Da Key4biz (4/7/2023): Vera ‘revolution’ o rischio ‘grande bolla’ per il cinema italiano?
I risultati della campagna “Cinema Revolution” (dai contorni ancora oscuri) mostrano un lieve aumento della fruizione di cinema in sala, ma la quota dei film italiani crolla ad uno sconfortante 7%.
È partita questa mattina, martedì 4 luglio 2023, l’edizione n° 12 di “Ciné – Giornate di Cinema”, la manifestazione estiva di “networking” e di aggiornamento professionale dell’industria cinematografica promossa da Anica (produttori), in collaborazione con Anec (esercenti), sostenuta dal Ministero della Cultura (che la sovvenziona attraverso la Direzione Cinema e Audiovisivo), dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Emilia-Romagna Film Commission e dal Comune di Riccione, prodotta e organizzata da Cineventi con la direzione di Remigio Truocchio.
È prevista la partecipazione di circa 2mila professionisti del settore.
Di fatto, fino a venerdì 7 luglio Riccione si trasformerà in una sorta di “capitale del cinema”, con le “convention” e le presentazioni delle società di distribuzione che proporranno i loro listini per la prossima stagione ad una platea di addetti ai lavori (ma ci saranno anche anteprime aperte a tutto il pubblico di appassionati).
Diverte osservare come sia (quasi) provocatorio il titolo del primo incontro, che si tiene oggi pomeriggio, organizzato dal patinato mensile “Box Office” (del gruppo e-duesse, che pubblica anche il mensile specializzato sull’industria della televisione “TiVù”), guidato da Vito Sinopoli, dal titolo: “Cinema Italiano: è vera revolution?”.
Il programma previsto ri-propone una “compagnia di giro” che è ormai stranota, e temiamo che l’esito del dibattito (una ennesima passerella?) sia assai prevedibile: Lucia Borgonzoni (senatrice e Sottosegretario di Stato al Mic), Paolo Del Brocco (Amministratore Delegato di Rai Cinema), Luigi Lonigro (Direttore 01 Distribution di RaiCinema e Presidente Unione Editori e Distributori dell’Anica), Mario Lorini (Presidente Anec), Federica Lucisano (Ad di Lucisano Media Group/Iif), Massimiliano Orfei (Amministratore Delegato di Vision Distribution). Viene associata a questa compagnia l’attrice Vittoria Puccini (Presidente Unita, associazione di attori ed artisti). Introduzione a cura di Massimo Proietti (membro di Cinetel) con l’analisi della “profilazione” di Cinexpert (l’evoluto sistema di monitoraggio ideato dalla Ergo Research di Michele Casula) del primo semestre 2023…
Nihil novi… come prevedibile.
Una timida ripresa: dal 1° gennaio al 30 giugno 2023, “box office” + 19% rispetto all’anno 2019, spettatori +15 %
La totalità dei partecipanti al convegno di oggi si è infatti già espressa nelle scorse settimane e mesi: tutti convinti che “il sistema” cinematografico italiano stia cambiando, stia crescendo, si stia rafforzando, e tutti convinti che l’iniziativa “Cinema in Festa” e “Cinema Revolution” sia efficace.
Va tutto bene, insomma, basta che lo Stato generoso allarghi ulteriormente i cordoni della borsa…
Si ricordi che ormai lo Stato inietta nel sistema circa 800 milioni di euro l’anno di pubblico danaro, prevalentemente attraverso il “tax credit”…
Chi redige questa rubrica che l’Istituto italiano per l’Industria Culturale IsICult cura per il quotidiano online “Key4biz” la pensa diversamente, e certamente non per gusto di indossare le vesti del bastian contrario, ma semplicemente perché non si dispone di dati adeguati, che possano confermare scientificamente il continuo e rinnovato entusiasmo della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni.
Onde evitare di essere accusati di… “manipolazione pessimista” dei dati, riportiamo quel che è stato pubblicato giustappunto ieri, lunedì 3 luglio 2023, dalla newsletter specializzata “Cinenotes”, curata dall’Anec (che è “player” primario nella partita che qui si gioca). Elaborazioni su dati Cinetel, ovviamente.
Analisi annuale ovvero semestrale (i primi 6 mesi, dal 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023):
dal 1° gennaio 2023, si sono incassati 224,2 milioni di euro, corrispondenti al + 58 % sul 2022, al + 50 % sul 2020, + 19 % sul 2019. I biglietti venduti sono 32 milioni, ovvero + 55 % sul 2022, + 40 % sul 2020…
Analisi mensile (giugno 2023):
dal 1° al 30 giugno 2023, si sono incassati 28,6 milioni di euro, corrispondenti al +38 % sull’anno 2022, al + 13 % sul 2019. L’incremento è del 18 % sulla media del triennio pre-Covid, ovvero 2017-2019. In termini di biglietti venduti, questi i dati: 4,6 milioni, ovvero + 58 % sul 2022, + 15 % sul 2019, e + 21 % sulla media 2017-2019…
Questi numeri sembrano fornire una prospettiva complessivamente positiva (il dato più significativo è quel “+ 19 %” sull’anno 2019, pre-Covid appunto), ma facciamo nostre le parole di Valentina Torlaschi che così scriveva, ieri 3 luglio, giustappunto su “Box Office” (testata che certamente non può essere annoverata tra le fila dei pessimisti o dei perplessi): “per la prima volta dall’inizio dell’anno, il confronto sullo stesso mese del 2019 ha un segno positivo: gli incassi di giugno 2023 registrano infatti un + 12,9 % sul pre-pandemia. Scende però di molto (solo il 7 %) la quota di mercato dei film italiani”.
Ed è su questo ultimo dato – la quota di mercato dei film “made in Italy” – che riteniamo che debba essere concentrata l’attenzione…
Sostiene “Box Office”… La quota del “botteghino” dei film italiani crolla al 7%. Cinema “made in Usa” al 74%
Giugno 2023 segna quindi, senza dubbio, un risultato importante: è il primo mese dell’anno in cui il mercato cinematografico italiano registra un “segno +” nel confronto con il pre-pandemia.
Un modesto +13 %, ma comunque un segno positivo.
Commenta però “Box Office”: “nota negativa è stata la scarsa presenza del cinema italiano che, nel mese di giugno, ha raggiunto una quota di mercato di solo il 7 %, confermando la discesa in corsa già dal mese precedente quando era dell’11 %”. E precisa: “certo, qui c’è da considerare che il prezzo del biglietto per i film italiani è ora di 3,5 euro, però, si fa notare la presenza nella Top 10 dei maggiori risultati del mese di un solo titolo di produzione nazionale: “Rapito” di Marco Bellocchio”.
A livello di quote di mercato per nazionalità, si acuisce quindi lo strapotere del cinema statunitense: i film made in Usa hanno incassato 21,1 milioni di euro con un’imponente quota di mercato di ben il 74 %. In seconda posizione il Regno Unito, con 4,3 milioni (15 %), e soltanto terza l’Italia, che (includendovi peraltro le co-produzioni), arriva a 2,1 milioni di euro, per un peso di solo il 7 % sul box office complessivo.
Rispetto al mese precedente 2023, gli incassi dei film italiani si sono più che dimezzati: nel maggio 2023, il nostro cinema era arrivato a 4,4 milioni di euro al “box office”, corrispondenti all’11 % di quota. A incidere sugli incassi sicuramente l’iniziativa “Cinema Revolution”, con il biglietto dei film italiani è di soli 3,5 euro, ma è oggettiva l’assenza di titoli che siano stati in grado di attirare il pubblico. Unica eccezione è “Rapito” di Marco Bellocchio che, uscito il 25 maggio, a giugno ha raccolto 1 milione di euro per quasi 170mila presenze.
Lo sostiene “Box Office” (testata apprezzata dai professionisti del settore, mai particolarmente critica verso i “poteri forti” del sistema…), non IsICult (notoriamente centro di ricerca indipendente eterodosso e certamente mai “portatore d’acqua” del potente di turno…).
Queste poche considerazioni numeriche ripropongono quesiti già posti nel corso del tempo (tante volte anche su queste colonne): il Ministero della Cultura sta attuando le politiche giuste per far recuperare ossigeno alla cinematografia nazionale, anzitutto per quanto riguarda la fruizione in sala?!
I dati sono impietosi. La risposta è negativa. Il feedback di mercato è modesto e timido
Le iniezioni di energia e di entusiasmo delle iniziative “Cinema in Festa” e “Cinema Revolution” hanno determinato un effetto modesto sull’economia complessiva del sistema.
Ed a tutto vantaggio delle “major”, o comunque della produzione non italiana.
Ricordiamo che la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni non ha ritenuto ancora di rispondere ai quesiti che abbiamo posto, da settimane, su queste colonne: vedi “Key4biz” del 27 giugno 2023, “La Sottosegretaria Borgonzoni rinnova l’entusiasmo per la campagna “Cinema Revolution” ma i dati non sono univoci”. Le domande poste alla senatrice: (1.) sulla base di quali criteri è stato quantificato in 20 milioni di euro il fabbisogno budgetario dell’iniziativa “Cinema Revolution”?; (2.) come è stata impostata la campagna promozionale dell’iniziativa, con quale dotazione finanziaria e con quali criteri?!; (3.) chi sono gli autori, i creativi, i “media planner”, l’agenzia che ha curato e curerà la campagna?; (4.) perché il sito web della campagna è totalmente anonimo, e non reca nemmeno quelle informazioni essenziali previste dalla legge?!; (5.) è stata effettuata una ricerca di mercato per essere sicuri che sia il pricing la leva migliore di un marketing mix per promuovere il “theatrical”?; (6.) con quali criteri saranno scelti i “creators” annunciati dalla Sottosegretaria, a supporto della campagna?!; (7.) a cosa va attribuita la modestissima ricaduta mediatica dell’iniziativa di presentazione della campagna, il 9 giugno, sia a livello di quotidiani a stampa sia web?!.
Attendiamo fiduciosi che gli innumerevoli impegni della Sottosegretaria le consentano di rispondere alle nostre (semplici, per la verità) domande.
Gli autori cinematografici dell’Anac convocano un “tavolo di lavoro” per una piattaforma comune per la riforma del “tax credit”: il 10 luglio incontro al Ministero
E passiamo dalla… deludente dinamica di “Cinema Revolution” ad altra questione… scabrosa: il mitico “tax credit”, una sorta di illusoria panacea per risolvere i problemi del sistema culturale italiano… al punto tale che alcuni esponenti politici, tra i quali il Presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), vorrebbero estenderlo anche al settore del teatro ed anche oltre…
Su questi temi, il Ministro Gennaro Sangiuliano (FdI) sembra non esprimersi.
Come abbiamo ben segnalato (e rivelato alla comunità dei lettori di “Key4biz”, ma anche a tutti gli operatori del settore), la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Dgca), guidata da Nicola Borrelli, ha finalmente deciso di “correggere la rotta” dello strumento.
Quindi il “tax credit” verrà sottoposto nelle prossime settimane ad una qualche revisione (la notizia è stata anticipata da un’intervista esclusiva della Sottosegretaria ad Andrea Biondi sul quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore”): ne abbiamo scritto con abbondanza di dettagli su queste colonne (vedi “Key4biz” del 23 giugno 2023, “Tax credit cinema e audiovisivo sotto indagine? Il Ministero avvia una ‘discussione’ sullo strumento”).
In quel nostro intervento, segnalavamo la necessità che la revisione dello strumento “tax credit” non fosse limitata alla “eletta schiera” della componente “industriale” del settore soltanto (Anica ed Apa, insomma), ma venisse messa in discussione con altri “stakeholder”, a partire dalle associazioni degli autori, ovvero l’anima artistica del settore.
Scrivevamo il 23 il giugno: si suggerisce che questa “revisione” sia oggetto di un dibattito pubblico, aperto anche alle associazioni non imprenditoriali: gli autori ed i creativi non hanno forse diritto di parola, nelle politiche culturali italiane?! E magari potrebbero essere coinvolte anche le università (non soltanto la Cattolica, che sembra esercitare un quasi monopolio a Santa Croce) ed i centri di ricerca…
Il suggerimento è stato in qualche modo (parzialmente) accolto, e non si può che esserne lieti.
Ieri lunedì 3 luglio, l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (la storica Anac) ha diramato un comunicato stampa con il quale invita anche altre associazioni a partecipare ad un incontro che il Ministero della Cultura ha convocato per lunedì della prossima settimana 10 luglio: “nell’assemblea tenutasi mercoledì scorso nella sede di via Montello e in modalità online, gli iscritti dell’Anac, in vista del confronto con il Governo che intende mettere mano a una riforma del Tax credit, hanno chiesto di condividere una linea unitaria con le altre associazioni degli autori e dei produttori indipendenti, per l’elaborazione di un unico testo da presentare nella riunione prevista per il 10 luglio al Mic”.
Latente il rischio di… cancellare gran parte della produzione di cinema indipendente italiano?!
Secondo l’Anac il “documento di riflessione” della Dgca del Mic (che “Key4biz” ha pubblicato in esclusiva il 23 giugno 2023) “contiene alcuni aspetti che, se fossero confermati nell’attuale formulazione, cancellerebbero gran parte della produzione di cinema indipendente italiano”. Tesi dura, quindi, quella dell’Anac.
La storica associazione degli autori cinematografici – guidata da Francesco Ranieri Martinotti – ha quindi inviato una lettera alle associazioni consorelle 100autori, Wgi, Doc.it, e finanche alle associazioni minori della produzione (altre rispetto ad Anica) ovvero Cna ed Agici, proponendo la costituzione immediata di un tavolo di lavoro, per raccogliere le proposte emendative di tutte le forze del settore che hanno a cuore la varietà e la diversità espressiva nel cinema e presentarle unitariamente ai rappresentanti del Mic. Hanno già aderito gli sceneggiatori della Wgi (Writers Guild Italia) ed i produttori della Cna (Confcommercio).
È apprezzabile che qualcosa si stia mettendo in moto.
Permane però un assoluto deficit di conoscenza rispetto all’efficacia (oltre che all’efficienza) dello strumento “tax credit”, come abbiamo denunciato tante volte su queste colonne.
Sta funzionando?!
Sì, no, forse.
Chi può dirlo?!
Non certo la semi-clandestina “valutazione di impatto” sulla Legge Cinema e Audiovisivo (relativa all’anno 2021), affidata ancora una volta a Università Cattolica e Ptsclas spa, pubblicata in sordina qualche settimana fa sul sito web della Direzione, senza che suscitasse un articolo giornalistico uno di analisi e commento…
Sicuramente “funziona” secondo i soggetti che ne beneficiano.
È però sufficiente questo entusiasmo (à la Borgonzoni) per sostenere che si tratta di uno strumento efficace?!
A vantaggio di chi sta andando? Sta rafforzando il tessuto della produzione indipendente? Sta stimolando l’estensione dello spettro espressivo? Sta facendo crescere la “democrazia culturale”? Sta producendo “audience development”, in termini quali-quantitativi?! Sta convincendo gli italiani ad andare nei cinematografi, e magari per vedere – suvvia! – film… italiani?!
Abbiamo già segnalato – tra l’altro – l’anomalia del “bottino” che acquisiscono società di produzione che non sono più controllate da capitali italiani.
E… costi di produzione fuori controllo?! Matteo Rovere (Grøenlandia) ‘ormai è quasi impossibile produrre opere di registe e registi emergenti, innovativi, nuovi’
E riteniamo opportuno ri-citare “Box Office”: in un articolo pubblicato mercoledì della scorsa settimana (28 giugno) sull’edizione online della testata (estratto dal n° 5 della rivista, 15-30 giugno 2023), si leggeva un titolo preoccupante: “Costi di produzione fuori controllo?”. In un articolo firmato da Marco Cacioppo, emergevano dati impressionanti: dati sul costo complessivo di produzione dichiarati dalle società di produzione (messi a disposizione dalla Direzione Generale Cinema, aggiornati al 7 maggio):
- “Rapito” di Marco Bellocchio 12,6 milioni di euro
- “La chimera” di Alice Rohrwacher 9,6 milioni
- “Comandante” di Edoardo De Angelis 15 milioni
- “Io capitano” di Matteo Garrone 11,3 milioni
- “Grazie ragazzi” di Riccardo Milani 7,3 milioni
- “Confidenza” di Daniele Luchetti 6,3 milioni
- “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi 8,4 milioni
- “Sono ancora vivo” di Roberto Saviano 7 milioni…
E che dire di alcune delle più recenti produzioni internazionali della triade Wildside-The Apartment-Fremantle, i cui budget ormai non sono così lontani da quelli statunitensi (per le produzioni indipendenti, ovviamente)?!
- “Queer” di Luca Guadagnino (in lavorazione) 33,4 milioni di euro
- “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo 28,5 milioni… I
Va bene, va tutto bene… È in fondo quel che l’Anica chiedeva a gran voce da anni: più danaro pubblico, per aumentare il budget produttivo. Omettendo però di sostenere che forse dovrebbe aumentare l’investimento di rischio dei produttori, nevvero, se sistema fosse sano?!
Ci si domanda però quanta parte di questi budget sia paradossalmente “gonfiata” artificialmente dalle sovvenzioni pubbliche.
Al punto tale che una testata di settore come “Box Office” si domandi “come mai” i costi di produzione siano cresciuti così tanto…
Effetti di una inflazione ormai fuori controllo.
La rivista ha intervistato 8 produttori, tutti più o meno positivi ed ottimisti, ma emerge la risposta di Giampaolo Letta, Vice Presidente ed Ad di Medusa Film (Mediaset), alla domanda “Bolla o non bolla?”: “è un tema, ma dipende da quanto il mercato sia in grado di sostenere la struttura dei costi e dei ricavi, soprattutto dal punto di vista di un’azienda privata come quella in cui lavoro io, che alla fine dell’anno deve far quadrare i conti. Ma quelli della sala si sono contratti e un calo notevole c’è stato anche nelle vendite della televisione generalista. Queste perdite non sono però state compensate in maniera proporzionata da un aumento dei valori delle Pay Tv, dello Svod e delle piattaforme, che pure utilizzano in maniera importante il prodotto cinematografico”.
E Matteo Rovere, Ceo di Grøenlandia, sostiene: “produrre opere di registe e registi emergenti, innovativi, nuovi, che propongono anche film di genere… Non è mai stato semplice, però adesso è diventato ancora più complicato se non impossibile farli”.
Impossibile farli…
È questo quel che voleva / vuole il Governo guidato da Giorgia Meloni, che ha ereditato un apparato normativo creato da Dario Franceschini, e che assai poco ha modificato?!
Esiste una paradossale convergenza tra il discorso critico sul cinema “theatrical” e sul “tax credit”: gli interventi del Governo sul segmento dell’esercizio cinematografico stanno producendo risultati modesti in termini di “box office” e stanno registrando quote di mercato deprimenti per quanto riguarda il cinema “made in Italy”; ed il “tax credit” sta andando a beneficio soprattutto di grosse società di produzione che non sono più italiane, e sta paradossalmente togliendo ossigeno alla produzione indipendente…
Cui prodest?!
Senza ironia, qui sembra che il concetto di “sovranismo culturale” sia invertito, a tutto vantaggio di una visione multinazional-cosmopolita al servizio di multinazionali dell’immaginario straniere…
Abbiamo segnalato come acceda simpaticamente al “tax credit” italiano, per esempio, una società come Fremantle controllata dal “broadcaster” Rtl Group (si tratta di una società britannica controllata da un gruppo televisivo lussemburghese!), e non vi possa accedere una società di produzione come la italica Taodue controllata dalla italica Mediaset…
Assurdo, anzi surreale. Ed è una delle tante “contraddizioni interne” del tanto decantato strumento del “tax credit”.
Ci ha fatto sorridere osservare che, nel lunghissimo elenco dei titoli di coda della novella “La Sirenetta” della Disney, in fondo in fondo in fondo (da cinefili appassionati, ce li sorbiamo fino alla fine…), emergesse che il lungometraggio è stato realizzato anche avvalendosi del “tax credit” italico (vogliamo sperare beneficiando di poche decine di migliaia di euro di pubblico danaro): ce n’era proprio bisogno?!
[ articolo chiuso alle ore 15 di martedì 4 luglio 2023 ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.
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