Da “Il Riformista” (11/4/2020): Covid, c’è un’altra emergenza: quella psico-sociale
Gutta cavat lapidem?! Potenza dei media tradizionali o dei meme nell’era del web?! Quale che sia la causa o la fonte, siamo soddisfatti che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte abbia accolto alcune nostre proposte, in particolare quella di non delegare completamente ad un “Comitato Tecnico-Scientifico” composto esclusivamente da medici e virologi e epidemiologi un processo decisionale che è complesso e multidimensionale. Un delicatissimo decision making che riguarda la vita quotidiana ed il futuro di oltre 60 milioni di persone.
Da alcune settimane, abbiamo il “privilegio” di assistere alla rituale conferenza stampa quotidiana del Capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli e possiamo porre domande, anche impertinenti. Ne abbiamo già scritto su queste colonne (vedi Il Riformista del 23 marzo, Gestione maldestra e comunicazione in confusione, il Coronavirus e i limiti del governo Conte): abbiamo denunciato il policentrismo dei flussi informativi dell’Esecutivo, e la inevitabile confusione prodotta nell’immaginario collettivo degli italiani. Venerdì 3 aprile, abbiamo posto a Borrelli una questione altra, forse più radicale, e ed “a monte”: se è vero che “la politica” ha deciso di affidarsi “ai tecnici” (così ci viene ripetuto, da più fonti, Conte in primis, in una ormai noiosa litania), naturale sorge il quesito sulla composizione dell’eletta schiera di coloro che sono stati chiamati a far parte del celeste “Comitato”.
Abbiamo sostenuto che processi decisionali così importanti per il futuro (ed il presente!) del Paese non possano essere assunti da tecnici specializzati “monodimensionalmente” sul versante sanitario: le finora sottovalutate conseguenze psico-sociali della “chiusura” del Paese possono essere infatti più gravi di quelle dell’epidemia sanitaria. Peraltro, se qualcuno si azzarda a mettere in dubbio la santità delle scelte del Comitato “fatte proprie” dal Governo, corre il rischio di essere accusato di disfattismo e ribellismo se non di anarchismo, di remare contro il Bene della Nazione e di voler irresponsabilmente sabotare il lockdown… È innegabile il diritto di conoscere esattamente “cosa” questo benedetto “Comitato Tecnico Scientifico” suggerisce al Presidente del Consiglio ed al Ministro della Salute. Leggi anche
I verbali delle riunioni del Comitato non sono però pubblici, e non vi è trasparenza nemmeno sulla composizione esatta dell’organo consultivo che dipende dalla Presidenza del Consiglio. Il Comitato è stato istituito con un decreto firmato da Borrelli il 5 febbraio, ma deve essere stato integrato in itinere, senza che vi sia alcuna pubblica evidenza. Sono peraltro emerse varie indiscrezioni sulla “asintonia” di alcuni pareri del Comitato e le correlate decisioni del Governo: basti ricordare che il professor Walter Ricciardi, consulente del Ministro Roberto Speranza, ha proposto una “chiusura totale” ma della Lombardia soltanto, e molti giorni prima della decisione poi assunta dal Governo per l’intero territorio nazionale.
Mercoledì 8, Giuseppe Conte, in un’intervista ai media vaticani, ha sostenuto: «abbiamo preso decisioni difficili sulla base delle indicazioni del comitato tecnico-scientifico… Ogni decisione è stata presa in scienza e coscienza». Citazione del giuramento di Ippocrate a parte, si tratta di decisioni la cui gestazione “tecnica” (tecnocratica?!) permane in verità avvolta nel mistero. Martedì 7, si è tenuta una riunione tra il premier, una pluralità di ministri ed i rappresentanti dell’ormai mitico Comitato. Cosa si saranno detti in due ore di videoconferenza, esperti e politici? Non è dato sapere. Non è stato diramato nemmeno un comunicato stampa. Top secret.
Le sempre anonime “fonti governative” riferiscono però che il Presidente del Consiglio avrebbe chiesto al Comitato di elaborare un “programma della fase 2” – e questo è ovvio – ma coinvolgendo anche esperti come “sociologi, psicologi, statistici”, e finanche “esperti di modelli organizzativi del lavoro”. Questo coinvolgimento di “sociologi, psicologi, statistici” corrisponde esattamente (proprio nella stessa sequenza terminologica) a quel che chi redige quest’articolo ha proposto a Borrelli il 3 aprile. Che sia dipeso da una tardiva illuminazione del premier o dal recepimento di un suggerimento di buon senso, non si può che essere lieti di questa decisione.
Se gli esperti in “psicologia” e “sociologia” sono indispensabili per affrontare le dimensioni (enormi) delle conseguenze dei draconiani provvedimenti del Governo, l’esperto in “statistica” è altrettanto importante, perché, nella produzione dei numeri della Protezione Civile, il “dataset” che viene proposto quotidianamente appare deficitario. Basti ricordare che non ci sono dati sui contagi e decessi nelle residenze assistenziali per anziani (rsa), nelle case per anziani, e nemmeno sul numero dei deceduti presso la propria abitazione…
Ci si augura che questo novello mix tra saperi, questa dialettica non più monodimensionale (l’emergenza sanitaria) possa stimolare un dibattito scientifico e tecnico, e quindi culturale e politico, più plurale, interdisciplinare e finalmente transdisciplinare. Un approccio in fondo… olistico.Alla drammatica emergenza specificamente “sanitaria”, si affianca una non meno grave e profonda emergenza “psico-sociale” (qui accantonando quella economica). E la salute psico-sociale dell’intera popolazione deve essere presa in considerazione con la stessa attenzione, cura, prudenza, tecnicalità, che il Governo dichiara star dedicando all’emergenza specificamente sanitaria. Trasparenza inclusa.
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