Da Articolo21 (12/12/24): L’apparenza e la realtà: il cinema italiano va a gonfie vele (dice la Sottosegretaria Borgonzoni) o c’è crisi acuta (come sostengono 15 associazioni del settore)?!
Un’intervista rilasciata dalla senatrice leghista Lucia Borgonzoni provoca l’irritazione di un gruppo di associazioni rappresentative dei lavoratori del settore: registi, sceneggiatori, direttori della fotografia ed altri tecnici, promotori dell’appello “SOS Cinema”
Le vicende del settore cine-audiovisivo italiano sono sintomatiche della frequente “schizofrenia” tra la “vera” verità e la verità “mediata”, ovvero la sua rappresentazione sui media, vecchi e nuovi…
Nelle ultime settimane, si registra un’assoluta e crescente asintonia fra la “versione governativa” dei fatti e quel che emerge da alcuni esponenti della cosiddetta “società civile”: un esempio emblematico è rappresentato dalla lunga intervista che il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato venerdì scorso 6 dicembre con la Sottosegretaria alla Cultura delegata su Cinema e Audiovisivo, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni. Nell’intervista, firmata da Andrea Biondi, intitolata “Tax Credit, il cinema non si è fermato e può crescere”, la Sottosegretaria ha ribadito che non sarebbe vera la tesi secondo la quale il settore versa in condizioni di sostanziale stagnazione se non addirittura paralisi, nelle more dell’entrata a regime della riforma della Legge Franceschini, di cui lei stessa è la regista.
Secondo la sempre ottimista senatrice, chi propone una lettura critica del sistema sarebbe un uccello di malaugurio, ovvero un avversario politico pregiudiziale. Non appena pubblicata l’intervista su “Il Sole”, 15 associazioni di professionisti del settore (registi, sceneggiatori, direttori della fotografia, tecnici, troupe…) hanno diramato un comunicato stampa con il quale manifestavano sconcerto per le dichiarazioni della Sottosegretaria, (ri)denunciando la semi-paralisi di tutto il settore e ricordando quanto gli stessi “studios” di Cinecittà siano in fase di progressiva “desertificazione”.
Peraltro la stessa Amministratrice Delegata Manuela Cacciamani (nominata a metà luglio dall’ex Ministro Gennaro Sangiuliano) ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista al quotidiano economico “Milano Finanza” segnalando che a Via Tuscolana sono in corso le riprese di alcuni titoli (senza precisare quali), e quindi non esattamente una “full occupancy” degli studios, sostenendo che lo strumento dell’italico “tax credit internazionale” è ancora assolutamente “appealing” per i produttori stranieri. Ha dichiarato la neo Ad di Cinecittà: “più di 1 produzione in corso e altre a breve” (testuale, nell’articolo del 7 dicembre a firma di Giusy Iorlano). Come dire?! La formula “più di 1” non rivela esattamente un lavorio a pieno ritmo degli “studios”: si tratta di 2 o 3 film o fiction tv?! Due o tre??? Riconosce Cacciamani: “siamo ripartiti praticamente da zero”. Quindi le lavorazioni erano state… azzerate (appunto)?!
“Restiamo sconcertati – scrivono i protestatari – nel leggere l’intervista rilasciata da Lucia Borgonzoni a Il Sole 24 Ore. Il settore cinematografico italiano sta vivendo una crisi senza precedenti: gran parte del comparto è paralizzato e migliaia di lavoratori si trovano in condizioni di estrema difficoltà. Questa drammatica situazione è il risultato diretto di scelte errate nella stesura e nella gestione dei nuovi decreti sulla legge sul tax credit. Decisioni che hanno gravemente danneggiato uno dei settori più rappresentativi della cultura e dell’economia italiane. Cinecittà, cuore pulsante della produzione cinematografica europea, è ormai deserta da mesi, con pochissime e sporadiche attività. Il silenzio e l’immobilismo hanno trasformato quello che era un simbolo di creatività e eccellenza in un luogo vuoto, alimentando una crisi senza precedenti”.
Segue la firma di ben 15 associazioni, in un ampio spettro di rappresentatività di professioni: AGI SPETTACOLO (associazione generici italiani), AIARSE (associazione italiana aiuto registi e segretarie di edizione), AIC (associazione italiana autori della fotografia), AIR3 DIRECTOR (associazione italiana registi), AITR (associazione italiana tecnici di ripresa), AITS (associazione italiana tecnici del suono), APCI (associazione pittori cinematografici italiani), CCS (collettivo chiaro scuro), EMIC (elettricisti e macchinisti italiani cineaudiovisivo), LCS (lavoratori cineaudiovisivo Sicilia), MUJERES NEL CINEMA (associazioni di donne nel cinema e nell’industria dell’audiovisivo), RAAI (registro attrici e attori italiani), RETE CINEMA SOCIALE, #SIAMOAITITOLIDICODA (comitato organizzativo lavoratrici e lavoratori del cineaudiovisivo italiano), UNITA (unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo)…
Gli esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle hanno criticato aspramente le tesi della Sottosegretaria, sostenendo che – sostanzialmente – starebbe… “dando i numeri”: molto critici rispettivamente Matteo Orsini per il Pd e Gaetano Amato per il Movimento 5 Stelle.
Matteo Orfini (Pd): “ringrazio la sottosegretaria Borgonzoni per aver dimostrato quanto dicevo, ovvero il tentativo di nascondere la realtà citando fantasiosi numeri a caso. Lo stato drammatico del settore è sotto gli occhi di tutti ed è stato recentemente ribadito da tutte le principali associazioni rappresentative di artisti e lavoratori del settore. Che sono da mesi a casa, grazie alle scelte del governo. E che dopo la decisione del Tar dovuta al papocchio delle nuove regole vivono un’ulteriore incertezza che rischia di prolungare la crisi per mesi e mesi, con buona pace della ‘finestra in corso’ citata dalla Borgonzoni. Il fatto che la Sottosegretaria competente non si sia accorta della crisi e neghi la realtà è un ulteriore schiaffo a chi sta soffrendo”.
Più pesante ancora Gaetano Amato (M5s), che accusa la Sottosegretaria di “vivere fuori dalla realtà”, sostenendo che, “in una memorabile lectio magistralis alla ‘Sapienza’, insieme a Carmelo Bene, il grande Eduardo distinse il mondo del teatro in artisti, attori, comici e facce toste, definendo questi ultimi i più pericolosi. Parafrasando il Maestro, possiamo dire che il mondo della politica si distingue in statisti, politici, traffichini e facce toste. E Lucia Borgonzoni sicuramente farebbe parte di quest’ultima categoria. La sua intervista di stamattina al ‘Sole 24 Ore’ lo dimostra. Come fa a dire che ‘il cinema italiano non si è fermato affatto’, quando il numero di produzioni di quest’anno è nettamente inferiore rispetto allo scorso anno? Vuole forse dire che mentre Cinecittà è totalmente ferma e il 66 per cento delle produzioni e attualmente inattivo, allora stanno mentendo tutti? Come fa a non rendersi conto che andare avanti nonostante la sospensiva del Tar del Lazio sul Tax Credit farà andare incontro i piccoli produttori all’ennesima batosta, perché, anche se la sentenza definitiva fosse favorevole per loro nel frattempo restano tagliati fuori, non essendo sostenuti da una delle prime 20 distribuzioni europee, come ha voluto proprio la Borgonzoni?”.
In soccorso della sottosegretaria è intervenuto il Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), che ha fatto proprie le tesi della senatrice leghista, rilanciando una numerologia la cui affidabilità è purtroppo imponderabile (quali le sue fonti?!), e fornendo numeri relativi all’esercizio 2023, nulla dicendo del 2024, ormai alla conclusione: “rispondo al collega Orfini: nessun blocco. Più di 100 opere infatti erano in produzione anche durante la riforma. I film italiani prodotti nel 2023 sono 402 (+13 % sul 2022), superati i livelli pre-pandemia (+23,7 % sul 2019). I film 100 % italiani sono 262 (156 di finzione e 106 documentari) cui si aggiungono 92 coproduzioni per un totale di 354 film italiani ammissibili, in crescita del 12 % sul 2022”. Così il Presidente della Commissione Cultura, che è anche – si ricordi – Responsabile Cultura e Innovazione di FdI. Sul cinema, aggiunge, “abbiamo deciso col Ministro Giuli (forse intendeva Gennaro Sangiuliano, forse si tratta di un lapsus, n.d.r.) e il Sottosegretario Borgonzoni di modificare in modo significativo l’impianto normativo, a partire dalla leva strategica del tax credit, rivelatasi indispensabile nel corso degli anni per la crescita industriale del comparto. Sorprende, ad esempio, che di 459 opere sostenute con il tax credit tra il 2022 e il 2023, oltre 345 non sono mai uscite in sala”. E continua: “la prima volta dopo tanti anni, dal 2016, che si rimette mano al sistema del Tax Credit. Sono state rafforzate le verifiche sui costi eleggibili e introdotti obblighi di trasparenza sulla distribuzione nonché, a tutela del lavoro creativo, le produzioni dovranno dare pubblicità delle parti delle opere realizzate con Intelligenza Artificiale e tutti i costi delle prestazioni artistiche realizzate con IA saranno esclusi“. Ed annuncia: “sto depositando un’interrogazione relativamente ai conti di Cinecittà sotto la precedente governance di Maccanico. Attualmente il 75 % dei teatri di Cinecittà risultano impegnati o hanno appena terminato produzioni o ancora sono prenotati per nuove iniziative. La società, inoltre, ha ripreso le attività relative all’organizzazione di eventi, attività in passato sospese”…
Si osserva il silenzio del ministro Alessandro Giuli (Fratelli d’Italia).
Qual è la vera situazione?
Ha ragione la Sottosegretaria leghista o i rappresentati dei lavoratori del settore?!
Come spesso accade in queste dinamiche della politica culturale italiana, non esiste una fonte certa e quindi la validazione delle tesi dell’una o dell’altra parte finisce per dover essere affidata a strumentazioni raffinate come… la palla di vetro.
È comunque un dato di fatto che anche in occasione della presentazione in quel del Festival di Venezia (il 31 agosto) del primo risultato della cosiddetta controversa (e ritardata) “riforma Borgonzoni” della Legge Franceschini, ovvero il “decreto tax credit produzione cinema”, s’è registrato il plateale dissenso di un centinaio di operatori, soprattutto le piccole imprese, ovvero i produttori indipendenti.
Non stupisce, peraltro, che la Sottosegretaria abbia chiesto l’asilo giornalistico al quotidiano della Confindustria, allorquando sono soci della stessa le due maggiori “lobby” dei grossi produttori, ovvero la cinematografica Anica (presieduta da Alessandro Usai, subentrato a Francesco Rutelli) e la televisiva Apa (presieduta da Chiara Sbarigia che è curiosamente anche Presidente della pubblica Cinecittà spa)… E la “riforma Borgonzoni”, così come peraltro la “Legge Franceschini” è stata concordata soprattutto con queste due associazioni confindustriali (formate non soltanto da grossi produttori, ma anche da piattaforme come Netflix, che è associata ad Anica, sostanzialmente ignorando tutte le altre “anime” del settore (sia a livello economico sia a livello artistico sia a livello tecnico).
Le 15 associazioni di lavoratori (la cui protesta è stata peraltro rilanciata da ben poche testate giornalistiche) concludono il loro “SOS” così: “ci uniamo all’appello dell’opposizione politica: il Ministro Giuli deve intervenire immediatamente. È necessario che il Ministro riferisca in Parlamento sulle misure concrete che intende adottare per porre rimedio ai danni arrecati al settore. Allo stesso tempo, è indispensabile che apra un confronto con le associazioni di categoria e tutti gli operatori della filiera, al fine di individuare soluzioni rapide ed efficaci. Non è più accettabile ignorare l’evidenza, confermata anche dai recenti ricorsi al Tar e dalle relative sentenze. Occorre agire subito per restituire al comparto cinematografico le condizioni necessarie per riparare, tutelando i lavoratori e salvaguardando la creatività e la tradizione culturale che il cinema italiano rappresenta in tutto il mondo”.
Si ricordi che sulla “riforma Borgonzoni” pende la “spada di Damocle” dei ricorsi al Tar presentati da oltre 30 piccoli produttori indipendenti (si rimanda all’articolo scritto Vincenzo Vita, su “il Manifesto” del 28 novembre, dall’efficace titolo, “Tax credit sospeso dal Tar, schiaffo al Mic e produzioni bloccate”). Sostiene Vita: “i motivi dell’iniquità sono evidentissimi, secondo il giudizio di buona parte del cinema e dell’audiovisivo, nonché di diverse associazioni nate negli ultimi anni per contrastare inerzie e inadeguatezze di governi e maggioranze parlamentari. Anzi. L’unica via di uscita, ora, è proprio il ricorso ad un’abrogazione legislativa del decreto e alla riscrittura credibile dei criteri ispiratori di un nuovo testo”. Si rimanda anche all’intervento dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult su queste colonne di “Articolo 21”, il 29 novembre 2024: “Dossier IsICult. Commissione di Vigilanza Rai paralizzata, mentre il Tar accoglie in parte il ricorso sul “Tax Credit”. E, ancora, agli articoli su “il Riformista” del 2 dicembre 2024, “Cine-audiovisivo: il Tar boccia i decreti di riforma del settore. Si aggrava la crisi, studios di Cinecittà vuoti” e del 5 dicembre, “Gli Studios di Cinecittà sono una cattedrale nel deserto: i film mai usciti, i lavoratori fermi e le voci di privatizzazione”.
E pochi segnalano che pende sulla testa della Sottosegretaria leghista anche un’indagine avviata dalla Procura di Roma sulla mala gestione dei finanziamenti pubblici al cinema e all’audiovisivo…
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it)
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