Da Key4biz (23/10/23): Anica difende a spada tratta le sovvenzioni, ma il Mic conferma i tagli
Ancora numeri in libertà, stime fantasiose, dati arbitrari… Sull’economia della cultura, prevalgono in Italia approssimazione e nebbie. Sangiuliano denuncia: “sono stato crocifisso da una casta ricca, molto ricca”.
Prima di affrontare le conseguenze della “tempesta” provocata dall’annuncio del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) di tagliare una parte (il 7 %) della dotazione del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo, vogliamo focalizzare l’attenzione sull’ennesima numerologia fantasiosa che la principale “lobby” del settore, l’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Digitali), presieduta da Francesco Rutelli, ha sparato sabato scorso, in un documento nel quale difende a spada tratta le sovvenzioni statali e propone una qualche generica considerazione critica, a fronte dell’annunciata riforma dell’intervento dello Stato nel settore.
Che dall’Anica vengano… lezioni, provoca profonde perplessità (e finanche una qualche ilarità), dato che questa associazione rappresenta proprio coloro che più di ogni altro (assieme ai produttori televisivi riuniti nell’Apa) ha beneficiato della manna che ha alimentato il settore negli ultimi anni…
Da ricercatori (indipendenti) e da appassionati da oltre trent’anni di politica culturale ed economia mediale (si segnala – en passant – chi redige queste noterelle, all’inizio della propria carriera professionale, tre decenni fa, è stato per quattro anni Direttore dell’Ufficio Studi dell’Anica stessa, e ritiene di conoscere qualcosa del “dietro le quinte” del sistema), abbiamo dimostrato quanto le stime sui “moltiplicatori” siano rischiose e aleatorie, soprattutto quando si affrontano le statistiche economiche dei settori culturali e creativi.
Eppure Anica, due giorni fa, ha… risparato alla grande la tesi secondo la quale “per l’Italia, i numeri sono estremamente positivi: ogni euro investito ha un moltiplicatore economico di 3,5” (vedi infra, ovvero il documento Anica del 21 ottobre 2023: “Anica: 5 punti per rafforzare e razionalizzare filiera Cinema e Audiovisivo”, in calce a quest’articolo).
3,5 euro di “moltiplicare” per 1 euro investito in cinema e audiovisivo: questo dato è privo di fondamento tecnico e scientifico, è un ennesimo numero “ad usum Delphini”
Ovvero, in letteratura scientifica, esiste soltanto una stima che porta a questo valore (x 3,5), ma risale ad oltre 10 anni fa, e non è mai stata oggetto di validazione: in effetti, il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” in un articolo del 2 febbraio 2011 scriveva “È il direttore del Distretto dell’Audiovisivo e dell’Ict di Roma Gianni Celata a dichiarare che “ogni euro investito nel cinema frutta 3,5 euro al territorio”. Questo dato non è stato mai più riproposto. In verità, in occasione della presentazione dello studio “L’impatto economico dell’industria audiovisiva in Italia”, curato giustappunto da Gianni Celata (che – si ricordi tra parentesi – è uno dei 15 esperti chiamati a valutare le istanze di contributo della “Legge Franceschini”) presentato a Roma il 12 dicembre 2012 (in occasione dell’incontro “Roma e l’industria dell’immaginario: un corto durato 2000 anni”, con intervento di Giampaolo Letta (Ad e Vice Presidente di Medusa ed allora anche Vice Presidente di Unindustria con delega Industria Creativa, Cultura, Turismo), il dato veniva stimato in 3,25 euro per ogni euro investito in produzione… Quello stesso dato (3,25 euro), a distanza di cinque anni, veniva rilanciato acriticamente da E&Y nel capitolo dedicato all’audiovisivo del report “Italia Creativa. L’Italia che crea, crea valore”, ovvero il “2° Studio sull’Industria della Cultura e della Creatività”, presentato il 24 gennaio 2027 (un’iniziativa Ernst & Young con il supporto del Ministero dei Beni Culturali e un gruppo di associazioni e imprese, tra cui Confindustria Cultura Italia e Siae). La prima edizione, affidata da Siae sempre a E&Y, era stata presentata nel gennaio dell’anno precedente (vedi “Key4biz” del 16 gennaio 2016, “ilprincipenudo. Un altro studio sull’industria culturale italiana: ma dov’è il quadro completo?”).
Attingiamo ad un documento più recente, e di una fonte che certamente Anica conosce (ricorda): in un evento organizzato un anno e mezzo fa dalla stessa Anica, il Capo Economista di Cassa Depositi e Prestiti, Direttore delle Strategie Settoriali e Impatto Cdp, Andrea Montanino, sosteneva che l’effetto sull’economia italiana derivante dalla crescita della domanda di prodotti audiovisivi era di 1,97 euro; si tratta dell’“impatto diretto e indiretto misurato in euro, attivo dai settori Ateco J59 e J60” (si rimanda alla presentazione di Montanino, intitolata “La filiera cine-audiovisiva italiana per l’economia e l’occupazione”, 29 marzo 2022). Si tratta di un valore (1,97 euro) che corrisponde al 56 % rispetto a quello citato da Anica due giorni fa (3,50 euro).
Peraltro quel valore ovvero circa 2 euro corrisponde allo stesso dato elaborato dall’Anica e proposto all’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in occasione della presentazione, l’11 aprile del 2019, del Rapporto “Cinema e Audiovisivo: l’impatto per l’occupazione e la crescita in Italia”, ovvero la prima ricerca condotta del Centro Studi di Confindustria per Anica (per la precisione, veniva stimato in 1,98 euro e come fonte veniva indicato: “stima basata sul calcolo dei moltiplicatori settoriali secondo il modello di Leontief”).
A proposito di “moltiplicatori” sempre a rischio di arbitrarietà e soggettività: numeri asserviti?
In un rapporto di ricerca della Banca d’Italia, dedicato a tematiche correlate si leggeva (e già nel lontano 2012): “il calcolo dei moltiplicatori sconta l’applicazione di diverse ipotesi in parte arbitrarie, e non è quindi esente da importanti elementi di soggettività. Inoltre, la letteratura ha mostrato che in generale gli effetti espansivi sull’indotto tendono a essere sopravvalutati, anche perché le analisi trascurano gli effetti di sostituzione, sia tra diversi beni o servizi, sia tra diverse aree geografiche” (vedi Enrico Beretta e Andrea Migliardi, “Le attività culturali e lo sviluppo economico: un esame a livello territoriale”, in Banca d’Italia, “Questioni di Economia e Finanza”, n° 126, luglio 2012).
E che dire di quel rapporto annuale sul sistema culturale curato dalla Fondazione Symbola (presieduta da Ermete Realacci)?
Secondo l’ultima edizione, presentata il 26 luglio 2023, la filiera culturale e creativa italiana avrebbe una “capacità moltiplicativa pari a 1,8 euro”. Si precisa “per 1 € prodotto se ne generano 1,8 nel resto dell’economia”. E, ancora: “per il 2022 si stima che il moltiplicare da applicare al Sistema Produttivo Culturale e Creativo sia pari a 1,8. In termini concreti, ciò significa che per ogni euro di valore aggiunto (nominale) prodotto da una delle attività del settore, se ne attivano altri 1,8 sul resto dell’economia”. La stima parte da questa premessa: “esiste, dunque, un fattore moltiplicativo per cui per ogni euro prodotto da un’attività culturale e creativa se ne attivano altri sul resto dell’economia, secondo una logica di filiera. Questo perché, sulla base di quanto esposto nella teoria delle relazioni intersettoriali, ogni processo produttivo implica l’utilizzo “a monte” di specifici input (beni e servizi) i quali rappresentano, a loro volta, l’output di beni e servizi generati in altre attività economiche; allo stesso modo, queste stesse attività ne “muoveranno” altre che si troveranno “a valle” della filiera. Questi meccanismi vengono misurati statisticamente attraverso le tavole delle risorse e degli impieghi (anche tavole supply and use) elaborate a livello nazionale dall’Istat”. Questo valore di 1,8 salirebbe a 2,2 euro considerando specificamente le “industrie creative” (che sono un sub-insieme del totale delle “industrie culturali e creative”, ovvero di quello che Symbola definisce il “Sistema Produttivo Culturale e Creativo” italiano).
Nello stesso rapporto ultimo di Symbola, si legge però, in uno stimolante contributo a firma di Luca Dal Pozzolo, che guida la Fondazione Fitzcarraldo: “non solo, quindi, sono incerti e nebulosi i confini del comparto creativo, ma ancor più i suoi meccanismi interni di produzione di valore, di sviluppo o di progressivo inaridimento”. Questa considerazione critica è assolutamente condivisibile” (vedi il saggio “Le industrie culturali e creative e la materia oscura della creatività” in Symbola, “Io sono Cultura 2023. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”).
Va osservato però che lo stesso “Chief Economist” di Cdp, ovvero Andrea Montanino, l’11 luglio 2023 presentava un report intitolato “Le sfide della filiera cineaudiovisiva italiana” e qui tutti i dati indicati nel report – sempre a sua firma – del marzo 2022 schizzano in alto…
L’“effetto moltiplicatore”, stimato un anno prima a quota 1,97, diviene 3,54 euro (un delta positivo di + 80 %), con un impressionante incremento delle componenti tutti: l’impatto sulla “agricoltura” (?!) passa da a 0,05 euro (era 0,01); sulle “costruzioni” a 0,06 (era 0,02); sulla “Pubblica Amministrazione, istruzione e sanità” a 0,06 (era 0,01); sulle “attività artistiche, creative e altri servizi” a 0,23 (era 0,07); sui “servizi ad alto contenuto di conoscenza” a 0,24 (era 0,18); sulla “manifattura” a 0,48 euro (era 0,19); sui “servizi operativi” a 0,51 (era 0,14); sui “servizi di rete” a 0,77 (era 0,27); sul settore “audiovisivo, broadcasting” a 1,15 euro (era 1,08). Totale, alla fine della… fiera?
L’effetto moltiplicatore sale magicamente da 1,97 a 3,54 euro… Evitiamo di infierire con commenti metodologici (si segnala che la fonte riportata è sempre la stessa: “Elaborazione Cdp Strategie Settoriali e Impatto su dati Istat”).
Tutto ciò premesso, invitiamo sia gli operatori privati sia le istituzioni pubbliche a maggiore prudenza, nel tentativo di portare acqua (in questo caso, numeri) al proprio mulino.
Il “sistema informativo” sulla cultura italiana continua ad essere deficitario, anzi proprio sgangherato: ognuno può dare “i numeri” a modo suo (tanto nessuno effettua validazioni)
Anche quando si cerca di proporre un salto di qualità, si assiste poi a dinamiche regressive: è il caso dell’ultimo rapporto sullo spettacolo (per l’anno 2022) proposto dalla Società Italiana degli Autori e Editori(Siae) pochi giorni fa. Tipico esempio di quel che segnaliamo: le metodologie vengono modificate, i centri di ricerca coinvolti cambiano, non si assicura stabilità, non si cerca terzietà, non si apprezza indipendenza… e si finisce per produrre confusione su confusione, incerti numeri su numeri incerti (vedi “Key4biz” del 12 ottobre 2023, “La Siae certifica che il 2022 è stato l’anno della ripresa per i consumi di spettacolo (ma rapporto asettico)”.
Un esempio eclatante, tra i tanti possibili?
Ricordiamo che nell’ottobre di 2 anni fa, un centro di ricerca indipendente come “Pagella Politica”, specializzato in “fact checking” della politica italica, assegnò alla allora soltanto senatrice Lucia Borgonzoni un… “Pinocchio Andante”, dimostrando come la sua tesi (numerica) per cui teatri e cinema e concerti generavano il 17 per cento del Pil (!!!) fosse fallace ed infondata (vedi “Pagella Politica” del 27 ottobre 2020; la oggi Sottosegretaria sostenne ciò per contestare le misure restrittive anti-Covid contenute nel Dpcm del 24 ottobre 2020).
Ennesima riprova dei fuochi d’artificio (anche numerico-statistici) che caratterizzano il deficit di conoscenza sulla (vera) verità del sistema culturale nazionale.
Sparare numeri in libertà, citare cifre fantasiose e dati arbitrari non aiuta a conoscere meglio il funzionamento del sistema culturale nazionale. E il quotidiano “La Verità” pubblica cifre inedite…
Questa effervescenza numerica incontrollata non aiuta certo a correggere la rotta rispetto alle storture che, pian piano, stanno emergendo nell’economia del cinema e dell’audiovisivo in Italia.
Anche nel caso del “tax credit” – fino a poco tempo fa considerato da molti uno strumento… miracoloso – che è ormai sottoposto ad un fuoco incrociato di critiche.
Segnaliamo cosa è accaduto negli ultimi 3 giorni (da venerdì 20 a ieri domenica 22 ottobre), aggiornando il nostro intervento su queste colonne di venerdì stesso (vedi “Key4biz” del 20 ottobre 2023, “Sostegno statale al cinema e all’audiovisivo: pare scenda da 100 a 50 milioni il ‘taglio’ ai 750 milioni del Fondo. Ma non è questo il problema”).
Il quotidiano “La Verità” (diretto da Maurizio Belpietro) venerdì scorso 20 ottobre 2023, pubblica un articolo nel quale cita dei numeri, di (imprecisata) fonte infra-ministeriale Ministero della Cultura (e Cinetel), che consentono il confronto tra la sovvenzione pubblica di alcuni titoli e l’incasso degli stessi al “box office” ovvero nelle sale cinematografiche, segnalando in particolare i compensi milionari di alcuni registi. Articolo richiamato in prima pagina, a firma di Giorgio Gandola. Basti riprodurre titolo e sottotitolo, per comprendere l’approccio, ideologico e polemico: “Registi ‘de sinistra’ ricchi coi soldi nostri”. Sottotitolo “Quasi 1 miliardo per film che spesso non raggiungono i 1.000 spettatori. Ma compensi a sei zero per i Muccino (3,3 milioni), Guadagnino-Gabriellini (2,4), Genovese (1,4), Costanzo (3,1) sono garantiti. E guai a ridurli”. E continua “Dentro la mangiatoia cinema. Maxistipendi ai soliti registi e soldi a film senza spettatori. Gli aiuti di Stato alle produzioni italiane sono un pozzo senza fondo: quasi un miliardo dissipato per pellicole che non vede nessuno. Ma se ipotizzi risparmi, la sinistra piange”.
Il pezzo contiene alcune imprecisioni: soprattutto omette di evidenziare che alcuni film hanno ormai – nell’attuale assetto dell’economia audiovisiva – una fonte minore, e talvolta marginale, rispetto al recupero dell’investimento produttivo, nella sala cinematografica.
Purtroppo, però, non esiste un dataset pubblico – accurato e preciso – su queste fonti di ricavi, come andiamo denunciando da anni (e non soltanto su queste colonne).
Quindi, ancora una volta, si assiste, su fronte diverso, ad una numerologia fantasiosa (che dovrebbe essere oggetto anch’essa di validazione metodologica): in questo caso, una numerologia parziale, perché non vengono riportati dati sui flussi di ricavi da vendite alle emittenti televisive, alle piattaforme, da export…
Ribadiamo: anche in questo caso, confusione su confusione, con letture parziali e partigiane sia da parte dei beneficiati, sia da parte dei detrattori.
Numeri in libertà, sia su un fronte sia sull’altro.
Il Ministro Gennaro Sangiuliano, commentando l’annunciata riforma del “tax credit” e della Legge Franceschini: “sono stato crocifisso sui giornali da una casta molto, molto ricca”
L’articolo de “La Verità” però è evidentemente gradito al Ministro, che venerdì stesso (20 ottobre), intervenendo a margine di un evento a Matera, ha confermato, rispondendo ai giornalisti, la propria linea: “anni fa il tax credit ammontava a 400 milioni… in pochissimi anni ha superato addirittura gli 800 milioni, poi si è assestato intorno ai 750 milioni: sono cifre importanti, ci sono tanti cittadini che fanno sacrifici su questioni rilevanti come la sanità, i trasporti, la scuola e quindi chi vuole attingere alle risorse pubbliche deve avere un po’ di moralità”.
Sabato 21, lo stesso quotidiano rilancia quanto denunciato venerdì: “la necessità d’un simile intervento, come raccontato ieri su queste colonne, deriva dalla consapevolezza che non sono rari i film che a fronte di finanziamenti generosi hanno prodotto risultati tanto, troppo modesti. ‘Sherlock Santa’ e ‘Ladri di Natale’, due film di Francesco Cinquemani costati complessivamente 15 milioni di euro – per i quali il ministero aveva concesso un contributo statale di 4 milioni – si sono fermati a soli 13.000 euro di incassi; similmente, a fronte di 700.000 euro di contributo pubblico, ‘Prima di andare via’ di Massimo Cappelli si è fermato a neppure 30 biglietti al botteghino”.
Nella stessa giornata (sabato 21), Andrea Biondi aveva pubblicato una intervista al Ministro (richiamata in prima pagina), che è ben sintetizzata nel titolo: “Adesso basta finanziare film fantasma senza spettatori”. Precisa Gennaro Sangiuliano: “se ti finanzi sul mercato e hai qualità, hai diritto a chiedere qualsiasi cifra. Ma se il film lo fai con i soldi pubblici, è bene avere un tetto. Se guadagni un po’ di meno non ti impoverisci. È tremendo pensare a un tetto sui compensi? È sbagliato chiedere controlli accurati come in Germania e Francia?”.
Ed in occasione della manifestazione di Fratelli d’Italia tenutasi ieri domenica 22 al Teatro Brancaccio di Roma (“Italia Vincente” con il quale il partito guidato da Giorgia Meloni ha celebrato un anno di governo), il Ministro ha dichiarato: “sono stato crocifisso sui giornali da una casta molto, molto ricca, solo perché mi sono permesso di dire che ci sono cose sospette che ti fanno riflettere, film che ricevono milioni e milioni di contributi pubblici e vengono visti da pochissime persone, solo perché mi sono permesso di toccare questo santuario di potere”. Ed ha precisato: “il tax credit è passato dai 400 milioni del 2019 ad oltre 800 milioni, una cifra enorme che cui si potrebbero fare tante cose…”. Ad esempio, “si potrebbero acquistare tante macchine per la Tac per abbattere liste di attesa”, ha sostenuto, rivolgendosi al Ministro della Salute Orazio Schillaci, anche lui presente all’evento. E ancora: “aver parlato di una riforma non significa non ritenere l’audiovisivo fondamentale, un’industria importante per l’Italia, che riconosco e davanti alla quale mi inchino. Ma solo per aver pensato di rendere il sistema più efficiente, uno viene crocifisso”.
Nella stessa mattinata di ieri domenica, il Presidente dell’Anica appariva in una lunga intervista a Michela Tamburrino sul quotidiano “La Stampa”, intitolata “Rutelli “Tagli al cinema per quasi 50 milioni. Ma a pesare sul tax credit è la carenza di controlli”.
Or bene, quasi da non crederci: ora, alla luce delle critiche manifestate dal Ministro (che ha coraggiosamente fatto propria la voce di rari dissidenti), l’Anica – principale beneficiaria, assieme ai televisivi dell’Apa, del “tax credit” – invoca… maggiori “controlli”?!
Ma se fino a pochi mesi chi osava contestare un qual certa inefficienza e fors’anche inefficacia dello strumento del “credito d’imposta” veniva considerato un “anti-sistema”, un esaltato liberista, anzi… pazzoide! Un… nemico dell’arte, della creatività, della libertà, insomma.
E Rutelli, nell’intervista di ieri a “La Stampa” rilancia la sua numerologia: “per l’Italia i numeri sono positivi, ogni euro investito ha un moltiplicatore economico di 3,5”. Vedi supra (sigh!), su queste stime erratiche. Da non crederci, ancora numeri fantasiosi per portare acqua (anche se inquinata) al proprio mulino.
E con quale coraggio, veramente, si chiedono – ora, soltanto ora – “controlli”?
Anzi, si cerca di ribaltare la frittata, perché Rutelli sostiene oggi “il ministro deve attivare queste misure, nessun controllo a consuntivo è stato fatto, nonostante le nostre continue richieste”.
Quindi ora la responsabilità della crisi in atto sarebbe paradossalmente del… Ministro?!
Qui siamo veramente al gioco delle tre carte, per restare sempre in materia di… numeri!
Queste richieste – anzi queste “continue richieste” – dell’Anica non sono mai state rese pubbliche, ma forse sono rimaste chiuse (secretate?!) in un qualche incontro tra la lobby e la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero (guidata da Nicola Borrelli).
Chissà… Tanto, la trasparenza delle politiche culturali e delle economie mediali in Italia resta una chimera.
Da osservare che nessun commento si registra, negli ultimi tre giorni, da parte della sempre entusiasta Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (partita ieri per il festival di Tokio: ha annunciato giovedì scorso che porterà in più occasioni possibili al suo fianco registi, giovani attori e tecnici italiani, per promuovere il “made in Italy” audiovisivo, e su questo tema delicato torneremo presto): la precisa volontà del Ministro sembra quindi prevalere sulla prudenza sempre ottimista della Sottosegretaria.
Si attendono sviluppi, lo scenario permane incerto ed inquieto.
Il quotidiano “Domani” scrive che Sangiuliano “rischia la poltrona”. Il “Quotidiano del Sud” invece elogia il Ministro, in sintonia con una Meloni “futura Thatcher”
Si osserva che, nel mentre, il quotidiano “Domani” ri-martella, nell’edizione ieri domenica, sul suo “scoop” (la famosa disvelata lettera di Sangiuliano al collega Giorgetti, con la quale si dichiarava disponibile ad un taglio fino a 100 milioni di euro dei 750 milioni del Fondo Cinema e Audiovisivo, taglio poi ridottosi – parrebbe – a 51 milioni), ed addirittura titola che il Ministro “rischia la poltrona”. Scrive, con molta sicurezza (avrà fonti realmente attendibili, all’interno del Palazzo?!), Stefano Iannaccone: “la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è sensibile al tema del consenso e ha giudicato un grave errore quello commesso dall’ex direttore del Tg2. Sangiuliano è ora nella lista dei ministri da rimpiazzare, quando si aprirà la questione del rimpasto”. Addirittura?! Fonti affidabili o ennesima “fake news”?!
Di tutt’altro tenore, quel che scrive Roberto Napolitano, direttore del “Quotidiano del Sud”, sempre ieri domenica: “elogio pubblico al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che sul tax credit per il cinema anticipa questo spirito e esprime la moralità della politica con la P maiuscola. Con l’operazione verità su conti e futuro del Paese, richiesta dal nostro giornale, Giorgia Meloni fa le prove per diventare la nuova Thatcher”. Precisa Napoletano: “l’idea è di palazzo Chigi e Giorgia Meloni ne ha già parlato in consiglio dei ministri. C’è un pacchetto di provvedimenti alla sua firma di cui uno è particolarmente importante. È la bozza di una lettera da inviare a tutti i ministri con la quale la Presidente del Consiglio fissa alcune linee-guida e chiede a tutti i ministri di fare valutazioni analitiche della spesa dei loro dicasteri. Caro ministro, ti scrivo, è la sostanza della lettera, perché i soldi sono pochi, di conseguenza non solo non potete chiedere più spese aggiuntive, ma dovete piuttosto fare analisi rigorose dei progetti che non hanno funzionato affatto o hanno funzionato solo in parte”.
Reazioni dell’Anica, dopo la nuova presa di posizione del Ministro?!
Non pervenute, dopo i “5 punti” di riforma proposti sabato (vedi in calce all’articolo).
Uno dei “punti” della piattaforma Anica (di approccio cerchiobottista), in particolare, suscita ilarità: “la struttura tecnico-amministrativa (del Ministero, n.d.r.) preposta è assolutamente insufficiente”.
Di grazia, e l’Anica se ne rende conto soltanto il 21 ottobre 2023?!
Da segnalare, su questi temi, negli ultimi giorni, il curioso silenzio (assoluto) dell’Apa, l’associazione dei produttori televisivi, che è presieduta da Chiara Sbarigia (è anche la Presidente di Cinecittà). Come interpretare questo silenzio, essendo peraltro nota la sintonia assoluta tra Sbarigia e la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni?!
Tace – su tagli al fondo e riforma della legge – anche la Società Italiana degli Autori e Editori, che pure è intervenuta in questi giorni in varie occasioni di incontro organizzate nell’economia della “Festa del Cinema di Roma”. Venerdì il Presidente Siae Salvatore Nastasi si è in effetti limitato a sostenere che “alla fine del 2023 il cinema raggiungerà i livelli pre-Covid (previsione che riteniamo pecchi di ottimismo… à la Borgonzoni, n.d.r.). Ma ci confrontiamo con vari problemi: scarsa competitività a livello internazionale, scarsa capacità di investire, troppe opere a basso budget”.
Nel pomeriggio di ieri domenica, sono interventi anche gli “autori”, come riporta l’Ansa in un lungo dispaccio serale: 100autori, Anac, Wgi, Air3, Doc/it denunciano che il 90 % del settore dell’audiovisivo è fatto di “lavoratori autonomi che fanno lavori discontinui e incassano a singhiozzo, che non hanno un contratto nazionale e nemmeno un accordo di categoria, che non godono di ammortizzatori sociali, ferie, malattia; che da anni combattono per vedersi riconosciuti un diritto alla pensione, alla maternità e alla paternità; che per anni, quando entrano nel mondo del lavoro, vengono sfruttati e sottopagati perché non esistono dei minimi salariali di riferimento, non esistono regole…”.
Hanno certamente ragione, ma che c’entra, questa sacrosanta rivendicazione, con gli annunciati tagli e la riforma della Legge Franceschini?!
Che si indaghi su questi temi, in perdurante assenza di dati ed analisi anche su questo delicato tema.
E anche Unita (l’Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo), parla di “narrazione profondamente ingiusta e scorretta del nostro settore e non corrispondano affatto ai reali dati Inps sulla nostra categoria. Abbiamo inviato al ministro, insieme alle associazioni di produttori e autori, un documento in cui si indicano con precisione e chiarezza i motivi per cui un taglio del tax credit avrebbe un effetto negativo sulla stessa economia nazionale e contestualmente abbiamo chiesto di considerare soluzioni diverse da tagli drastici per rendere più efficiente il sistema, senza mettere a rischio il livello occupazionale che il settore produce”.
Anche in questo caso, ribadiamo: il problema non è l’entità di questi tagli, ma l’esigenza di un ragionamento critico per rimodulare completamente la ripartizione dei 750 milioni di euro del Fondo Cinema e Audiovisivo (si rimanda al nostro intervento di venerdì scorso su queste colonne, già richiamato).
A dare manforte a Sangiuliano dalla maggioranza è ieri, nuovamente, Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera e Responsabile nazionale Cultura e Innovazione di Fratelli d’Italia: “va riconosciuto che alcuni film – mai approdati al botteghino o con pessima riuscita di bigliettazione – sono stati ultrafinanziati dallo Stato, spesso con ingaggi e retribuzioni, non da “salario minimo” di molti registi. Siamo convinti che i nostri registi e attori siano fra i più bravi del mondo, ma devono essere messi nelle condizioni di avere una norma sul tax credit chiara, lineare e trasparente”. Mollicone conferma che “il taglio sarà quello fisiologico del 5 % per tutti i ministeri e di 14 milioni, che nulla andranno ad alterare fino al 2025 mentre, nel frattempo, saranno introdotte modifiche profonde ai criteri d’accesso al tax credit produzione”. Obiettivo, “evitare la ‘polverizzazione’ produttiva che ha portato alla richiesta di beneficio da parte di centinaia di titoli”. A breve, annuncia, saranno varate “misure molto serie, da questo punto di vista, che impattano e rivedono anche i contributi selettivi e gli automatici ora al vaglio degli organi di controllo”.
Si attendono le prossime mosse del Ministro. Che emulerà il motto utilizzato da Giorgia Meloni nel suo video-intervento al Teatro Brancaccio ieri mattina? Con coraggio: “senza guardare in faccia nessuno”. Nemmeno i leader della “ricca casta” anzi “molto ricca”…
E magari anche la chance di un’analisi seria del (mal) funzionamento del sistema.
Finalmente con dati trasparenti e completi e valutazioni di impatto adeguate ed indipendenti.
Il nuovo motto che dovrebbe inspirare la politica cultura nazionale dovrebbe essere: “No data? No party”.
[ Nota: articolo chiuso in tipografia alle ore 8 del 23 ottobre 2023; si segnala che questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.
Nota. I “5 punti per rafforzare e razionalizzare la filiera” pubblicati dall’Anica il 21 ottobre 2023
- Il Ministero della Cultura è titolare del Patrimonio Culturale, di altre competenze, e di un importante settore produttivo: Cinema e Audiovisivo. La struttura tecnico-amministrativa preposta è assolutamente insufficiente – addirittura ridimensionata nell’ultimo anno – per far fronte all’enorme mole di adempimenti stabiliti da norme, decreti, regolamenti. In particolare, sono pressoché inesistenti i controlli a consuntivo.
- Il Ministero della Cultura ha una responsabilità storica: di far crescere creatività, produzione, occupazione, nuovi talenti in questa filiera integrata, parte di una gigantesca crescita a livello mondiale delle produzioni, della fruizione dei prodotti, degli investimenti, della creazione di posti di lavoro. Per l’Italia, i numeri sono estremamente positivi: ogni euro investito ha un moltiplicatore economico di 3,5; l’occupazione è in crescita costante; i benefici per l’attrazione turistica (e per il prestigio della Nazione) sono evidenti anche ai non addetti ai lavori.
- Di queste dinamiche di mercato non si sono accorte solo le industrie: è in corso una dura competizione per attirare investimenti e creare competenze in altri Paesi europei, e in diverse parti del mondo. Sarebbe suicida per l’interesse nazionale italiano non assicurare costanza e certezza di risorse, regole e procedure, rispetto dei tempi (attraverso l’immediato potenziamento della struttura operativa del Mic), trasparenza (incluso il rigore dei controlli).
- È tempo di aggiornare e correggere il tax credit, finito il Covid e gli incentivi potenziati (dal 30 al 40 %), di efficientare contributi automatici e selettivi, supportare le aggregazioni di imprese italiane ed europee. In tutti i ‘tavoli’ convocati presso il Mic, Anica – assieme ad altre associazioni rappresentative – ha costantemente assicurato disponibilità e avanzato proposte per individuare, controllare ex ante (e sanzionare ex post) inefficienze e anomalie, nonché mettere cap all’eleggibilità delle spese (incluso un “de-escalator” alle aliquote).
- Grande preoccupazione scaturisce dal ridimensionamento degli investimenti pubblici per Cinema e audiovisivo che potrebbe scaturire dalle revisioni normative del Canone Rai.
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