Gianni Letta e Dario Franceschini duettano simpaticamente, enfatizzando le potenzialità della sinergia tra pubblico e privato nel sistema culturale.

Questa mattina a Roma, nella sede sempre fantastica (oggettivamente) dell’attico con terrazza (iperpanoramica) del palazzo delle Assicurazioni Generali a Piazza Venezia, l’associazione Civita ha presentato il suo 13° rapporto annuale, questa volta intitolato “Quando la cultura incontra la sostenibilità”, pubblicato per i tipi di Marsilio Editore (con il sostegno di Igt).

Che ruolo gioca la “cultura” all’interno delle strategie di sostenibilità delle imprese? È questo il quesito-chiave che anima la ricerca sulle imprese del XIII Rapporto Civita.

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Si può nutrire simpatia o antipatia nei confronti di Civita (simpatia per la storia e la forza dell’associazione, fondata 35 anni fa, oppure antipatia – secondo alcuni detrattori – per il suo strapotere di lobbying nell’ambito della gestione di alcuni siti culturali), ma è un dato di fatto che le ricerche promosse dal Centro Studi “Gianfranco Imperatori” (che di Civita è stato il co-fondatore), diretto da Alfredo Valeri, non sono mai banali e propongono sempre un apprezzabile valore aggiunto di conoscenza, dati ed analisi.

Notoriamente, chi segue per IsICult (Istituto italiano per l’Industria Culturale) questa rubrica “ilprincipenudo” sulle libere colonne di questo quotidiano online “Key4biz” (dedicato all’economia digitale ed alla cultura del futuro) è piuttosto critico nei confronti di “rapporti annuali” sulla cultura, che spesso non innovano alcunché, nelle lande non ricchissime della politica culturale e dell’economia mediale (qualsiasi riferimento alla fondazione Symbola oppure a Federculture è qui inevitabile: si segnala – en passant – che la seconda presenterà il suo rapporto giovedì 14 luglio, mentre del rapporto della prima non si ha ancora un “save the date”).

Così come abbiamo avuto occasione di scrivere a proposito dell’edizione 2021 del rapporto Civita, si tratta di studi – spesso di approccio monografico – che divengono testi di riferimento per gli studiosi del sistema culturale e mediale, per i decisori pubblici, per gli organizzatori culturali, per i giornalisti specializzati: l’anno scorso, l’attenzione di Civita era concentrata sul deficit di “digital strategy” del sistema museale italiano, carenza che ne vanifica parte delle potenzialità (vedi “Key4biz” del 21 giugno 2021, “Associazione Civita presenta la “Next Generation Culture”: per uno sviluppo digitale dei musei. Ma manca una policy di sistema”), quest’anno l’attenzione è stata invece focalizzata sul concetto di “sostenibilità”.

La presentazione è stata molto stimolante, anche grazie all’eleganza della conduttrice e moderatrice, la giornalista Myrta Merlino (colonna de La7, in primis con “L’aria che tira”), così come il rapporto di ricerca è senza dubbio ricco di spunti e di suggestioni.

“Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”: 17 “Goals” e 169 sotto-obiettivi / target. Ma la cultura non ha ancora un ruolo centrale nella “sostenibilità”…

In estrema sintesi: anche grazie alla famosa “Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” definita dall’Onu nel 2015 (ai suoi 17 “Goals” ed ai 169 sotto-obiettivi / target: “obiettivi di sviluppo sostenibile” alias “Sustainable Development Goals” ovvero “SDGs”), una parte significativa delle imprese (soprattutto le multinazionali e le grandi imprese) sta acquisendo coscienza crescente dell’importanza di affiancare alla logica del profitto una dimensione altra, e sociale, qual è la “sostenibilità”.

Lo stesso sistema finanziario internazionale, ha sostenuto Simonetta GiordaniSegretario Generale di Civita (ma può vantare nel proprio curriculum anche l’esperienza come Sottosegretaria ai Beni Culturali), ormai tende a prediligere le imprese che dimostrano sensibilità nell’ambito giustappunto della “sostenibilità”. Giordani ha ricordato che il concetto di “sostenibilità” è stato fatto proprio anche dal Ceo del controverso fondo BlackRock (anima del capitalismo più aggressivo), Larry Fink, e… ciò basti. Civita, già dal 2017, ha aiutato le aziende a rendicontare nel “bilancio di sostenibilità” i propri investimenti in cultura, con la messa a punto di alcune “linee-guida”.

L’incontro è stato aperto da una introduzione di Gianni Letta, sempre raffinato nel suo eloquio, che ha ricordato come Civita sia stata, in Italia, fin dal 1987, un vero laboratorio di avanguardia nella sperimentazione della convergenza possibile tra “pubblico” e “privato” nel sistema culturale. Anche in anni nei quali sembrava quasi “osceno” che imprenditori privati potessero pensare di contribuire alla crescita della cultura e delle arti. Si assisteva ad una sorta di scontro ideologico tra la sacra “custodia del pubblico” ed il terribile “assalto dei privati”. A suo tempo, prima che lo Stato italiano si dotasse di una normativa a favore dell’intervento dei privati nel settore culturale, iniziative come quella di Diego Della Valle sul Colosseo (25 milioni di euro di donazione/sponsorizzazione) furono oggetto di critiche aspre, ed in buona parte insensate.

Il Presidente di Civita ha quindi lasciato la parola al titolare del Ministero della Cultura, Dario Franceschini, che, per alcuni aspetti, incarna politicamente l’eredità intellettuale ed ideologica che Civita lascia nel sistema culturale italiano: in sostanza, ha messo in pratica le teorie e le sperimentazioni avviate da Civita. Ciò emerge anche dalla lettura del libro che il Ministro ha dato alle stampe qualche settimana fa (e che presto andremo a recensire in modo accurato quanto critico): “Con la cultura non si mangia?”, edito da La Nave di Teseo.

La sintonia tra Gianni Letta e Dario Franceschini è evidente, nella storia e nei fatti, così come la loro sintonia con la “squadra” delle cui competenze il Ministro si è avvalso nel corso del tempo: dal Segretario Generale del Ministero Salvo Nastasi all’ex Capo di Gabinetto Lorenzo Casini, da poche settimane alla guida della Lega Calcio Serie A (entrambi in prima fila, questa mattina). Una “grande squadra” che è vicina sia a Franceschini, sia a Letta, in una logica evidentemente “bi-partisan” (Letta resta pur sempre il “grande consigliere” di Silvio Berlusconi).

L’occasione della presentazione non poteva non fare riferimenti all’attualità politica: Letta ha apprezzato molto il discorso che ieri ha tenuto Franceschini in quel di Cortona, in occasione dell’assemblea di AreaDem, ovvero l’aut-aut posto dal Ministro nei confronti del Movimento 5 Stelle. Un’eventuale decisione di appoggio esterno al Governo determinerebbe non soltanto la fuoriuscita dalla maggioranza, ma anche l’impossibilità di ragionare su alleanze elettorali tra Partito Democratico e M5S.

Gianni Letta (Presidente Civita): “alla ricerca di un’armonia tra profitto e valore condiviso”

Per Gianni Letta, “il tema della sostenibilità in ambito culturale è ormai parte integrante della strategia di quelle aziende che ricercano un’armonia fra profitto e generazione di valore condiviso. I ‘costi della sostenibilità’ sono in verità un sano investimento… Da sempre l’Associazione Civita opera come laboratorio di idee e progetti, che mettono in connessione il mondo dell’impresa, quello della cultura e le istituzioni. Anche su questo tema, che rappresenta l’evoluzione della responsabilità sociale d’impresa, Civita sarà in prima linea per promuovere il dialogo, il confronto e lo scambio di best practice tra tutti gli attori della filiera culturale”. Letta ha richiamato l’esigenza di ragionare come “ingegneri umanisti”, concetto evocato ieri in un’intervista sul “Corriere della Sera” a Fabrizio Di Amato, l’imprenditore della Maire Tecnimont (multinazionale italiana che realizza grandi impianti per la trasformazione delle risorse naturali) di cui è presidente, che domani lancerà la Fondazione Evolve.

Entrando nel merito del rapporto, emerge dallo studio che le imprese italiane sono sempre più attente alla cultura, e la vocazione “green” – in senso lato – diviene per esse un elemento che contraddistingue la migliore competitività.

In un Paese come l’Italia, dotato di un immenso e straordinario patrimonio artistico e culturale, le imprese di maggiore successo stanno sviluppando sempre più strategie che coniugano sostenibilità e patrimonio culturale, presidiando i luoghi di cultura e di interesse ambientale sul territorio ed il mercato al fine di garantire sviluppo, resilienza e competitività.

Dario Franceschini (Ministro della Cultura): “ci sono ancora grandi imprese che investono poco o nulla in cultura”

Per Dario Franceschini, “l’investimento in cultura è un grande investimento economico per una crescita sostenibile del Paese. E i progetti messi in campo dal Governo con il Pnrr vanno esattamente in questa direzione: il Piano Nazionale Borghi, con oltre 1 miliardo di euro di risorse, punta a rendere vitali le aree interne del Paese mentre il Piano Nazionale Parchi e Giardini Storici così come quello per l’efficientamento energetico di musei, teatri e cinema confermano quanto la cultura sia vero e proprio motore di sostenibilità e crescita”. Il Ministro ha ricordato i 600 milioni di donazioni che sono arrivati al sistema culturale italiano grazie all’Art Bonus, ma anche denunciato che ci sono ancora “grandi imprese che investono poco o nulla in cultura”. Ha aggiunto: “accanto a questi importanti interventi, c’è l’esigenza di rendere ancora più competitiva la principale industria creativa del Paese: il cinema e l’audiovisivo. Gli ingenti investimenti su Cinecittà hanno proprio questo scopo”.

In argomento (i 300 milioni di euro del “Pnrr” a favore di Cinecittà e del Centro Sperimentale di Cinematografia-Csc), è intervenuto giustappunto l’Amministratore Delegato di Cinecittà, Nicola Maccanico, che si è commosso ricordando come senza dubbio il suo percorso professionale sia stato influenzato dall’habitat familiare: è il figlio di uno dei grandi “civil servant” della Repubblica, qual è stato il tante volte Ministro Antonio Maccanico (1924-2013). Maccanico ha segnalato che le potenzialità degli “studios” di Via Tuscolana sono confermate dalla attuale “piena occupazione dei 19 studi”. Ha annunciato anche che Cinecittà sarà presto “carbon neutral”.

Sono interventi alla presentazione anche il Condirettore Generale di Poste Italiane Giuseppe Lasco, ed il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi (già Ministro dell’Ambiente tra il 1996 ed il 2000, in un Governo Prodi). Il primo ha ricordato come Poste Italiane sia la maggiore impresa italiana per numero di dipendenti e per disseminazione sul territorio: ha ricordato come svolga una funzione pubblica assai ampia a variegata. Ha sostenuto che il comune più piccolo d’Italia (per popolazione), Monterone (in provincia di Lecco), vanta soltanto 65 abitanti, in buona parte anziani: non aveva uno sportello bancomat, e gli abitanti, per raggiungere il più vicino, dovevano fare 19 chilometri… Poste Italiane è intervenuta, aprendo uno sportello.

Edo Ronchi: evitiamo che l’Agenda 2030 finisca per essere “un menù dove si può trovare di tutto”, col rischio che “tutto divenga quindi sostenibile”, la cultura deve essere centrale

Il secondo ha manifestato una lieve critica all’approccio di Civita, sostenendo che la cultura non è un fattore della sostenibilità, ma dovrebbe essere il suo asse portante. Si deve evitare che l’Agenda 2030 – ha sostenuto Edoardo Ronchi – divenga “un menù dove si può trovare di tutto”, col rischio che “tutto divenga quindi sostenibile”.   Condividiamo questa critica, e temiamo che questo rischio sia concreto (in argomento, si rimanda a quel che abbiamo scritto su queste colonne rispetto ad un qual certo rischio di strumentalizzazione del concetto di “sostenibilità”, che potrebbe degenerare in pratiche di… “greenwashing”: vedi “Key4biz” del 27 giugno 2022, “Rai, Bilancio di Sostenibilità 2021 ignorato completamente da tutti”).

L’Associazione Civita ha monitorato nel tempo le attitudini delle imprese italiane ad intervenire nel settore culturale, rilevandone tendenze e trasformazioni: dal suo monitoraggio continuativo, emerge un’evoluzione nell’impegno delle aziende verso approcci più autenticamente responsabili e strategici. “Essere sostenibili” oggi è un fattore critico di successo per un’impresa che voglia presidiare il mercato in modo stabile e duraturo.

La sostenibilità diventa un pilastro della cultura aziendale, condizionando tutti i processi interni, il modo di fare business e di comunicarlo.

Essere autenticamente sostenibili significa ormai travalicare la dimensione aziendale, proiettandosi sull’ascolto e sul coinvolgimento delle comunità territoriali.

I monitoraggi di Civita: le imprese si concentrano sul “sociale”, la “formazione” e la “cultura”

Per indagare le prevalenti direttrici delle strategie di sostenibilità implementate da realtà imprenditoriali di diversi settori produttivi, Civita ha realizzato una nuova indagine rivolta alle imprese della propria compagine associativa ed a un campione di “B-Corp” e “Società Benefit”.

Una prima indagine è stata condotta nel corso del 2021 sulle imprese appartenenti alla compagine associativa di Civita; la seconda è stata realizzata nei primi mesi del 2022, in collaborazione con Nativa, su un campione di “B-Corp” e “Società Benefit”. A queste imprese, è stato sottoposto un questionario “on line” appositamente elaborato per rilevare le aree di azione cui fanno capo le pratiche di sostenibilità “extra-ambientale” delle aziende; gli “Sdg” di riferimento; i criteri impiegati per valutare l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi strategici dell’impresa; gli strumenti di rendicontazione non finanziaria utilizzati e le tipologie di interventi attuati specificamente in ambito culturale. Le iniziative realizzate negli ultimi anni si concentrano prevalentemente in area sociale (93 %), seguita dalla formazione (84 %) e dalla cultura (79 %).

Rispetto alle indagini realizzate in passato da Civita, si evince ora un’evoluzione nell’impegno delle aziende verso approcci più autenticamente responsabili e strategici.

Il capitalismo contemporaneo (ovvero il miglior capitalismo – va ben precisato – e… non esattamente tutto “il capitalismo”) vede infatti le imprese perseguire obiettivi di sviluppo che consentano il soddisfacimento di esigenze provenienti da società sempre più sensibili ai valori della sostenibilità ambientale, sociale e culturale.

Dal capitalismo “shareholder-oriented” a quello “stakeholder-oriented”, grazie alla sostenibilità ed alla cultura?

Secondo alcuni studiosi, è in atto un cambio di paradigma: dal capitalismo “shareholder-oriented” a quello “stakeholder-oriented”. Si tratta di una mutazione radicale, lenta ma pervasiva, che sta portando un numero crescente di imprese a perseguire obiettivi di sviluppo che consentano il soddisfacimento di esigenze provenienti un sistema sociale sempre più sensibile ai valori della sostenibilità (ambientale, sociale e culturale).

In termini specifici di progettualità, nella dinamica “sostenibilità/cultura”, è emersa una tassonomia di attività facenti capo a 6 “cluster”:

  • supporto a musei, altre organizzazioni culturali e artistiche ed enti del terzo settore (“main sponsorship”/partnership/erogazioni liberali); creazione di fondazioni d’impresa;
  • iniziative a sostegno delle comunità locali (es. borghi e aree interne) e per l’inclusione sociale;
  • progetti di sviluppo locale, riqualificazione territoriale e interventi di infrastrutturazione energetica o tecnologica (spesso mediante sponsorizzazioni tecniche);
  • attività di divulgazione, particolarmente orientate alla cultura scientifica e tecnologica e alla sensibilizzazione di determinati target (es. giovani) sui temi della sostenibilità, istituzione di premi;
  • organizzazione di eventi culturali, festival, esposizioni, incontri e convegni;
  • iniziative culturali, di formazione o sensibilizzazione rivolte ai dipendenti…

Abbiamo ragione di ritenere che queste iniziative richiedono comunque una “mappatura” che ancora non è purtroppo disponibile.

Dal rapporto Civita, emergono anche alcune criticità tipicamente italiane:

  • una qual certa difficoltà ad interpretare la cultura come terreno sul quale applicare metodologie di valutazione (essenziale anche alla luce del fatto che le Società Benefit per obbligo di legge devono redigere la “relazione d’impatto”): il Professor Valeri ha segnalato che la strumentazione per la valutazione di impatto delle attività culturali è in Italia ancora deficitaria; “manca una cultura di accountability”;
  • una maggior complessità che spesso le imprese rilevano nell’interazione con gli enti culturali, rispetto a “stakeholder” che operano – ad esempio – nel campo del sociale e o della formazione, ovvero un retaggio di quella storica autoreferenzialità che ha caratterizzato per decenni alcune istituzioni italiane, chiuse a riccio nella propria torre d’avorio…

Condividiamo totalmente soprattutto la prima critica, ovvero la necessità di dotarsi di strumenti e metriche capaci di valutare in modo integrato gli impatti economici, ambientali, sociali e culturali. L’Italia si dimostra ancora molto arretrata, rispetto a queste esigenze, che da anni andiamo rappresentando nella nostra attività consulenziale e giornalistica (anche su queste colonne di “Key4biz”).

La sostenibilità, dimensione strategica anche per i musei

La sfida della sostenibilità, e, in particolare, quella ambientale, sta assumendo gradualmente una dimensione strategica anche per i musei italiani.

I musei sono infatti protagonisti di questo impegno, in una pluralità di forme: dalla gestione dei propri spazi fisici alla produzione di contenuti culturali specifici, alla promozione di comportamenti virtuosi presso il pubblico.

I musei confermano di avere un canale privilegiato di comunicazione dei propri contenuti con bambini, adolescenti e giovani, affiancandosi così al ruolo primario, della famiglia e della scuola. Questa consapevolezza è stata la leva che ha spinto Civita, in collaborazione con ricercatori come Annalisa Cicerchia e Ludovico Solima, a promuovere una rilevazione, attraverso un questionario “on line” per raccogliere opinioni e idee del pubblico dei musei. Dall’indagine, emerge che la grande maggioranza dei visitatori (7 visitatori su 10) sono convinti che attraverso l’arte e la cultura si possa trasmettere un più efficace messaggio a favore della sostenibilità. Per oltre un terzo degli intervistati, la sostenibilità gioca un ruolo nella scelta del museo da visitare. Il pubblico apprezza i musei gestiti in modo sostenibile: dall’energia ai rifiuti, dall’acqua ai materiali. 7 visitatori su 10 pensano che i musei dovrebbero lavorare per la propria efficienza energetica. Il museo può essere uno spazio in cui si adottano comportamenti a basso impatto ambientale. Ne emerge con chiarezza che, agli occhi del pubblico, i musei possono far crescere il loro “cuore verde”, e contribuire alla cultura della sostenibilità.

In occasione della presentazione, Civita ha anche ricordato alcuni dati sulle presenze nei musei in Italia. Nel 2019, gli ingressi nei luoghi della cultura aperti al pubblico avevano toccato in Italia la cifra record di 129,9 milioni (+ 1,3 milioni rispetto al 2018). A fronte di questi risultati positivi, va tuttavia osservato che, nella media della popolazione, la quota di residenti in Italia che annovera fra le proprie esperienze culturali almeno 1 visita (una) al museo nell’arco di 12 mesi, pur mostrando un incremento del 15 %, è rimasta minoritaria, guadagnando sì 4 punti percentuali, dal 27,7 % del 2006 4 al 31,8 % del 2019, ma restando molto al di sotto del 50 %. Nell’anno della pandemia, si è ritornati indietro di 13 anni: hanno visitato un museo almeno una volta in 12 mesi soltanto il 27,3 % dei residenti…

Il capitalismo predatorio non funziona più? Ma ne siamo proprio sicuri?

Conclusivamente, si tratta di un rapporto di ricerca che non può mancare nelle biblioteche e sulle scrivanie di chi in Italia opera nel settore culturale o è comunque interessato al suo sviluppo. Forse un po’ troppo ottimista, questa mattina, l’approccio complessivo di lettura delle fenomenologie del capitalismo (tra turbocapitalismo e capitalismo digitale): Myrta Merlino ha sostenuto convinta che “il capitalismo predatorio non funziona più”… In argomento, nutriamo profondi dubbi. Ed auguriamoci che la “sostenibilità” non finisca per divenire semplicemente la sua foglia di fico.

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