Scontro tra la Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni e la Capogruppo dem alla Camera Irene Manzi. Su tutto, permane una cappa di nebbia e confusione.

Fervono i preparativi per la cerimonia dei David di Donatello (69ª edizione) che si terrà domani venerdì 3 maggio nel Teatro 5 di Cinecittà (in diretta su Rai1 alle 20:35, con la conduzione – temiamo soporifera – di Carlo Conti e Alessia Marcuzzi): si tratta della solita kermesse luccicante e rituale e narcisistica, assai poco utile per la reale promozione del cinema italiano (ovvero del cinema italiano nei cinematografi), che riproduce stancamente, anno dopo anno, una formula ormai vetusta e stantia…

Ci saranno nuovamente “red carpet” e lustrini nella autocelebrazione di un settore che, “sotto il vestito”, nasconde una crisi strutturale profonda e variegate patologie…

Sul “David” e sul potere che gestisce ed esercita l’Accademia per il Cinema Italiano (presieduta da Piera Detassis), torneremo presto su queste colonne, ma qui ci limitiamo a segnalare (e consigliare la lettura) di una eterodossa sortita di Francesco Mazza, ieri l’altro 30 aprile, sulle colonne del magazine “Mow” (ovvero “Men on Wheels”, diretto da Moreno Pisto) dal titolo evocativo quanto simpaticamente aggressivo: “Il David di Donatello e i finanziamenti. Perché il mondo dei premi cinematografici è una truffa. A partire dai cortometraggi”: semplicemente, una delle punte dell’iceberg…

Come è noto ai lettori della rubrica che l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult cura da anni per il quotidiano online “Key4biz”, molto spesso ci ritroviamo a fare luce nelle nebbie che caratterizzano la politica culturale italiana, che non brilla certo per trasparenza: molto spesso ci sentiamo “vox clamantis in deserto”, a fronte di una diffusa incomprensibile passività sia degli operatori del settore (i quali tendono ad autocensurarsi per timore di ritorsioni) sia dei giornalisti (pochi dei quali si appassionano a queste tematiche, che pure sono fondamentali e strategiche)…

Come commentare, in effetti, la totale assenza di segnali critici, da parte sia della stampa e dei media “mainstream” sia delle testate specializzate (da “Box Office” e “TiVù” del gruppo e-duesse, da parte della storica rivista “Prima Comunicazione” o del più recente “The Hollywood Reporter Roma”), in relazione a quel che sta avvenendo – tra il Collegio Romano e Santa Croce in Gerusalemme – rispetto alla riforma della Legge Franceschini del 2016 ed in particolare riguardo al controverso strumento del “tax credit”?!

Silenzio totale sulla riforma della Legge Franceschini. Le associazioni tacciono: timore di ritorsioni? Nessuno ne scrive: è forse più importante il “red carpet” del David di Donatello?

Eppure – come IsICult Key4biz hanno anticipato (in esclusiva) – nell’edizione della rubrica “ilprincipenudo” del 29 aprile – lunedì scorso si è tenuto un atteso incontro della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni con una decina di associazioni del settore, per illustrare i decreti, attesi da molti mesi, che andranno a modificare le regole dell’intervento pubblico nel settore (vedi “Key4biz” del 29 aprile 2024, “Si disvela il mistero della riforma della Legge Cinema e Audiovisivo? Oggi Borgonzoni incontra produttori e autori”).

Come è andato questo incontro di lunedì scorso?

Non è dato sapere, se non interloquendo con la “eletta schiera” dei partecipanti, ovvero di coloro che sono stati discrezionalmente chiamati a corte dal Principe, anzi – nel caso in ispecie, sia consentito – dalla Principessa.

Perché questa dinamica di… “riservatezza”?!

Perché incontri come questo avvengono… “a porte chiuse”?!

Si tratta forse di “segreti di Stato”?

No, si tratta di normale gestazione amministrativa (e politica) di provvedimenti che impattano sull’intero settore: tutti (gli operatori del settore, anzitutto, ma anche – in fondo – la collettività tutta) dovrebbero aver diritto ad accedere a questi processi.

È tanto complicato essere un po’… trasparenti?

È troppo pretendere che queste riunioni siano trasmesse online e sia possibile accedere alla videoregistrazione?!

Cosa si deve… nascondere???

Nessuno (ribadiamo: nessuno) ha scritto 1 riga una su questo incontro, atteso da oltre un mese, anche perché – come abbiamo rimarcato – la Sottosegretaria leghista non aveva accolto l’invito ad un confronto pubblico che le era stato offerto da decine di associazioni in occasione della giornata di (sommessa) protesta, organizzata il 5 aprile 2024 presso il Cinema Adriano di Roma (vedi “Key4biz” del 5 aprile 2024, “Mattinata di agitazione ‘soft’ da parte di (quasi) tutta l’industria cinematografica e audiovisiva. Assente la Sottosegretaria Borgonzoni”).

Nessun comunicato, da parte dell’Ufficio Stampa del Ministero della Cultura, nessuna traccia su stampa e media, dopo l’incontro di lunedì 29 aprile.

Polemica tra la Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni e la Capogruppo “dem” alla Camera Irene Manzi sulla riforma alla “Legge Franceschini”: chi ha ragione, tra le due?

E nessuna testata ha ripreso e rilanciato peraltro, ieri 1° maggio (ieri i quotidiani erano in edicola, a differenza di oggi), una piccata reazione della Sottosegretaria leghista ad una dichiarazione della “dem” Irene Manzi, l’indomani della riunione al Collegio Romano di lunedì 29 aprile 2024.

Ha sostenuto la Capogruppo del Partito Democratico in Commissione Cultura Irene Manzi, martedì 30: “comprendiamo l’imbarazzo della sottosegretaria Borgonzoni, che cerca in tutti i modi di nascondere la realtà, purtroppo però i fatti sono diversi: il tax credit cinema è bloccato e il settore è in frenata per colpa della scelta del governo di definanziare la legge cinema e modificare le modalità di finanziamento con regole poco chiare che eliminano gli automatismi e politicizzano le scelte”. E, ancora: “il comizietto di Sangiuliano contro il cinema di qualche settimana fa risuona ancora nelle orecchie degli operatori e conferma la volontà politica di colpire un settore considerato ‘ostile’ a questa maggioranza. Borgonzoni, invece di dare patenti di “interlocutore del settore”, spieghi come mai il governo ancora non ha approvato il decreto Tax credit e continui a convocare le associazioni di categoria in riunioni da cui non escono mai soluzioni concrete. La aspettiamo alla prova dei fatti, al momento constatiamo che le produzioni nazionali sono ferme e quelle internazionali stanno virando su altri paesi che garantiscono regole chiare. È una grande sconfitta per la nostra industria cinematografica che rappresenta un’eccellenza da valorizzare e supportare non certo da colpire politicamente”.

Ecco la reazione acida e sarcastica di Lucia Borgonzoni: “spiace constatare che troppo spesso si parli senza contezza dei fatti reali, solo per alzare un polverone, in cerca di qualche voto. Proprio ieri abbiamo incontrato le associazioni di categoria del mondo del cinema in diverse riunioni, durate oltre sei ore, nel corso delle quali abbiamo illustrato i nuovi provvedimenti della Legge Cinema. Probabilmente nessuno ha avvisato l’onorevole Irene Manzi, essendo lei non certo interlocutrice primaria, e forse neanche secondaria, del settore… Il documento presentato ieri sarà inviato in settimana al Ministero dell’Economia e delle Finanze”.

Chi ha ragione, tra le due (Manzi vs Borgonzoni)?

Propendiamo più per Manzi – pur con perplessità – per le seguenti ragioni / domande… che vanno oltre la dialettica tra le due esponenti politiche. In effetti, chi è senza peccato scagli la prima pietra…

In sintesi, in 5 punti / passaggi:

Punto 1

Nella sua diuturna attività di monitoraggio delle politiche culturali, delle economie mediali, delle dinamiche sociali, IsICult è in grado di rivelare che nella riunione di lunedì 29 aprile (durata oltre 6 ore, in diverse sessioni) la Sottosegretaria non ha consegnato ai partecipanti una bozza del decreto più atteso, quello relativo al “tax credit” per la produzione, ma il documento è stato semplicemente… letto (!!!); è stato richiesto quindi alle associazioni di far pervenire delle osservazioni entro l’indomani (martedì 30), con una procedura che elegantemente potrebbe essere definita “curiosa”…

Punto 2

La Sottosegretaria Borgonzoni ha anche segnalato che saranno prevedibilmente necessari “tempi tecnici”, stimabili nell’ordine di almeno due mesi, per addivenire al perfezionamento della procedura indispensabile prima della pubblicazione del decreto ovvero dei decreti, e quindi si prevede che le nuove regole del sistema non vedranno la luce non prima di fine giugno / inizio luglio; è evidente che, nel mentre, “il sistema” resta sostanzialmente bloccato, paralizzato, congelato, perché una “industria” ha necessità di certezze, anche temporali, sulle risorse di cui può disporre, ovvero – nel caso in ispecie – sulla dimensione e le modalità del sostegno pubblico (la gestazione di un progetto cinematografico o di fiction ha una durata di 12 / 18 mesi, mediamente)…

Punto 3

Ad oggi, 2 maggio 2024, ovvero a distanza di 1 mese (uno) dalla avvenuta approvazione (non all’unanimità – si ricordi – bensì a maggioranza: 8 su 11 consiglieri), il 3 aprile 2024, da parte del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (il Csca presieduto dall’avvocato Francesca Assumma), non si ha ancora pubblica evidenza del “piano di riparto” dei 700 milioni di euro del Fondo Cinema e Audiovisivo per l’anno 2024, che pure è stato paradossalmente approvato senza che il Csca stesso potesse leggere le bozze dei decreti: una sorta di “contraddizione in termini”, perché la ripartizione dell’intervento pubblico è intimamente correlata ai criteri di allocazione delle risorse, sulla base dei decreti ministeriali stessi… non essendo disponibili ancora le bozze dei decreti, quale senso politico (inteso come “politica culturale”) ha una ripartizione al buio, anzi a scatola chiusa, se non un affidamento (cieco) alle decisioni che verranno assunte dalla Sottosegretaria ovvero dal Ministro Gennaro Sangiuliano ovvero operativamente dal Direttore Generale Nicola Borrelli?!

Punto 4

Non corrisponde a verità, ahinoi, quel che la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha sostenuto, qualche settimana fa, quasi “in risposta” alle lamentazioni espresse in occasione della “protesta” del 5 aprile all’Adriano, ovvero (riportiamo testualmente) “voglio cogliere ancora una volta l’occasione per ricordare che, proprio per non bloccare il settore, lo scorso mese di gennaio abbiamo aperto una finestra per poter presentare le nuove domande di finanziamento con le vecchie regole. Cosa che ha permesso di far arrivare oltre 1.100 domande di finanziamento, che il ministero ha accolto proprio per spirito di collaborazione con il settore”. Ricordiamo (rimarchiamo) che in verità si è trattato di una procedura ricognitiva, di una sorta di esplorazione delle esigenze degli imprenditori, una specie di sondaggio che ha consentito al Ministero di stimare il fabbisogno potenziale: ma, in assenza dei decreti, le pratiche sono sostanzialmente fermebloccateparalizzate… e siamo a maggio 2024; e, se i decreti vedranno la luce tra due mesi (previsione ottimistica?!), è evidente che tutto “il sistema” resta nel mentre in “stand-by”. Questa è la vera verità (oggettiva ed incontestabile), al di là dei proclami e delle polemiche…

Punto 5

Non ci risulta che il Partito Democratico, che ora insorge, durante il lungo arco temporale del “Governo Franceschini” delle italiche cose culturali, si sia mai posto dubbi sulla concreta applicazione della Legge Cinema e Audiovisivo del 2016, che porta il nome dell’ex Ministro della Cultura: su questa considerazione, riteniamo che il Pd dovrebbe avere la forza (ed il coraggio) di mettere in pratica un sano ed onesto esercizio di autocritica. Senza chiedere controlli adeguati nel corso dei sette anni che vanno dal 2017 al 2024, il Pd ha infatti contribuito in itinere al gonfiamento della “bolla” che è ormai scoppiata, ovvero che sta per scoppiare.

Conclusivamente, siamo di fronte a… “fake news” (al di là delle sempre possibili “strumentalizzazioni” politiche evocate dalla Sottosegretaria): la vera verità è che il sistema è bloccato da mesi (e così resterà per mesi ancora: il resto è cortina fumogena), e che il sistema si è ammalato progressivamente nel corso degli anni

Lucia Borgonzoni, il 4 aprile (il giorno prima della affollata manifestazione al Cinema Adriano), aveva anche sostenuto, sempre con “vis polemica”: “trovo davvero sorprendente e dannosa, visto il dialogo che stiamo da tempo portando avanti, l’affermazione fatta da alcune associazioni che operano nel mondo del cinema quando lamentano, nel dettaglio, che l’industria si starebbe fermando. Questi stessi operatori sanno bene, avendo inoltrato circa 1.100 domande di finanziamento, che i meccanismi di sostegno al settore procedono senza alcun decremento rispetto al passato, se non per quelle dinamiche determinate dal mercato. È importante ricordare che, fino al 21 gennaio, erano aperte le finestre di presentazione delle domande di credito d’imposta secondo le vecchie regole. Cosa ben diversa sono gli interventi che stiamo facendo nel settore, non volti a tagliare i fondi ma a razionalizzare il comparto per evitare il ripetersi di abusi e distorsioni come avvenuto nel passato”.

Dal 21 gennaio 2024 al 2 maggio 2024 son trascorsi 3 mesi tre, ed almeno altri 2 due saranno necessari per conoscere le nuove “regole”.

Di fatto, il Governo ha deciso una “sospensione” di 6 mesi (almeno) delle procedure.

È evidente che ciò determinerà una riduzione dell’input e quindi dell’output, dato che – va evidenziato a chiare lettere – senza il sostegno della “mano pubblica”, il sistema cinematografico e audiovisivo italiano andrebbe a morire nell’arco di un anno o due, data la sua oggettiva limitata (limitatissima) propensione al capitale di rischio…

Insomma, a noi sembra piuttosto che… “sorprendente e dannoso” sia quel sta avvenendo.

Da segnalare peraltro che, a parte Irene Manzi per il Pd, silenzio totale dal resto della politica.

Il totale dei film e delle opere audiovisive prodotte in Italia sarà ridotto ad almeno la metà quello del 2023: ma la procedura per correggere le storture è poco trasparente

Nel 2024, il totale dei film e delle opere audiovisive prodotte sarà ridotto ad almeno la metà quello del 2023: il che, in sé, potrebbe essere anche “cosa buona e giusta”, ma è contestabile il metodo adottato, piuttosto autocratico e poco trasparente.

Peraltro, da quel che è trapelato – sia dal “piano di riparto” dei 700 milioni approvato il 3 aprile dal Consiglio Superiore sia dalla riunione del 29 aprile 2024 – le nuove prospettive tracciate dal Ministero vanno a determinare un radicale rimescolamento delle carte in gioco: basti ricordare che nel 2024 le risorse destinate al “tax credit” vengono ridotte del 40 % rispetto al 2023 (e non si tratta di un taglio indifferente…) e che verranno messe in atto diverse “barriere all’entrata” (per esempio, vincolo contrattuale che garantisca la disponibilità di un distributore “theatrical” ovvero di una piattaforma a far circolare l’opera, ecc.…).

Si tratta di sagge ed opportune “correzioni di rotta”, ma perché questa lentezza e questa opacità nel mettere in atto i correttivi?!

Si attende forse che questo “andamento lento” contribuisca a far scoppiare “la bolla” andata sedimentandosi negli anni a causa di una mala gestione della Legge Franceschini?!

Si segnala “en passant” che, ad oggi 2 maggio (come già abbiamo segnalato più volte su queste colonne nei giorni scorsi), non risulta ancora pubblicata – né sul sito web di Palazzo Madama né su quello del Ministero della Cultura – la relazione sulla “valutazione di impatto” della “Legge Franceschini” (la n. 220 del 2016), per l’anno 2022 (duemilaventidue), che il Ministro Gennaro Sangiuliano ha finalmente trasmesso al Parlamento il 9 aprile 2024, e che risulta annunciata nell’aula del Senato il 16 aprile 2024.

Quali le ragioni di quest’altro… mistero?!

Si teme forse che i (pochi, prevedibilmente) lettori di questo documento possano vivere un profondo shock, scoprendo che, fin dal 2022, la “bolla” si sta “gonfiando” un po’ troppo, grazie all’iniezione sempre più incontrollata di danaro pubblico nel sistema a causa del “tax credit”???

Consiglio di Amministrazione Rai: Camera e Senato eleggeranno effettivamente i 4 membri il 20 maggio 2024?

Su tutt’altro fronte, ovvero quello della Rai, si segnala (denuncia) ancora una volta che, incredibilmente, il “contratto di servizio” (per il quinquennio “2023-2028”, e già il primo anno è andato in fumo…) approvato da ultimo dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 20 marzo 2024, non risulta ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale: le ragioni di questo ritardo (il contratto era peraltro stato approvato dalla Commissione bicamerale nell’ottobre 2023!) non possono che essere simili a quelle relative ai decreti novelli della Legge Cinema e Audiovisiva, ovvero – suvvia… – lasciamo tutto in “stand by”… forse in attesa dei risultati delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024, che determineranno sicuramente delle conseguenze nella maggioranza di governo?! In argomento, silente anche la Presidente della Commissione Vigilanza, Barbara Floridia (M5s).

Gli analisti e sondaggisti prevedono tutti una vittoria ulteriore del centro-destra alle europee, ma un ridimensionamento assoluto della Lega Salvini, il che potrebbe determinare anche un conseguente rimpasto nell’esecutivo: alcuni prevedono già che il ruolo della stessa Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni possa essere messo in gioco, a vantaggio di un esponente di Forza Italia

Illustrato oggi alla Camera il ricorso al Tar per la nomina del Cda Rai: se accolto, sospenderebbe le procedure di nomina anche da parte del Parlamento (calendarizzate per il 20 maggio)

E che dire giustappunto della elezione dei 4 membri del Cda della Rai, calendarizzata da Camera e Senato per il 20 maggio prossimo?!

Anche questa data potrebbe slittare al “dopo elezioni”, per le stesse ragioni di riparametrazione del peso dei partiti di maggioranza nella alchimia del Governo…

Sull’elezione del Cda, si rimanda all’approfondito intervento ultimo di IsICult su queste colonne: vedi “Key4biz” del 23 aprile 2024, “Cda Rai, ‘astensionismo’ nelle candidature: soltanto 72 aspiranti consiglieri. Tutti i nomi”.

La notizia interessante è che si è concretizzata l’ipotesi di “ricorso al Tar” (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio rispetto alla procedura di nomina del Consiglio di Amministrazione Rai: quest’oggi (giovedì 2 maggio) è stata presentata, nella Sala Stampa della Camera dei Deputati, l’azione di contestazione. Un’iniziativa che è metodologica ed al contempo politica, simbolica e fattuale.

Si tratta di un ricorso presentato al Tar, che, se accolto, avrebbe per effetto la sospensione della procedura di nomina.

L’iniziativa, intitolata “Il rinnovo del CdA alla luce del regolamento europeo dei media di servizio pubblico” è stata promossa dall’Associazione Articolo 21, assieme a Slc-CgilUsigraiRete No BavaglioInfocivicaTvMediaWeb (il sito web curato da Patrizio Rossano e Marco Mele). Sul tavolo di presidenza, gli avvocati Giulio Enea Vigevani e Giovanni PravisaniElisa Marincola (Articolo21) e Luciana Castellina (più volte europarlamentare di matrice marxiana), al centro Roberto Zaccaria. Quest’ultimo – noto accademico di diritto dei media ed esperto costituzionalista, oltre che Past President della stessa Rai – viene considerato il vero “regista” dell’iniziativa.

Incomprensibilmente, la conferenza è stata organizzata in una “location” inadatta, considerando che la Sala Stampa di Montecitorio può accogliere soltanto una ventina di persone, ed ovviamente una iniziativa simile stimola invece l’interesse di molti potenziali partecipanti…

European Media Freedom Act (Emfa): ‘Membri del Consiglio di Amministrazione dei fornitori dei media di servizio pubblico [siano] nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie

Questa – in sintesi – la tesi dei ricorrenti (tra i quali emerge il nome di Stefano Rolando, assieme aquelli di Antonino Rizzo Nervo e di Patrizio Rossano, tutti con curriculum con anche un passato dirigenziale a Viale Mazzini): “il sistema di nomina dei componenti del CdA contenuto nell’art. 63 del Tusma, presenta profili di illegittimità in ordine ai criteri adottati, non rispettosi delle ‘procedure di selezione’ imposti dalla legge e profili di costituzionalità rispetto alle precise indicazioni della sentenza n. 225 del 1974 della Corte Costituzionale. La Consulta ha detto con grande chiarezza in quella sentenza che gli organi direttivi del servizio pubblico non devono essere ‘costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l’obiettività’”. Questo sistema si pone ora “anche in violazione del recente Regolamento Ue 2024/1083 denominato European Media Freedom Act (Emfa), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 17 aprile 2024, il quale prevede: che gli Stati membri ‘istituiscano garanzie giuridiche efficaci per il funzionamento indipendente dei fornitori dei media di servizio pubblico in tutta l’Unione, senza che siano influenzati da interessi governativi, politici, economici o privati’ e che ‘i membri del Consiglio di Amministrazione dei fornitori dei media di servizio pubblico [siano] nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale…”.

Scopo di promotori e ricorrenti è quindi il “ripristino di legalità costituzionale” ovvero “consentire un ripristino della legalità costituzionale in questo delicato sistema di nomina e di anticipare l’adeguamento al regolamento dell’Unione Europea (Emfa) in modo tale che gli organi di vertice della Rai che stanno per essere formati, non si vengano a trovare in una situazione di illegittimità anche nei confronti delle norme europee”.

Vincenzo Vita ha sostenuto che questa iniziativa (tra i cui promotori si segnala anche Renato Parascandolo) è la prima che “rompe un meccanismo perverso impostosi con la legge Renzi del 2015”, augurandosi che la odierna conferenza stampa funga da stimolo per le forze di opposizione per una iniziativa di riforma della Rai. è una iniziativa che cerca di rompere la cappa di silenzio intorno alla anomala procedura di nomina del Cda di Viale Mazzini: “un consiglio con queste regole… non s’ha da fare”. Sarebbe un affronto costituzionale”, ha sostenuto l’ex Sottosegretario alle Comunicazioni.

Stefano Rolando ha invocato una “procedura corretta e trasparente”, che interpreti al meglio “lo spirito europeo e la fiducia nella cultura del diritto”.

La commendevole iniziativa è senza dubbio espressione di alcune qualificate anime della “società civile”, ma è al contempo ben connotata ideologicamente “a sinistra”.

L’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult e Key4biz hanno il piacere di pubblicare in anteprima il testo del ricorso.

Si tratta di un ricorso molto ben scritto, assolutamente comprensibile anche per chi non è abituato all’uso del linguaggio legale: sostanzialmente, si chiede alla Camera dei Deputati di annullare la procedura, o semmai di indirizzarla alla Corte Costituzionale ovvero alla Corte Europea di Giustizia affinché ne valutino la correttezza ovvero rispondenza al dettato normativo dell’Unione Europea e dell’Italia…

In termini eleganti, i ricorrenti evidenziano che la procedura adottata dalla Camera (così come dal Senato) si pone come una pseudo-selezione: non si tratta di una vera selezione trasparente basata su criteri di competenza, bensì di… una “farsa” come abbiamo l’abbiamo più volte definita anche su queste colonne di “Key4biz”.

È interessante notare che – tra l’altro – l’avvocato Giovanni Pravisani si riferisce anche ad un “precedente”, che prevede alla fin fine sì una decisione discrezionale da parte dell’autorità politica, ma comunque previa procedura di effettiva selezione, riferendosi al bando “direttori musei” del 2023: “anche le nomine dei direttori dei poli museali e degli istituti di cultura di rilevanza nazionali sono sì effettuate con una decisione politica del Ministro competente, ma all’esito di una “procedura di selezione” in cui – sulla base di criteri predeterminati – una commissione tecnica individua una rosa ristretta di nomi, tra cui il Ministro sceglierà poi il soggetto da nominare” (in verità, questa procedura di selezione vale sì per i musei nazionali, ma non proprio per altri istituti di cultura come Cinecittà o il Centro Sperimentale di Cinematografia o il Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo, tutte nomine che ancora avvengono sulla base del classico “intuitu personae” da parte del Principe di turno…).

E si ha notizia che altri ricorsi potrebbero essere presentati nei prossimi giorni, rispetto alla procedura per la formazione del Cda della Rai.

I Presidenti di Camera e Senato (Lorenzo Fontana ed Ignazio La Russa) sono ancora in tempo per correggere le storture della procedura per l’elezione dei 4 membri del Cda Rai

Ricordiamo – ancora una volta – che, volendo, sia il Presidente della Camera sia il Presidente del Senato potrebbero avere la forza (il coraggio) di attivare una implementazione della procedura di selezione.

Come abbiamo già segnalato tante volte (anche su queste colonne ed anche in occasione delle “elezioni” del 2018 e 2021) quella adottata da Camera e Senato (e, quindi, dai rispettivi Presidenti, attualmente Lorenzo Fontana ed Ignazio La Russa) è infatti oggettivamente una procedura molto approssimativa. Rozza. Non veramente selettiva, ma tutta discrezionale e politica.

Ricordiamo che IsICult, tre anni fa – anche sulle colonne di “Key4biz” – propose che la procedura selettiva prevedesse un minimo di tecnicalità:

  • una programmatica dichiarazione di intenti…
  • una forma standardizzata per la presentazione dei curricula
  • delle audizioni da parte della Commissione Parlamentare di Vigilanza…
  • uno schema interrogativo, una griglia di poche ma essenziali domande, a mo’ di questionario, affinché gli aspiranti candidati possano esprimere la loro “idea” di Rai che sarà…

Ribadiamo: Lorenzo Fontana ed Ignazio La Russa hanno ancora chance – anche alla luce del ricorso al Tar annunciato oggi (anzi, prendendo la palla al balzo per rilanciare) – di correggere le storture del sistema, dimostrandosi non completamente proni rispetto alle logiche malate della partitocrazia.

Clicca qui, per il testo del ricorso presentato al Tar del Lazio il 29 aprile 2024, rispetto procedura di nomina del Cda Rai, da parte di Antonino Rizzo Nervo, Stefano Rolando, Patrizio Rossano, assistiti dall’avvocato Giovanni Pravisani, di cui alla conferenza del 2 maggio 2024, Sala Stampa, Camera dei Deputati, Roma.

Clicca qui, per la videoregistrazione (dalla Web Tv della Camera dei Deputati), della conferenza stampa di presentazione del ricorso al Tar del Lazio rispetto alla procedura di nomina del Cda Rai, promosso da Antonino Rizzo Nervo, Stefano Rolando, Patrizio Rossano, assistiti dall’avvocato Giovanni Pravisani, di cui alla conferenza del 2 maggio 2024, Sala Stampa, Camera dei Deputati, Roma.

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”; ha collaborato Luca Baldazzi. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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