Da Key4Biz (11.11.21): Esclusiva, il testo della Direttiva Servizi Media Audiovisivi
Ma le modifiche alle percentuali di affollamento pubblicitario avvantaggiano solo Mediaset e i broadcaster commerciali, e paradossalmente non anche Rai?! Non è dato sapere: si governa nasometricamente.
Qualcosa non quadra: giovedì scorso 4 novembre 2021, il Consiglio dei Ministri ha approvato 18 decreti legislativi di recepimento di Direttive Europee, tra i quali è senza dubbio di particolare interesse per il settore audiovisivo e radiotelevisivo quello relativo alla cosiddetta “Direttiva Smav”, ove “Smav” rappresenta l’acronimo di “Servizi Media Audiovisivi” (approvata nel 2018).
La Direttiva in questione è stata approvata veramente con modalità “last minute”: il 23 settembre 2021 era stata resa pubblica la notizia che la Commissione Ue aveva dato il via ad azioni legali nei confronti di ben 19 Stati membri, che non avevano intrapreso le misure necessarie per l’adozione della legislazione digitale nell’ambito dei media audiovisivi. Bruxelles stava procedendo all’invio di pareri motivati ad Italia, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Spagna, Croazia, Cipro, Slovenia e Slovacchia. Tutti i 27 Stati sono tenuti a recepire nei rispettivi ordinamenti nazionali, senza ulteriore ritardo, la Direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi ed a informare la Commissione in merito a tale recepimento, la cui scadenza era il 19 settembre 2020… A distanza di un mese e mezzo, l’Italia si è salvata in corner.
Questo recepimento determina conseguenze significative sull’assetto del sistema mediale italiano.
Perché non ne sta parlando (scrivendo) quasi nessuno?
Perché soltanto “Key4biz” ritiene che il provvedimento dovrebbe essere invece oggetto di una analisi attenta ed accurata, sia per comprenderne al meglio le conseguenze sia per capire quale sia stato il “dietro le quinte” che l’ha caratterizzato?!
Due le questioni senza dubbio rilevanti: l’incremento degli obblighi di produzione in opere audiovisive indipendenti nazionali ed europee e le modificazioni agli affollamenti pubblicitari. Da non trascurare naturalmente anche la tutela dei minori, la repressione dei discorsi di incitamento all’odio…
Abbiamo dedicato molta attenzione intanto ai primi due temi (sugli altri, torneremo presto), su queste colonne: da ultimo, nell’edizione di ieri, vedi “Key4biz” del 10 novembre 2021, “Direttiva “Smav”, ridotto l’affollamento pubblicitario Rai: – 150 milioni di euro l’anno?”.
Nell’edizione di ieri di questa rubrica “ilprincipenudo” (ovvero “ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale”) ci siamo giustappunto concentrati sulle conseguenze della riduzione degli affollamenti pubblicitari della Rai.
Nessuna reazione da Viale Mazzini.
Perché Rai tace, rispetto alla modifica degli affollamenti pubblicitari imposta dalla Direttiva?!
Delle due, l’una:
- o si ritiene che forse il provvedimento non determini conseguenze così gravi come quelle previste dallo stesso Amministratore Delegato Carlo Fuortes di fronte alla Commissione Parlamentare di Vigilanza il 12 ottobre (perdite di ricavi stimate tra i 50 ed i 130 milioni di euro l’anno), e quindi quella sortita a San Macuto è stata una simpatica sceneggiata…
- oppure si accusa il colpo in modo terribilmente silente, e si cerca di identificare una possibile difficile strategia difensiva, un “piano B” che riteniamo possa essere rappresentato da una soluzione soltanto, ovvero richiedere al Governo di “compensare” i minor ricavi (se…) derivanti dalle modificazioni agli affollamenti con la cancellazione della imposta governativa sulla concessione radiotelevisiva.
Altra ipotesi, ardita tesi: l’intervento sulle quote di affollamento pubblicitario non è realmente in fondo così negativo per Rai.
Si tratta di tesi ardita, ma che merita attenzione: secondo una possibile interpretazione, le novelle quote avvantaggiano sicuramente Mediaset e gli altri broadcaster commerciali, ma vanno a beneficio anche di Rai.
In effetti, la Rai, negli anni passati, con la politica degli sconti selvaggi, ha determinato una continua perdita di valore degli investimenti pubblicitari (secondo alcuni analisti pubblicitari avrebbe addirittura “svaccato” il mercato), ed ha gonfiato strumentalmente le proprie potenzialità di raccolta, con la logica degli affollamenti cumulati sulle tre reti generaliste, di spot Rai 1 a discapito delle altre reti.
Con il recepimento della “Direttiva Smav”, si definisce che gli affollamenti sono giornalieri, e la Rai è costretta a passare ad una logica (e calcolo) rete per rete.
La flessibilità introdotta dalla Direttiva favorirebbe anche Viale Mazzini, secondo questa interpretazione, perché incrementa gli affollamenti giornalieri (prima per Rai settimanali) dal 4 % al 7 % per ogni rete, ed al 6 % dal secondo anno.
Secondo questa tesi (che abbiamo verificato essere condivisa da alcuni analisti del mercato pubblicitario), quindi, la perdita reale di Rai sarebbe minore di quella prospettata, anche grazie alla chance di far leva sui prezzi, così recuperando eventuali scompensi.
E già ieri abbiamo segnalato che qualche settimana fa Rai Pubblicità ha aumentato i listini di un 10 %: il 20 ottobre Rai Pubblicità ha effettivamente presentato l’offerta per dicembre e per le festività (per le 5 settimane che vanno dal 5 dicembre 2020 all’8 gennaio 2021), ed è emerso che la politica commerciale è sì in continuità con quella del precedente autunno, ma con variazioni tariffarie che si concentrano in particolare nelle fasce di “access” e “prime time” di Rai1 (come… ovvio, vista la capacità di “appealing” della rete ammiraglia), portando ad una crescita media dei prezzi del 10 %, sia sui canali generalisti che specializzati.
La programmazione pubblicitaria Rai per le festività: i prezzi crescono del 10 %
La programmazione Rai di dicembre andrà in continuità con il palinsesto autunnale e sfrutterà la platea natalizia per lanciare i nuovi titoli dell’inverno.
Tra dicembre e gennaio, proseguiranno alcune stagioni dell’autunno come “The Voice Senior” e termineranno programmi di punta come “Il Collegio” (vedi infra) e “Ballando con le stelle”. In attesa del “Festival di Sanremo” 2022, sono in programma 4 appuntamenti firmati Amadeus: “Sanremo Giovani”, “L’anno che verrà” e gli speciali de “I soliti ignoti” dedicati a Telethon e alla Lotteria Italia. Rai1 aprirà il 2022 con Roberto Bolle e con la quinta edizione di “Danza con me”; su Rai2, tornerà Enrico Brignano con “Un’ora sola vi vorrei”, e Rai3 offrirà al suo pubblico una serata speciale dall’Arena di Verona dedicata al concerto-tributo a Franco Battiato a cura di Pif… Nell’offerta Rai per le feste, non mancherà il cinema: su Rai1, tra novità e classici della Disney, saranno in programmazione le prime visioni di “Maleficent – Signora del male” e “Il ritorno di Mary Poppins”, oltre a “Cenerentola” e “La bella e la bestia”; su Rai2, “Gli Aristogatti” e “Alla ricerca di Dory” e sui tv movie alcuni film inediti a tema natalizio quali “Christmas Waltz”, “Un Natale senza tempo”, “A Christmas Carousel” e “Feliz Navidad”; per Rai 3, poi è in programma un trittico di grande cinema internazionale con “Un giorno di pioggia a New York” di Woody Allen, “Alìta, angelo della battaglia”, prodotto da James Cameron, e “L’ufficiale e la spia” di Roman Polanski. Per Rai Fiction, saranno 9 i titoli inediti tra serie e tv movie, a partire dalle stagioni finali di “Cuori”, “Non mi lasciare”, “Un professore”, “Blanca” e “Mare Fuori”. Nelle settimane natalizie, Rai1 darà spazio ad alcune serate evento: “Non ti pago” e “Sabato”, domenica e lunedì, due nuovi capitoli della collection dedicata ad Eduardo De Filippo, interpretato da Sergio Castellitto, e “Carla”, la prima fiction girata all’interno del Teatro alla Scala in omaggio a Carla Fracci con Alessandra Mastronardi come protagonista. La fiction chiude poi la programmazione delle feste con una “preview” dell’inverno, ovvero “Il giro del mondo in 80 giorni”…
Ma perché la Rai deve dipendere dal mercato pubblicitario e non seguire il modello Bbc?
Fuochi di artificio di Rai Pubblicità?! Forse.
Analizzando questo palinsesto offerto agli investitori, una domanda sempiterna emerge: qual è la differenza sostanziale di questa proposta rispetto a quella delle emittenti commerciali?!
E qui si dovrebbe aprire il capitolo, non ancora ben definito, del profilo identitario del servizio pubblico mediale italiano, che ancora una volta oscilla tra “Stato” e “Mercato”…
Chi redige queste noterelle (che studia le politiche e le economie mediali da trent’anni) è profondamente convinto che la Rai dovrebbe essere:
- garantita per legge (norma stabile di lungo periodo) nella entità delle sue risorse economiche, a fronte di un “contratto di servizio” serio e documentato (costi / ricavi e sinallagma preciso), e non evanescente sostanzialmente inutile come quelli finora stipulati;
- completamente affrancata dalla servitù nei confronti della pubblicità, che e deve restare risorsa tipica del “broadcasting” commerciale: qualcuno si sognerebbe forse di mettere cartelli pubblicitari nelle scuole e ospedali?! Ed il servizio pubblico mediale non ha la stessa importanza dell’educazione e della sanità?!
Ricca e forte e libera, come la Bbc. Una ricetta assai semplice, in fondo.
La pubblicità disturba e talvolta inquina la programmazione Rai: un caso eclatante è rappresentato da “Il Collegio”, su Rai2, un programma che riteniamo ben curato e stimolante (versione italiana basata sul format britannico “That’ll Teach ‘Em” di Channel 4; prodotta in Italia da Magnolia e poi dalla filiale italiana del gruppo francese Banijay; è in onda la sesta edizione; nel maggio 2020 è stato annunciato il rinnovo fino al 2024), ma inzeppato di pubblicità ad un livello veramente fastidioso. Il format è un prodotto di successo: la quinta stagione è stata quella più seguita, con 6 serate su 8 vinte sul pubblico “under 55”, conquistando il primo posto come programma “vod” più visto dell’autunno su RaiPlay con 46,5 milioni di “views”. Il “docu-reality” trascina così tanto i giovani, che nell’ultima edizione le ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno registrato picchi di share del 72 %…
Ha sostenuto, rispetto al successo anche pubblicitario de “Il Collegio”, Laura D’Ausilio, Responsabile Area Iniziative Speciali di Rai Pubblicità: “il nostro punto di forza sta nell’aver trasformato lo spazio pubblicitario in un momento di ‘branded entertainment’ grazie alle ‘branded stories’, soggetti originali che utilizzano la narrativa delle serie televisive per un’esperienza di fruizione più coinvolgente. Rai Pubblicità è consapevole di quanto la coerenza tra le storie raccontate nel programma e i valori del brand sia il vero fattore che crea attenzione, ricordo e gradimento del messaggio commerciale”.
Naturale sorge la domanda: ma perché diavolo la televisione pubblica deve assecondare queste logiche, che sono naturali nel broadcasting commerciale???
Passando dalla “teoria” alla “pratica”… Ci risulterebbe che ieri, in Consiglio di Amministrazione Rai, l’Amministratore Delegato di Rai Pubblicità Gian Carlo Tagliavia avrebbe stimato in circa 40 milioni di euro il rischio di minor ricavi per la tv pubblica, dai nuovi “tetti” pubblicitari: una stima quindi inferiore al livello minimo del campo di oscillazione 50 / 150 milioni prospettato dall’Ad Rai Carlo Fuortes un mese fa in Vigilanza.
Ricordiamo cosa aveva sostenuto lo stesso Tagliavia in occasione dell’audizione di fronte alla Commissione Lavori Pubblici del Senato due mesi fa (il 15 settembre): “la Direttiva stabilisce un principio, ovvero che le emittenti dispongano di maggiori flessibilità per capire quando trasmettere la pubblicità, quindi uno spirito espansivo a sostegno dei bisogni delle aziende, e inoltre non distingue tra operatori privati e pubblici con l’intento di aiutare tutti gli operatori. Noi in questi anni abbiamo sempre applicato il limite del 4 %… Stante la formulazione del provvedimento, suggeriamo di mantenere la soglia del 7 % già prevista per l’anno 2022 e chiediamo che venga mantenuta anche negli anni successivi e introdurre una nuova parte di flessibilità calcolando i limiti giornalieri per giorno per le fasce, ma non per canale ma nel complesso dei canali generalisti”. Proprio su questo ultimo punto, il senatore Massimo Margiotta (Partito Democratico, relatore in tandem con Massimo Mallegni di Forza Italia) ha chiesto maggiori delucidazioni: “ci può spiegare il meccanismo e darci qualche numero?”. Questa la risposta dell’Ad di Rai Pubblicità: “il bilanciamento va trovato tra il limite orario del 12 % e il limite settimanale del 4 %. Il 12 % orario viene allocato dove ci sono le trasmissioni che hanno più seguito e deve rientrare nel 4 % della settimana. Rai e Rai pubblicità stanno gestendo i canali generalisti in maniera separata e trovando un equilibrio tra esigenze commerciali e di palinsesto”. Queste tesi non sono state accolte dal Governo.
Si noti comunque la risposta alla domanda generica del relatore del provvedimento è stata altrettanto generica. Rai ha forse fornito un dossier di ricerca in materia o qualche elaborazione predittiva? No.
È opportuno riportare anche il botta e risposta di Rai con il co-relatore Massimo Mallegni: “il decreto agisce su determinate questioni, voi ragionate su quella pubblicitaria, ma c’è anche la questione sugli investimenti, aderite a questa proposta? Un servizio pubblico che riceve 1,8 miliardi l’anno dai cittadini, non potrebbe pensare di rinunciare alla pubblicità?”, ha chiesto senza giri di parole il senatore di Forza Italia. Rispondeva l’allora Direttore della Direzione Relazioni Istituzionali della Rai, Stefano Luppi: “riteniamo che la pubblicità sia importante in qualità di servizio pubblico anche a favore delle aziende, è importante che un contesto come la Rai ospiti i messaggi delle aziende. Sull’extragettito che è stato cancellato con l’ultima legge di bilancio e ora in bolletta, la separazione contabile ci dice che le risorse da canone sono insufficienti a coprire i costi dell’emissione del servizio pubblico da qui l’importanza dei canoni pubblicitari”. Veramente opinabile (e fragile) la tesi di Lupi sulla presunta funzione di servizio pubblico della Rai come medium pubblicitari: “servizio pubblico a favore delle aziende”??? Luppi egregio: non pensa che questa “funzione” possa essere ben assolta dalle emittenti televisive commerciali?!? E va ricordato che il 15 ottobre Luppi è stato designato Coordinatore del “Gruppo di Lavoro” per il nuovo Contratto di servizio, affiancato da Cinzia Squadrone (cooptata dalla Presidente Rai Marinella Soldi), che ha guidato la Direzione Marketing Rai dal dall’ottobre 2015 all’ottobre 2018 (quando Dg era Antonio Campo Dall’Orto).
Temiamo che deriva pubblicitaria si rinnovi…
Quel che ci (ri)domandiamo, a fronte di numeri ballerini ed erratiche previsioni, e contrapposte tesi (anche su questo specifico tema degli affollamenti pubblicitari) è: durante l’iter del provvedimento, qualcuno, tra Parlamento ed Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, si è preso la briga di produrre un dossier tecnico su queste materie? No.
E quindi, sulla base di quale “valutazione” (se non nasometrica, una volta ancora) sono state assunte decisioni così delicate in una materia così complessa?!
Ribadiamo: no analisi di scenario; no valutazioni di impatto. Nasometria governativa.
Nasometria anche – si noti – da parte degli “stakeholder”, anche se immaginiamo che qualche elaborazione sia stata prodotta (ad uso interno, ça va sans dire) dalla Direzione Marketing di Viale Mazzini ovvero dall’Ufficio Studi. Certamente non pervenuta alla pubblica opinione, e nemmeno alle istituzioni competenti. In verità, molti osservano da alcuni anni la assai debole capacità di “lobbying” di Rai, a fronte di soggetti come Mediaset e Netflix…
Nel complesso, comunque, una approssimazione di metodiche, che finisce per consentire, nel caso specifico, l’affermazione della tesi “alfa” (Rai subisce pesante danno!) ovvero la negazione della stessa con una contrapposta tesi “beta” (Rai beneficia del provvedimento!).
“Flessibilità” coniugata ad approssimazione
D’accordo, la Direttiva prevede “flessibilità”, e questa flessibilità è stata richiamata anche dall’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni guidata da Giacomo Lasorella nell’iter del provvedimento: ma il termine (concetto) può essere interpretato utilizzando un campo di oscillazione numerico discretamente ampio: che dire? 4 % o 6 %o 7 % o 12 % o…
Ciò basti, per avere conferma di come si (mal) governa in Italia.
A presto, sempre su queste colonne.
Tutto ciò premesso, dato che nessuno ne scrive, e dato che la pubblicazione del provvedimento tarda ad apparire sulla Gazzetta Ufficiale (è trascorsa una settimana dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri venerdì scorso: perché questo ritardo?!), IsICult ritiene che possa essere resa di pubblico dominio la versione del testo della Direttiva che è entrata nella riunione di pre-consiglio.
Sarà interessante verificare anche eventuali modifiche apportate in modalità “last minute”, prima dell’“imprimatur” per la Gazzetta Ufficiale… Come suol dirsi, il diavolo spesso si nasconde nei dettagli.
È, anche questo, riteniamo un modo per stimolare un dibattito pubblico e plurale su tematiche che riteniamo siano fondamentali per l’economia e soprattutto per l’ecologia del sistema mediale (e culturale) italiano.
Clicca qui, per la versione della “Direttiva Smav” portata al tavolo del pre-consiglio di Palazzo Chigi, per l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 novembre 2021: “Decreto legislativo recente attuazione della Direttiva (Ue) 2018/1808 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della Direttiva 2010/13/Ue, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri, concernente il Testo Unico per la fornitura di Servizi di Media Audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione della realtà di mercato”
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