna sul sito web dell’Agcom.

Le tre paginette dell’atto (intitolato in bozza “Allegato A alla delibera n. …”) sono state pubblicate soltanto da due testate giornalistiche: “Prima Comunicazione” e da “NewsLinet.it”.

Sulla prima testata, Anna Rotili (la firma di punta su Rai dello storico mensile fondato dal compianto Umberto Brunetti e da qualche mese diretto dalla vedova Alessandra Ravetta), si leggeva, il 28 marzo 2022: “l’Agcom, presieduta da Giacomo Lasorella, ha approvato giovedì scorso (24 marzo 2022) le linee guida del nuovo contratto di servizio Rai 2023-2028, di cui siamo in grado di anticipare il contenuto integralmente. L’authority ha inviato il testo al Ministero dello Sviluppo Economico. La complessa procedura prevede anche un passaggio alla Presidenza del Consiglio chiamata a definire gli indirizzi in base a cui il Mise formulerà eventuali osservazioni o approverà così come sono le linee guida proposte da Agcom”. La testata “Newslinet” definiva invece il documento come un semplice “parere inviato al Mise”.

Se il “contratto di servizio” è un documento fragile ed evanescente (come andiamo scrivendo da anni, anche su queste colonne), queste “linee-guida” dell’Agcom sembrano veramente… eteree. Non dicono assolutamente nulla di concreto.

Si passa quindi dalle 3 paginette tre del “parere” dell’Agcom del 24 marzo 2022 al documento, certamente più consistente, che il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri l’altro, martedì 17 maggio, ovvero l’“Atto di indirizzo per la definizione delle linee guida sul contenuto del contratto di servizio 2023-2028”, che “Key4biz” è in grado di pubblicare in allegato ed in versione integrale, grazie alla propria rete di rapporti, e cercando di emulare la capacità analitica della fonte più evoluta nell’analisi critica del “sistema Rai”, qual è il blog specializzato denominato “BloggoRai”…

Questo documento di Palazzo Chigi specifica anche la metodologia di questo “articolato procedimento”.

Il “Contratto di Servizio” Rai-Mise nelle varie fasi della sua tortuosa gestazione

Il “Contratto di Servizio” Rai-Mise nelle varie fasi della sua tortuosa gestazione:

(1.) “prende le mosse da una deliberazione del Consiglio dei Ministri, con la quale sono definiti gli indirizzi per la definizione delle linee guida sul contenuto degli ulteriori obblighi di servizio pubblico”;

(2.) “tali linee guida devono essere poi deliberate, d’intesa con l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, dal Ministero dello Sviluppo Economico”;

(3.) si legge nel testo approvato a Palazzo Chigi ieri l’altro, a chiare lettere: “alla luce del presente documento, il Ministero dello Sviluppo Economico adotterà, d’intesa con l’Agcom, ai sensi dell’articolo 59, comma 6, del Tusmar, la deliberazione prodromica al rinnovo quinquennale”.

Si attende quindi la “deliberazione prodromica”, dopo le “linee guida” e l’“atto di indirizzo”…

Ed una prima bozza del “contratto di servizio”, quando vedrà la luce???

E quando il Governo ed il Parlamento riterranno di far la grazia di condividere queste segretissime carte con la cittadinanza tutta?!

Perché il Ministro Giancarlo Giorgetti e la Presidente della Rai Marinella Soldi non ritengono opportuno l’avvio di un confronto pubblico e trasparente su questi documenti, che stanno per disegnare il futuro del servizio pubblico mediale italiano?!

Hanno forse timore delle possibili reazioni degli “stakeholder”?!

Si precisa – nel documento approvato ieri l’altro – che il Ministero comunicherà tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri “eventuali fattori di criticità tali da pregiudicare la realizzazione, in tutto in parte, degli indirizzi contenuti nel presente atto”.

Sia consentito osservare: “gli indirizzi” approvati dal Consiglio dei Ministri sono così generici e vaghi, che sarà impossibile che emerga un qualche reale “fattore di criticità”.

Documenti generici e vaghi, senza che si ponga per esempio il quesito sul futuro della Rai nel Metaverso…

Leggendo questi documenti, emerge l’impressione che la materia sia gestita da alti funzionari ministeriali, da capi di gabinetto di lungo corso, ma che questi eccellenti “civil servant” non comprendano al meglio che si sta definendo il futuro della Rai, in termini socio-culturali oltre che economico-contrattuali, in anni particolarmente cruciali a causa di una rivoluzione digitale sempre più accelerata.

Per esempio, qualcuno si pone una domanda su quale sarà il futuro possibile della Rai nel Metaverso imminente?

Tra l’altro, il “contratto” in gestazione prevede ora una durata di 5 anni, e non più 3 come in precedenza, il che determina sicuramente una maggiore stabilità ma al tempo stesso un vincolo intenso, rispetto al rischio di modificazioni dello scenario di riferimento.

Approfondiamo: leggiamo cosa prevede la “Convenzione fra il Ministero dello Sviluppo Economico e la Rai per la concessione per il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”. La convenzione è stata approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 28 aprile 2017:

« Art. 6 Contratti di servizio

  1. Il Ministero dello sviluppo economico, previa delibera del Consiglio dei ministri, stipula con la società concessionaria un contratto nazionale di servizio e rilascia l’intesa ai fini della stipula dei contratti di servizio regionali e, per le province autonome di Trento e di Bolzano, provinciali, con i quali sono individuati i diritti e gli obblighi della società concessionaria.
  2. Il contratto nazionale di servizio è stipulato entro il quarantacinquesimo giorno successivo alla scadenza del termine per l’espressione del prescritto parere da parte della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
  3. I contratti di servizio di cui al comma 1 avranno una durata quinquennale e saranno rinnovati ogni cinque anni.
  4. Con deliberazione adottata d’intesa dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dal Ministro dello sviluppo economico, prima del rinnovo quinquennale del contratto nazionale di servizio, sono fissate le linee-guida sul contenuto degli eventuali ulteriori obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali.
  5. Con deliberazione del Consiglio dei ministri sono definiti gli indirizzi ai fini dell’intesa con l’Autorità, di cui al comma 4.
  6. Il contratto nazionale di servizio disciplina in particolare gli aspetti relativi agli obiettivi di efficientamento e di razionalizzazione attinenti agli assetti industriali, finanziari e di produttività aziendale, al miglioramento della qualità del servizio, all’attività di ricerca e di sperimentazione, alla vigilanza e al controllo. »

Si ricorda che, base alla Legge n. 220/2015 (art. 5), il Ministero dello Sviluppo Economico trasmette alla Commissione Parlamentare di Vigilanza per il parere lo schema di contratto di servizio. L’articolo 5 della legge 220 prevede, al comma 6, che il Mise “trasmette alla Commissione Parlamentare, per il prescritto parere, lo schema di contratto di servizio con la società concessionaria (…) almeno sei  mesi prima della scadenza del contratto vigente”. Parere della Commissione che – ricordiamo – non è peraltro vincolante.

Considerando che il contratto vigente scade il 7 marzo 2023, i sei mesi “prima” della scadenza dovrebbero coincidere con la data del 7 settembre 2022: in sostanza, ci sono 3 mesi di fronte a noi, e, considerando agosto, un lasso temporale non eccezionale.

E si ricordi che il contratto è stipulato entro il 45° giorno successivo alla scadenza del termine per l’espressione del prescritto parere da parte della Commissione di Vigilanza. Ricordiamo che qualche settimana fa, la Vigilanza ha approvato un suo documento, a conclusione di una indagine conoscitiva: documento anch’esso generico assai, e con nessuna concreta ricaduta, nemmeno per quanto riguarda la gestazione del contratto di servizio. Cui prodest?! Non è dato sapere. Bollavamo le conclusioni dell’indagine impietosamente: “deficitaria, fallace, inconcludente. In una parola: inutile” (vedi “Key4biz” del 23 febbraio 2022, “Le conclusioni della Vigilanza sui modelli di governance della Rai”).

Un cronoprogramma comunque non parossistico, semmai Governo e Parlamento decidessero di sentire il parere dei cittadini.

Qualche elemento interessante estrapolato dall’Atto di Indirizzo di Palazzo Chigi

Cerchiamo di “estrapolare” dal documento “Atto di indirizzo” del Consiglio dei Ministri un qualche elemento interessante (e non – come dire?! – “ripetitivo” rispetto al passato).

Abbiamo già segnalato ieri la positività dell’esigenza di maggior controllo tra “prestazioni” e “controprestazioni”: si legge – nel Capitolo 3 (“Indirizzi prioritari”) – della necessità di “assicurare una maggiore cogenza degli obblighi assunti nel contratto di servizio, in particolare attraverso la misurazione di obiettivi misurabili nonché potenziando le modalità, gli strumenti e gli organi di verifica dell’attuazione dei suddetti obiettivi”. Saggia decisione.

Si suggerisce di fare in modo che la durata del “contratto di servizio” (5 anni) vada a coincidere con la durata del “piano industriale della Rai”. Saggia decisione.

Si suggerisce di “avviare una ricognizione delle risorse del Pnrr”, prevedendo che la Rai vi “potrà accedere”: questa sì è una tesi originale, dato che – finora – nessuno sembra aver correlato il servizio pubblico mediale italico al “Recovery Plan”. Palazzo Chigi suggerisce che Viale Mazzini vi possa accedere “in relazione agli interventi in materia di turismo, scuola, trasformazione digitale, formazione e cultura”. Ci sembra un po’ tardi, dato che il “Pnrr” ci sembra già bello che scritto (ed inchiodato notarilmente, negli impegni con l’Europa), ma un tentativo va certamente fatto. Qualcuno a Viale Mazzini ci sta pensando, strategicamente ed operativamente?!

Abbiamo già riprodotto nell’articolo di ieri quelli che sono stati tratteggiati come “obiettivi strategici”, di cui al Capitolo 4, e qui di seguito.

I “10 obiettivi strategici” identificati dal Consiglio dei Ministri

Il contratto dovrà assicurare, almeno, il raggiungimento dei seguenti “obiettivi strategici”:

  1. accelerare la trasformazione della Rai in “digital media company”
  2. accrescere la qualità dell’informazione
  3. attrarre e fidelizzare il pubblico giovane
  4. trasmettere e promuovere in Italia e nel mondo i valori culturali e civili, in particolare la cultura dell’impresa e del lavoro
  5. diffondere e incoraggiare lo sport e gli stili di vita sani
  6. accrescere le competenze del pubblico anche in relazione alle nuove sfide della transizione ambientale e digitale
  7. assicurare un rafforzamento degli obblighi di accessibilità e inclusività
  8. sostenere lo sviluppo dell’industria audiovisiva nazionale
  9. rafforzare il ruolo e l’evoluzione del servizio pubblico radiofonico
  10. ottimizzare la capacità trasmissiva e il livello di copertura delle reti Rai

Per ognuno di questi 10 obiettivi, viene proposto un breve dettaglio, con una descrizione – ma per lo più purtroppo generica – delle “cose da fare”.

Come abbiamo già scritto, si tratta di obiettivi tutti commendevoli, per quanto generici. Bla-bla-bla… Siamo ai limiti della fuffologia mediologica

Un esempio, tra tutti: si legge, nel dettaglio dell’obiettivo n° 4: “diffusione, anche in lingua inglese, di contenuti di qualità per il pubblico internazionale…”. Generico, di grazia! Nel precedente (vigente) contratto, almeno, si prevedeva un canale specifico per l’estero, in lingua inglese.

Idea forse seppellita, a fronte dell’evidente inadempimento della Rai?!

In sintesi, gli “obiettivi strategici” andrebbero focalizzati meglio, tradotti in “prestazioni” da definire in modo accurato e preciso.

Scrivere – altro esempio (tra i tanti possibili) – “sostenere lo sviluppo dell’industria audiovisiva nazionale” (paragrafo 4.8) non significa nulla, anche se i redattori cercano di “specificare” così: (a.) “investire in contenuti di qualità, sperimentando formati e linguaggi nuovi…”; (b.) “valorizzare le opere di espressione originale italiana, nella definizione degli assetti contrattuali e dei diritti…”. Ovvero, concretamente, cosa???

Ed a fronte di ogni “prestazione”, andrebbe quantificata la “controprestazione”.

Il sinallagma non può restare così indefinito, vago, aleatorio.

Il lavoro da fare ci sembra ancora veramente molto, se si vuole realmente passare dalla “teoria” alla “prassi”, ovvero – come scrivevamo ieri – dalle belle parole alle buone pratiche.

Ovvero se si vuole che il “contratto di servizi” passi dalla dichiarazione di intenti ad una effettiva valenza contrattuale.

Coinvolgendo nella stesura del contratto la comunità culturale, artistica, professionale che “ruota” intorno alla Rai, e finanche la società civile (il terzo settore in primis), si potrebbe addivenire ad un testo finalmente innovativo, passando dal “libro dei sogni” alla concreta operatività.

E magari chiedendo un parere anche agli italiani tutti, rispetto al profilo identitario della Rai che vorrebbero…

Clicca qui per l’“Atto di indirizzo per la definizione delle linee guida sul contenuto del contratto di servizio 2023-2028”, approvato dal Consiglio dei Ministri, Roma, Palazzo Chigi, 17 maggio 2022

Clicca qui per la bozza dell’“Allegato” alle “Linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico radiofonico, televisivo, multimediale, ai sensi dell’articolo 59, comma 6, del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi (quinquennio 2023-2027)”, sottoposte al Consiglio dell’Agcom il 24 marzo 2022

Clicca qui, per il testo del “Contratto di Servizio” Mise-Rai 2018-2022, così come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 2018Per saperne di più: AGCOMRAI

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