Da Key4biz (05.4.2022): Agcom, Massimiliano Capitanio neo-eletto Commissario nel silenzio dei più
Si rinnova “trasparenza zero”. Il neo Commissario in quota Lega Salvini dichiara al suo “Giornale di Monza”: “mai avrei sognato tutto questo”
Come è noto ai più attenti lettori di questo quotidiano online (che è stata una delle pochissime testate giornalistiche a segnalare la notizia) mercoledì della scorsa settimana la Camera dei Deputati ha eletto un componente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), nella persona del deputato leghista Massimiliano Capitanio (detto Max), membro della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai (e capogruppo della Lega). Capitanio va ad affiancare l’attuale Presidente Giacomo Lasorella e gli attuali Commissari Laura Aria, Antonello Giacomelli ed Elisa Giomi. Il nuovo Commissario farà parte della “Cir”, ovvero la Commissione per le Infrastrutture e le Reti di Agcom.
L’elezione è avvenuta a tre mesi dalla morte del Commissario Enrico Mandelli (venuto meno il 10 dicembre 2021), che era stato eletto nell’estate del 2020 (e considerato di area leghista).
Elezioni con una curiosa numerologia: Capitanio è stato eletto con 221 voti. L’elezione è stata proclamata, poco prima delle ore 19 di mercoledì 30 marzo dal Presidente di turno, Ettore Rosato. I votanti sono stati 431 (su un totale attuale di 630 deputati che siedono a Montecitorio), nessun astenuto, i voti “dispersi” 10, le schede “bianche” 170, e 30 le schede “nulle”. Quindi, Capitanio è stato eletto con poco più di un terzo del totale dei parlamentari aventi diritto al voto (221 voti su 630 elettori, circa il 35 %).
Purtroppo non è possibile acquisire dalla Presidenza della Camera i nominativi dei cosiddetti “voti dispersi”, per dinamiche burocratico-procedurali che risultano ancora oggi incomprensibili (ci siamo scontrati con questo muro di silenzio ed opacità in occasione delle precedenti elezioni Agcom: vedi “Key4biz” del 15 luglio 2020, “Agcom e Garante Privacy, eletti gli 8 consiglieri. Un voto “blindato” in occulte trattative tra Governo e opposizioni”; vedi anche “Key4biz” del 15 settembre 2020, “I misteri dell’Agcom: dopo due mesi il nuovo consiglio non è ancora operativo”). E peccato non poter prendere visione nemmeno delle schede “nulle”: perché questa incomprensibile… segretezza???.
Quello di componente del Consiglio dell’Agcom è un ruolo importante, nella economia (e nella… ecologia, volendo) del sistema della comunicazione in Italia: queste elezioni dovrebbero essere caratterizzate da un dibattito pubblico ampio e plurale, e magari anche da una procedura pubblica comparativa. Il che invece non è, come abbiamo avuto occasione di denunciare – da molti anni – anche su queste colonne.
I Presidenti della Camera e del Senato avrebbero in verità la possibilità di adottare un regolamento che rendesse la procedura elettorale più trasparente e tecnocratica, come pure è stato invocato in passato da più parti. Sia Roberto Fico sia Elisabetta Casellati hanno ignorato queste istanze della società civile.
Elezioni Agcom: si rinnova “trasparenza zero”
Le elezioni dei commissari dell’Agcom si traducono nei fatti in una nomina discrezionale che avviene nelle segrete stanze della partitocrazia: trasparenza zero.
Questa volta, non soltanto la riconferma di zero trasparenza, ma anche una sorta di curiosa cortina fumogena, se è vero che nessun quotidiano nazionale ha segnalato la notizia della elezione (nomina) di Capitanio, e soltanto oggi, a distanza di una settimana, la rassegna stampa registra un qualche articolo, seppure su testate locali (in primis il “Giornale di Monza”, ma anche il “Giornale di Vimercate”, ed il “Giornale di Seregno”, ed ancora il “Giornale di Carate” e finanche il “Giornale di Desio”… tutte edizioni del gruppo lombardo Netweek, che pubblica 58 testate in 6 regioni, per oltre 550mila copie settimanali).
In particolare, si segnala quel che scrive oggi (5 aprile) il “Giornale di Monza”, testata locale ben affermata, quotidiano di cui è stato redattore lo stesso Capitanio: titolo: “L’onorevole della Lega Massimiliano Capitanio è il nuovo commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, firma del direttore, Sergio Nicastro (che pure onestamente conclude l’articolo con una nota simpatica, dichiarandosi amico del parlamentare). Sottotitolo: “Dalle nottate in Consiglio comunale all’Agcom. Gli esordi come cronista al Giornale di Vimercate e di Monza, poi l’approdo in Parlamento, da cui si dovrà dimettere. «Mai avrei sognato tutto questo»”. È ovviamente del tutto naturale che la testata pubblichi un articolo ben simpatizzante nei confronti del neo-eletto…
Sono interessanti, piuttosto, alcune tesi manifestate da Capitanio: scrive il “Giornale di Monza” che è salito, solo recentemente, agli onori delle cronache per i richiami a Dazn per i problemi di trasmissione del segnale e per le sanzioni alle compagnie telefoniche, solo per fare alcuni esempi. “La priorità è la realizzazione delle autostrade digitali per l’uso dei servizi telefonici e le trasmissioni televisive e radiofoniche… Gli scenari di guerra hanno dimostrato che il Paese deve rapportarsi in modo strutturato e non subalterno con le piattaforme social. Per me, l’aspetto fondamentale sarà sviluppare una cultura digitale”.
Capitanio, neo Commissario Agcom: “mai avrei sognato tutto questo”
Il quotidiano specifica oggi che, in questi giorni, di messaggi e telefonate a Capitanio ne sono arrivati tanti (“anche da rappresentanti del Pd, a partire dal presidente Debora Serracchiani, e dei Cinque Stelle, e questo mi ha fatto molto piacere perché significa che è stato colto il mio lavoro istituzionale”), di ringraziamenti ne ha fatti anche lui (“in primis a Matteo Salvini e Fabrizio Cecchetti, poi ai ministri Giancarlo Giorgetti, Erika Stefani e Massimo Garavaglia”). Da queste dichiarazioni – emerse oggi – si intravvede indirettamente una qualche traccia del “dietro le quinte” dell’elezione. Ed i dubbi iniziali di Capitanio paiono essersi dissolti: “quando mi è stata ventilata questa opportunità, non nascondo che ero dubbioso, dal momento che avrei dovuto rinunciare alla politica attiva”.
Il “Giornale di Monza” ricorda che, “di certo, in questi quattro anni, Capitanio non è rimasto con le mani in mano: dalla legge sull’Educazione civica al contrasto alla pirateria, da Concorezzo nel novero dei 12 Borghi del Futuro all’inserimento della metropolitana Cologno-Vimercate come priorità nell’ultima manovra di Bilancio, dall’attenzione al Tribunale e alla Questura di Monza al supporto a don Mario Ciceri di Sulbiate, fino ai fondi per le scuole di Correzzana, agli odg sugli sfollati di Bernareggio e al salvataggio delle Poste di Ruginello. Ma mancherà più il territorio a Capitanio o il contrario? «Non posso dirlo io, alcuni messaggi ricevuti mi hanno fatto capire che è stato colto il mio impegno per la Brianza e questo mi rende felice perché vuol dire che qualcosa di buono ho fatto»”. Senza dubbio, si tratta di un politico ben attivo – come s’usa dire – sul territorio.
Interessante, nella sua franchezza, la risposta alla domanda “Avrebbe mai pensato di arrivare a questo?”. Capitanio risponde: “No, pensavo di aver toccato la vetta dei sogni liceali arrivando in Parlamento. È un addio alla politica? No, direi solo un arrivederci…”.
Così ha commentato Adnkronos subito dopo l’elezione (il 30 marzo): “Massimiliano Capitanio, eletto oggi dalla Camera dei Deputati con più del 50 % dei voti dei presenti, è il nuovo consigliere dell’Agcom, che va a sostituire Enrico Mandelli, lasciando così alla Lega il compito di trovare un nuovo Capogruppo del partito in Commissione di Vigilanza Rai, un nuovo Segretario della stessa bicamerale e un attento componente della Commissione Poste e Telecomunicazioni di Montecitorio. Capitanio, infatti, si dimetterà dalla Commissione di Vigilanza e, più in generale, dalla Camera dei Deputati dopo la firma del decreto di nomina del presidente della Repubblica”. L’agenzia diretta da Gianmarco Chiocci (gruppo Giuseppe Marra Communications) ribadisce il dato dell’elezione con più del 50 % dei presenti, e ricorda brevemente la biografia: giornalista, vicedirettore della struttura stampa del Consiglio regionale della Lombardia prima del suo approdo in Parlamento e, negli anni ancora precedenti, Capo Segreteria e Responsabile Stampa dell’Assessorato Politiche Sociali della Provincia di Milano, consulente giornalistico per il programma “L’Ultima parola” di Rai2 (il controverso programma condotto da Gianluigi Paragone dal gennaio 2010 al giugno del 2013), Responsabile Politica e Cronaca Nera del “Giornale di Monza” e del “Giornale di Vimercate”.
Classe 1974, sposato, padre di due figli; laureato in Lettere Moderne con 110 e lode alla Cattolica di Milano, corso di perfezionamento alla Sda Bocconi in Management delle Pubbliche Amministrazioni, giornalista professionista iscritto all’Ordine dal 2002. Il quotidiano “Domani”, l’11 gennaio scorso, scriveva che “lobbisti e colleghi di altri partiti sanno che per avere rapporti con la Lega su infrastrutture e telecomunicazioni devono rivolgersi a Edoardo Rixi e al deputato Massimiliano Capitanio”.
Da segnalare che Capitanio è stato tra l’altro promotore di commendevole iniziativa, come promotore della legge che ha determinato il ritorno dell’educazione civile obbligatoria nelle scuole (legge n. 92 del 2019), con obbligo di voto in pagella.
Alcune posizioni di Capitanio (come parlamentare della Lega) sulla Rai…
Rispetto alla Rai (una delle aree di competenza dell’Autorità), vanno segnalate alcune prese di posizione, che immaginiamo Capitanio rinnoverà nella novella veste di Commissario Agcom, nella italica logica delle “sliding doors”…
Poco più di un mese fa, il 23 febbraio, manifestava apprezzamento per la “Risoluzione” approvata in Vigilanza Rai (praticamente all’unanimità) presieduta dal forzista Alberto Barachini, che riconosce il ruolo fondamentale della Testata Giornalistica Regionale (Tgr): “non solo chiediamo di mantenere degli spazi di informazione nella fascia serale, ma anche di sfruttare al meglio le opportunità fornite dalle nuove tecnologie e dalla interazione con le piattaforme social”. Il 10 febbraio 2022 dichiarava: “se le notizie riportate da ‘Il Riformista’ riguardanti il conduttore dalla trasmissione ‘Report’, Sigfrido Ranucci, venissero confermate, ci troveremmo davanti a fatti gravissimi. La Lega presenterà un’interrogazione in vigilanza Rai, anche a tutela della trasmissione e delle stesse persone che ci lavorano. Serve un’attenta riflessione anche dopo la notizia dei messaggi intercorsi tra il vice direttore di Rai3 e alcuni parlamentari. Anche quando ci siamo trovati sotto attacco, abbiamo sempre difeso la libertà di inchiesta e di informazione. Siamo contro il giornalismo a tesi e di dossieraggi”. Il 1° febbraio: “le polemiche di queste ore non sono un omaggio a Sanremo. Chi vuole trasformare l’Ariston in un comizio per la liberalizzazione delle droghe probabilmente confonde il Festival dei fiori con quello dell’erba”… Andando indietro nel tempo, emerge la presa di posizione sulla vicenda Fedez-Rai del “Concertone” del 1° maggio 2021: si ricorderà che la sera del concertone, durante la “festa dei lavoratori”, il popolare rapper se l’è presa soprattutto con i leghisti in merito al Ddl Zan, facendo l’elenco delle loro prese di posizione su omosessualità e scelte di genere… Dichiarò Capitanio: “vogliamo vedere il contratto tra la società esterna che ha organizzato il Concertone (si tratta della iCompany, che realizza la kermesse da otto anni, n.d.r.) e la Rai. Dalle prime verifiche che ho fatto, risulta che la Rai abbia speso circa 600mila euro tra costi esterni e costi di produzione. Chiederemo approfondimenti, per vedere se ci sono gli estremi per un esposto alla Corte dei Conti e per esprimere un atto di indirizzo in Vigilanza, affinché l’Azienda di Servizio Pubblico impugni il contratto alla luce dei gravi errori che ci sono stati sul palco del Concertone. E mi riferisco sia all’uso strumentale della festa dei lavoratori per parlare d’altro, senza contraddittorio, peraltro in una rete pubblica, e sia al mancato controllo sulla promozione di marchi pubblicitari da parte di Fedez, cosa assolutamente vietata dalle policy Rai”… Nel maggio del 2019, allorquando alcuni esponenti grillini dichiaravano di non voler rinnovare la convenzione con Radio Radicale, Capitanio si fece notare per una presa di posizione chiara: con un emendamento al “Decreto Crescita” a prima firma Massimiliano Capitanio, la Lega propose una proroga di sei mesi, con una copertura di circa 3,5 milioni di euro: “non vogliamo passare per quelli che chiudono le radio a causa di decisioni discutibili del passato. Ma bisogna rivedere la gestione delle risorse e l’affidamento dei servizi. Questa è una proposta-ponte, di traghettamento. L’auspicio è di coinvolgere la Rai ed eventualmente soggetti privati, come Radio Radicale, ma con tecnologie in grado di contenere i costi”…
Come dire?! Come campeggia sulla sua pagina web, lo slogan “La rivoluzione del buon senso” incarna lo spirito del personaggio.
Generalmente, in casi come questi, ad elezione avvenuta, si registra un profluvio di comunicati stampa e dichiarazioni politiche. In questo caso, invece, curiosamente, pochi sono emersi, almeno sulle agenzie stampa. Prevalente silenzio. Strana dinamica. Diffuso disinteresse?! Eppure – ribadiamo – la eletta schiera dei 5 commissari dell’Agcom ha un ruolo determinante nel sistema della comunicazione nazionale.
Alternativa (ex M5s): “elezione di Capitanio: ennesimo vergognoso atto di lottizzazione politica”
La prima reazione (ufficiale) della “politica” non è comunque stata esattamente benevolente: i parlamentari fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle, che si sono riuniti a fine febbraio 2021 nella componente L’Alternativa C’è (nel Gruppo Misto; componente divenuta nel novembre dell’anno scorso semplicemente Alternativa, movimento attualmente guidato da Pino Cabras), hanno sparato a pallettoni: “riteniamo l’elezione di Massimiliano Capitanio come componente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni l’ennesimo vergognoso atto di lottizzazione da parte della politica delle autorità indipendenti”.
I colleghi di Alternativa precisano: “non c’è nulla di personale nei confronti dell’onorevole Capitanio, ma non siamo assolutamente d’accordo con questo sistema, che vede le formazioni politiche spartirsi ogni brandello di potere e occupare qualunque poltrona. L’Agcom è un’autorità amministrativa indipendente di regolazione e garanzia e, sebbene i suoi membri vengano eletti dal Parlamento, sarebbe opportuno che fossero tecnici e non politici”.
Tesi condivisibile, ma non ci risulta che i parlamentari di Alternativa abbiano richiesto a Roberto Fico o a Maria Elisabetta Alberti Casellati di mettere in atto procedure diverse rispetto a quelle, oscure anzi misteriose, ormai purtroppo consolidate.
Unica voce che ha manifestato i propri complimenti a Capitanio – almeno sulle agenzie stampa, da una settimana ad oggi – è stata quella di Fabrizio Cecchetti, Vice Capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati e Coordinatore della Lega Lombarda per Salvini Premier: “l’uomo giusto per la sua competenza e preparazione per un incarico così delicato e complesso, e analoghi complimenti e auguri alla nostra storica militante brianzola, ed ex Sindaco di Cesano Maderno (in Provincia di Monza e della Brianza, n.d.r.),Marina Romanò, che subentra alla Camera dei Deputati al suo posto”.
Il neo-eletto lascerà il suo seggio alla Camera dei Deputati dopo la firma del decreto di nomina del Presidente della Repubblica, che si prevede entro fine aprile (tempi tecnici).
Tornando al tema della trasparenza, anche la notizia della imminente elezione del membro Agcom non è stata oggetto di attenzione mediatica di sorta. L’avviso per la presentazione delle candidature è stato pubblicato sul sito della Camera il 9 febbraio, le candidature dovevano pervenire entro l’11 marzo. Fino ad una settimana prima, erano pervenuti soltanto 14 curricula (come emerso dalla conferenza dei capigruppo).
Democrazia non avrebbe voluto che la nomina andasse ad un esponente (tecnicamente qualificato) “in quota” all’opposizione?!
“Key4biz” ha seguito la vicenda doverosamente: si rimanda all’articolo di Paolo Anastasio del 17 marzo 2022, “La nomina del nuovo membro dell’Agcom andrà all’opposizione?”, che segnalava – tra l’altro – l’avvenuta pubblicazione, il 16 marzo, sul sito web della Camera, dell’elenco delle candidature pervenute (49 candidature, di cui – si noti – soltanto 10 donne). Scriveva Anastasio, ricostruendo le dinamiche storiche: “dal 1997 a oggi, la nomina dei componenti del consiglio Agcom è sempre stato equamente divisa tra centrosinistra e centrodestra, tra maggioranze ed opposizione. Oggi si verifica nuovamente il caso imprevisto della nomina di un commissario in sostituzione di un altro venuto a mancare. Era già successo nella scorsa consiliatura, con la prematura scomparsa del compianto Antonio Preto. Allora Preto, che era stato nominato in quota centrodestra, fu sostituito con Mario Morcellini indicato dal centrosinistra”. E giustamente sosteneva: “non è, quindi, per nulla automatico che il nuovo commissario debba essere in quota Lega (che al momento si trova peraltro in una oggettiva condizione di isolamento), e si pone semmai un problema di “garanzia” e di presenza equilibrata tra maggioranza e opposizione, specialmente in considerazione delle prossime elezioni, che rappresentano uno degli ambiti più sensibili nel rapporto tra partiti e Agcom”. Concludeva Anastasio: “il Parlamento dovrebbe riconoscere la presenza dell’opposizione in seno al consiglio dell’Agcom, evitando colpi di mano dell’ultimo momento, che ledono il ruolo stesso di garanzia delle autorità indipendenti”.
Il Parlamento ha completamente ignorato queste sane argomentazioni. Di fatto, la “poltrona” della Lega resta assegnata ad un leghista. E non ci risulta che vi sia stata opposizione alcuna, se non giustappunto da parte degli esponenti di Alternativa. Per il resto, silenzio (parlamentare e politico) assoluto.
Lo stesso giorno, il 17 marzo, “Key4biz” dava spazio anche alla Commissaria Elisa Giomi, che sosteneva la necessità di “una svolta profonda nel metodo di selezione dei candidati, a fronte dei molti rischi di vulnerabilità e di cooptazione da parte della politica”, segnalando lo studio “The Selection of Regulators, or, the Political Economy of Regulation in Italy” di due ricercatori italiani, Leo Fulvio Minervino e Diego Piacentino (pubblicato sulla rivista “l’industria” edita da il Mulino, n°1/2021, gennaio-marzo), che ha dimostrato come, delle 32 nomine fatte a partire dal 1997 fino al 2019 nelle tre autorità indipendenti di regolazione dei mercati, ben 22 hanno riguardato politici o soggetti legati alla politica (vedi “Key4biz” del 17 marzo 2022, “Elisa Giomi (AgCom): “Modalità di selezione pubblica per il nuovo commissario segnale importante per indipendenza Autorità”). Segnalammo l’attività di questi due studiosi già su queste colonne: ne scrivemmo su “Key4biz” il 15 settembre del 2020 nell’articolo “I misteri dell’Agcom: dopo due mesi il nuovo consiglio non è ancora operativo”.
In verità, non ci sembra che la procedura rimessa in atto da Fico e Casellati abbia modificato di una virgola quel che è stato realizzato in passato.
Ma due anni fa, in occasione delle elezioni Agcom, emerse un qualche parlamentare dissidente…
Si ricorda che in occasione delle precedenti elezioni Agcom (luglio del 2020), almeno emerse una qualche voce di dissenso: la deputata Alessandra Ermellino (fuoriuscita dal Movimento 5 Stelle ed iscritta al Gruppo Misto, attualmente in Centro Democratico – Cd) indirizzò una “lettera aperta” al Presidente della Camera per denunciare l’assenza di trasparenza soprattutto nelle elezioni Agcom (senza ricevere risposta di sorta da Roberto Fico); Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra Italiana, che, poco prima delle votazioni a Montecitorio, dichiarò che “il voto avviene nell’oscurità dei criteri che presiedono alle scelte… è abbastanza sconcertante che si stiano eleggendo i consigli dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Garante per i Dati Personali come se fosse un mero atto burocratico”; la deputata Silvia Fregolent spiegò perché Italia Viva non ritenne opportuno partecipare al voto per Agcom e Privacy, per ragioni “sia di metodo che di merito”, precisando che “la nostra decisione è stata dettata dall’atteggiamento degli altri partiti della maggioranza che, invece di confrontarsi sulle questioni da noi sollevate, hanno scelto la strada di un accordo blindato”; Riccardo Magi, deputato di Radicali +Europa, denunciò la “solita lottizzazione politica”…
Va rimarcato che si tratta dello stesso deficit di trasparenza che si continua a registrare in occasione delle elezioni dei membri del Consiglio di Amministrazione della Rai. Si ricordi, in argomento, la presa di posizione assunta da questa testata, in occasione della procedurale elettorale 2018: vedi la “lettera aperta” redatta da alcuni candidati – Piero De Chiara, Marco Mele, Raffale Barberio (direttore di “Key4biz”), Patrizio Rossano, Giandomenico Celata –, indirizzata al Presidente della Camera, pubblicata da “Key4biz” del 2 luglio 2018, “Cda Rai, lettera aperta al Presidente della Camera Roberto Fico”). Chiedevano, i cinque candidati, con democratica semplicità, di promuovere almeno una sorta di questionario, una griglia di poche domande: “a nostro avviso, domande e risposte dovrebbero essere pubbliche e consultabili non solo dai deputati ma da tutti i cittadini e utenti del servizio pubblico. Un’alternativa, o un’integrazione a quanto sopra, potrebbe essere lo svolgimento di un incontro dei candidati con deputati e stampa in un’aula del Parlamento”. Inascoltati.
Per una vera trasparenza Agcom, serve una procedura comparativa, con audizioni pubbliche
Il 13 luglio 2020, un centro di monitoraggio indipendente qual è la Fondazione Openpolis sostenne che le “authority” in Italia sono divenute, una volta ancora, una “ennesima pedina nello scacchiere delle nomine pubbliche”: si tratta di “strutture che stentano ad essere realmente autonome, per un processo di nomine purtroppo fortemente politicizzato e poco trasparente”. Openpolis proponeva, in sintonia con quel che anche noi abbiamo sostenuto su queste colonne: “non si vuole contestare il principio per cui sia la politica (governo o parlamento) a fare queste nomine, ma il metodo andrebbe migliorato. Alcuni piccoli accorgimenti potrebbero migliorare il processo di selezione: (1.) Istituzionalizzare la pubblicazione di avvisi per la manifestazione di interesse per l’individuazione dei candidati alla posizione; (2.) Messa a disposizione dei cv ricevuti sui siti internet istituzionali; (3.) Ciclo di audizioni pubbliche (come per la nomina dei Commissari Europei) per una rosa di candidati individuati dalle commissioni competenti”.
Se i primi due criteri sono stati messi in atto (dopo una decisione avviata nel 2012 dall’allora Presidente della Camera Gianfranco Fini), il terzo “accorgimento” – l’unico che consentirebbe una seria procedura comparativa – è stato, ancora una volta, ignorato. Servirebbero audizioni pubbliche, o anche soltanto chiedere ai candidati una sorta di “manifesto programmatico”, o anche soltanto di rispondere ad un questionario ben strutturato. Openpolis si associava alla denuncia di deficit di trasparenza (trasparenza a metà?!) ma, ancora una volta, “il voto invece seguirà altre logiche, che rimangono nascoste allo scrutinio pubblico”. E così purtroppo è stato.
L’avviso recita: il neo Commissario “sarà scelto sulla base del merito, delle competenze e della conoscenza del settore, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale”. Il “dietro le quinte” di questa scelta parlamentare è ignoto, almeno per i comuni cittadini: nebbia assoluta.
Il 6 giugno del 2012, la Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) denunciava: “nomine Agcom: impressionante sordità delle istituzioni rispetto alle richieste di trasparenza”. Son passati quasi 10 anni da allora: la sordità delle istituzioni s’è aggravata.
Questa volta, in più, silenzio assoluto da parte dei nostri (circa) 1.000 parlamentari (a parte, e comunque… “ex post”, ad elezione avvenuta, del gruppo Alternativa). Incredibile, ma vero.
In questa nebbiosa vicenda delle elezioni dell’Agcom, la “Storia” purtroppo si ripete, ed il dominio della partitocrazia si rinnova, con buona pace della trasparenza, della tecnocrazia, e – in fondo – della democrazia stessa.
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