Il discorso del Premier alla Camera e in Senato: coro di entusiasmo dalla stampa, ma tutti lo attendono alla prova dei fatti. Tra i dossier importanti e urgenti, la rete unica e la riforma della Rai.

Il Governo guidato da Mario Draghi è ormai insediato, ma verosimilmente non si avrà l’eletta schiera dei Sottosegretari prima di lunedì, anche perché i sommovimenti interni al Movimento 5 Stelle stanno determinando una complessificazione della ripartizione “in quote”.

Anche la Camera ha votato la fiducia al nuovo governo: i “sì” sono stati 535, i “no” 56, e 5 gli astenuti. Una maggioranza impressionante, sebbene non sia stato raggiunto il record che ottenne Mario Monti il 18 novembre 2011, al suo esordio, registrando allora ben 556 voti favorevoli.

Tra i deputati grillini, 16 hanno votato contro, 12 erano assenti, 4 si sono astenuti…

In Senato, Draghi aveva conteggiato 262 “sì”, 40 “no” e 2 astenuti.

Ed il Movimento 5 Stelle ha deciso di espellere i 15 senatori (tra i quali Barbara Lezzi e Nicola Morra) che non hanno votato la fiducia a Draghi.

Molti attendevano che Draghi completasse presto la sua “squadra”, ma è emersa l’esigenza di una ulteriore riflessione. Il piano per la “ricostruzione” del Paese e per uscire dalle emergenze richiede con urgenza la nomina di Sottosegretari e Vice Ministri, indispensabile anche per far ripartire i lavori a Camera e Senato su provvedimenti urgenti. Il dossier si chiuderà entro martedì con il giuramento a Palazzo Chigi.

Il Consiglio dei Ministri infatti non è stato ancora convocato, ma è probabile che si tenga lunedì prossimo 22 febbraio.

In corso la divisione “cencelliana” dei 40 Sottosegretariati

A complicare lo scenario, è la “condizione di salute” dei grillini, che potrebbe modificare le dimensioni delle “fette” della “torta” del “sottogoverno: con i numerosi “no” alla fiducia, sia a Camera che a Senato, il M5S potrebbe vedere tagliata la propria quota, che da 14 sarebbe scesa oggi a 10.

I partiti sono al lavoro per proporre al premier una lista di nomi e lo schema di massima dovrebbe seguire la divisione “cencelliana” dei 40 posti da Sottosegretario: 7 ciascuno a Pd, Lega e Forza Italia, 2 ad Italia Viva, 1 a Leu e una quota riservata ai piccoli partiti (centristi, Maie, +Europa). Il partito di Matteo Renzi parrebbe però stia rivendicando una “casella” in più: 3 Sottosegretari, oppure 1 Vice Ministro e 2 Sottosegretari. Alcuni osservatori ritengono che la redistribuzione delle poltrone voluta dal leader di Italia Viva stia rallentando la trattativa…

Tra le notizie del giorno, Rocco Casalino fa sapere che potrebbe candidarsi alle prossime elezioni, e già soltanto questo annuncio potrebbe colorire ulteriormente lo scenario che si è venuto a determinare in queste settimane…

In effetti, le “inversioni ad U” ormai non si contano più, e l’editorialista del “Corriere della Sera” Antonio Polito, per cercare di “spiegare” queste fantasiose giravolte, oggi ha dedicato una gustosa pagina intera (intitolata “Romanzo del nuovo Governo”) ai vari leader di partito in un florilegio di citazioni letterarie, attingendo anche ad alcuni capolavori della letteratura: per Matteo Salvini, evoca “Grandi speranze” di Charles Dickens; per Vito Crimi, “Buio a mezzogiorno” di Arthur Koestler; per Silvio Berlusconi, “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler; per Nicola Zingaretti, “I Buddenbrock” di Thomas Mann; per Matteo Renzi, “Il Fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello; per Giorgia Meloni, “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci…

Alchimie

Sarà molto importante comprendere come Mario Draghi riuscirà a comporre il puzzle del cosiddetto “sottogoverno”: in verità, la nomina dei Sottosegretari è decisiva anzitutto per le alchimie partitiche, ma poi si tratta di verificare che “deleghe” concretamente operative verranno assegnate dai Ministri. E la storia italiana insegna che, spesso, queste deleghe vengono assegnate anche a distanza di mesi dalle nomine: speriamo che, questa volta, se “new deal” ha da essere, non sia così.

Oggettivamente, il Premier ha a che fare con una maggioranza che definire “composita” è un simpatico eufemismo: ribadiamo le perplessità che abbiamo manifestato su queste colonne: d’accordo, essenziale per il Paese è la miglior gestione del “Recovery Plan” alias “Next Generation Ue” ed il superamento della fase emergenziale da pandemia, ma all’interno dell’Esecutivo (e nella maggioranza che lo sostiene) convivono contraddizioni interne di dimensioni enormi, che temiamo emergeranno al primo voto su questioni essenziali.

Le latenti “contraddizioni interne” del Governo e della maggioranza che lo sostiene si riscontrano anche rispetto a questioni nodali del sistema culturale e mediale nazionale: dal destino della mitica “rete unica” al servizio radiotelevisivo pubblico… Il rischio di dilazione e stallo è dietro l’angolo.

Attendiamo la nomina dei Sottosegretari, per cercare di capire meglio se il Governo, su queste tematiche, intende manifestare dei segnali di preannuncio strategico.

Analisi del discorso del Premier: un coro di “giornalisti ultrà” per Super Mario?

Per ora, non possiamo che osservare le prime sortite del capo del Governo: c’è chi si è dilettato in una analisi del discorso (durato 51 minuti in Senato) e chi si è concentrato sulla prossemica (lo sguardo sempre molto serio, anzi serioso, da gelido tecnocrate, con soltanto un guizzo di emozione, a chiusura dell’intervento con un appello all’“amore per l’Italia”).

Stefano Rolando, Direttore Scientifico dell’Osservatorio sulla Comunicazione Pubblica, il Public Branding e la Trasformazione Digitale dell’Università Iulm di Milano, ha fatto elaborare al suo staff un utile documento che propone anzitutto il testo delle dichiarazioni programmatiche del Presidente al Senato, ma soprattutto una rassegna di trenta commenti della stampa italiana nella giornata di giovedì 18 febbraio.

La frase che forse sintetizza meglio gli intendimenti di Draghi è questa: “vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”.

È un programma ideologico – per quanto generico – chiaro, che mostra un premier che non è appassionato soltanto di finanza (in argomento, si ricordi che Gianluigi Paragone, promotore del movimento Italexit, lo continua a definire “incappucciato della finanza”, e Paolo Senaldi l’ha apostrofato su “Libero” come “l’eroe delle tre banche” ovvero Bankitalia, Bce e Goldman Sachs).

Si noti che il Premier cita Papa Francesco e riporta dati della Caritas nel suo discorso, segnalando che dal 2019 al 2020 i nuovi poveri sono passati dal 31 al 45 per cento… Ma emerge anche la citazione tecnicistica (da economista e statistico), quando si riferisce all’indicatore del “coefficiente di Gini”, ovvero l’indice delle differenze nella distribuzione del reddito, che è aumentato di 4 punti percentuali…

Potenza culturale

Nel discorso alla Camera, ci piace osservare che sostiene “siamo una grande potenza culturale”, e qui inevitabile giunge l’eco delle tesi di cui si è fatto per primo promotore in Italia l’ex Sindaco di Roma (e Presidente dell’Anica da qualche anno) Francesco Rutelli, sulla importanza della cultura come strumento anche di diplomazia internazionale, oltre che di promozione del “made in Italy” ovvero dell’“Italian Way of Life”.

Commette un errore Draghi, e Giancarlo Giorgetti, neo Ministro per lo Sviluppo Economico (Mise), prontamente lo corregge: i ricoverati in terapia intensiva sono duemila, e non… due milioni (!). Alcuni senatori giungono alla conclusione che anche Draghi può sbagliare, e quindi è… umano (si ricordi che qualche delirante complottista ha sostenuto che sarebbe addirittura un… rettiliano!).

A proposito di… prossemica e ritualità: Francesco Verderami, sul “Corriere” di oggi, segnala un “dettaglio”, in materia, ovvero che Draghi, ad un certo punto, stava per plaudire ad un intervento di un senatore, ma sarebbe stato tempestivamente consigliato da Giorgetti di non fare un gesto del genere, ritenuto inappropriato per il Presidente del Consiglio.

Alessandro Sallusti, in un editoriale di ieri 18 febbraio intitolato “Ma io mi dissocio dal mio ‘Giornale’”, ha osservato come Draghi “non abbia mosso neppure il sopracciglio ascoltando per otto minuti il senatore Toninelli, già agente assicurativo di Soresina, che gli spiegava con piglio deciso e italiano incerto le cose da fare, molte delle quali sono le stesse che lui e i suoi amici Cinque Stelle non sono riusciti a fare nei loro quasi tre anni di governo”. Divertente. E commenta: “non ci aspettavamo un plateale vaffa, ma un sorriso compassionevole ci avrebbe lasciati più tranquilli sul prosieguo del cammino del governo”.

Retorica?

Il giudizio più severo e – va notato – controcorrente l’ha espresso su “Libero Quotidiano” il direttore Vittorio Feltri, in un editoriale intitolato “La fiera della banalità. Tanta retorica”. Scrive l’eterodossa firma: “i politici sanno usare solo la lingua. Draghi promette: «Mobilitazione sui vaccini», «ridurre l’arretrato accumulato dagli statali», «riformare fisco e giustizia». I senatori ripetono delle ovvietà per ore. Noi aspettiamo i fatti”.

Giuliano Ferrara su “il Foglio” l’ha invece apprezzato, definendolo “impeccabile” e “impenetrabile”, ed addirittura citando Churchill: “di Mario Draghi si vede solo quello che decide di far vedere, e si ascolta in un italiano magistrale, asciutto, pulito senza ostentazione, soltanto, esclusivamente quello che intende esprimere in quel momento. Nella dissipazione si può dissimulare, eludere, sviare con il paradosso e il sofisma, cose che capitano agli irresponsabili che chiacchierano e scribacchiano, ma nella continenza del funzionario e dello statista si realizzano la responsabilità, il dovere di essere sinceri nell’efficacia”.

Marco Franchi, su “il Fatto Quotidiano”, ha notato ieri come sia affollato “il coro dei giornalisti ultrà per Mario”, quasi ad auspicare un “Santo Subito”, analizzando come i “social” della quasi totalità dei direttori dei quotidiani “grondano melassa”. Abbondano aggettivi come “elegante”, “autorevole”, “appassionato”, “serio”, “colto” e finanche “perfetto”. Scrive Franchi, con ironia: “il draghismo è un sentimento collettivo: è difficile, a memoria, ricordare un leader politico a cui sia stato tributato un apprezzamento tanto unanime. Da giornalisti, politici, associazioni, interpreti avario titolo dell’opinione pubblica. A ogni parola di Draghi corrisponde un cinguettio amoroso. Questa è una breve cronaca del discorso di Draghi nelle parole degli altri”. E cita finanche l’Accademia della Crusca, che ha benedetto: “un discorso da uomo colto, perfetto, che ha dimostrato ancora la sua elevata statura. Inutile andare a caccia di imperfezioni linguistiche, non troveremmo niente di più di un lapsus dettato dall’emozione”.

Il Premier non si è espresso su reddito di cittadinanza e blocco dei licenziamenti

Alcuni analisti sostengono che questa fase di “apprendistato” di come muoversi nel Palazzo non sarà facile, né rapida, e che forse lo stesso Draghi non si è reso conto delle difficoltà che dovrà incontrare soprattutto a causa della pesantezza della “macchina” partitico-partitocratica e della complessità delle posizioni dei suoi attuali sostenitori.

L’orizzonte temporale di Draghi, se non cadrà su una qualche mina, è quello di ventisei mesi… ma resisterà così tanto questo Governo “di tutti” (o quasi, per ora, all’opposizione resta fiera soltanto Giorgia Meloni ed il suo Fratelli d’Italia, ma è prevedibile la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare che potrebbe associare i dissidenti del M5S e di Liberi e Uguali)?

Riuscirà questo nuovo Governo a darsi una prospettiva lunga, o sarà costretto a seguire le elezioni anticipate, forse non appena superato il confine del semestre bianco e della elezione del prossimo Presidente della Repubblica (prevista subito dopo la fine di gennaio del 2022)?!

Gli scogli che il Premier deve affrontare sono numerosi, e pericolosi: basti citare, tra i pilastri della incerta attuale nostra economia, il blocco dei licenziamenti ed il reddito di cittadinanza

Su queste due questioni essenziali, Draghi non si è espresso, e già questo la dice lunga.

Ha commentato Massimo Cacciari sulle colonne de “La Stampa”: “l’uomo non si discute, le sue possibilità di rivoltare il paese sì. Come li metti d’accordo Forza Italia e Cinque Stelle sulla giustizia?”. Ha perfettamente ragione, e resta senza risposte un’altra sua domanda, precisa: “lo ius culturae evocato da Zingaretti lo vedremo mai in un governo con Salvini?”.

Cultura e media non rientrano tra le priorità, ma rete unica e Rai sono dossier urgenti

Certamente, il sistema culturale e mediale non rientra tra le priorità del Presidente del Consiglio, e quindi si deve pensare che sarà il titolare del neo-denominato Ministero della Cultura (a proposito: “della” o “per la” cultura?! e non si tratta di un dettaglio da poco…) Dario Franceschini, ad avere la regia degli interventi, insieme al titolare del Mise Giancarlo Giorgetti.

Il titolare dell’ex Mibact (il Turismo è infatti stato scorporato ed elevato a dicastero a sé, affidato al leghista Massimo Garavaglia) ha così commentato, mercoledì, il discorso del Premier al Senato: “la cultura è tra i pilastri dell’agenda di Draghi. Il richiamo del Presidente Draghi al ruolo dell’Italia come  grande potenza culturale  indica con chiarezza quale sarà l’orientamento dell’azione governativa in questa difficile situazione, così come le indicazioni al dovere di promuovere la cultura insieme alla formazione e all’educazione; alla necessità di una maggiore consapevolezza del nostro primato culturale; alla opportunità di investire sulla transizione culturale partendo dal patrimonio identitario umanistico, sull’accesso paritario alla formazione ambientale, sulla manutenzione del territorio e sulla capacità di preservare e tutelare le città d’arte, i luoghi e le tradizioni come chiave di una crescita economica sostenibile”.

Bene, fin qui: discorsi alti e tesi colte.

Anche qui, dichiarazioni nobili, apprezzabili intendimenti, che però debbono essere tradotti in fatti concreti: budget adeguati, gestioni efficaci, massima trasparenza nella utilizzazione dei danari pubblici per rigenerare il sistema culturale nazionale.

Ci permettiamo di ricordare al neo Presidente del Consiglio che Alitalia ed Ilva sono dossier certamente importanti per il Paese, ma, per favore, metta mano, presto e bene, anche alla riforma della governance della Rai, alla strategia più ragionevole per la rete unica, e alla rimodulazione dell’intervento dello Stato nel sistema della cultura (alla luce delle drammatiche conseguenze della pandemia nel tessuto imprenditoriale e creativo delle industrie culturale)…

Attendiamo fiduciosi

La nomina dei Sottosegretari rappresenterà un segnale sintomatico della volontà di continuità ovvero discontinuità, e della capacità di Mario Draghi di affrancarsi dalla “servitù” partitica, che rappresenta senza dubbio il principale suo vincolo.

Nel mentre, l’attesa di “news” cresce, ma forse non si assisterà alla inflazione di dichiarazioni: la neo Portavoce del Ministro, Paola Ansuini, ha fatto sapere che l’unica regola che seguirà nel suo ufficio è “si parla solo se c’è qualcosa da dire”.

Addio quindi alle dirette su Facebook ed alle dirette in tv a reti unificate (ed in ritardo)?!

Si tratterebbe della “rivoluzione del silenzio”, ha commentato Michele Serra su “la Repubblica”.

E non vorremmo essere nei panni del super-consulente del loquace Ministro della Salute, Walter Ricciardi

Si ricordi che Mario Draghi conosce Paola Ansuini da tempo, ne apprezza le caratteristiche rigorose tipiche dell’ambiente bancario e dei suoi stili comunicazionali. Fino all’anno 2000, ha ricoperto il ruolo di Vice Capo della Delegazione di Bankitalia a Bruxelles, per poi tornare a Roma e affrontare la sfida comunicativa dell’introduzione dell’euro; ed è nel 2006, quando Mario Draghi diventa Governatore della Banca d’Italia, che Paola Ansuini viene scelta per fargli da Portavoce… Un dettaglio significativo, stilistico ma sostanziale: nonostante la conoscenza ultradecennale, i due hanno sempre mantenuto un rapporto formale, tanto che si rivolgono l’un l’altro con l’istituzionale “lei”. Anni-luce, insomma, dalla dinamica effervescente e mediterranea della “coppia” Giuseppe Conte & Rocco Casalino

Nel pomeriggio di oggi venerdì, si ha notizia che in queste ore starebbero per passare in “area arancione” le regioni Campania, Emilia Romagna e Molise: il Ministro della Salute Roberto Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della “Cabina di Regia”, firmerà in giornata una nuova ordinanza, che andrà in vigore a partire da domenica 21 febbraio.

Chi lo comunicherà alla cittadinanza, e come lo comunicherà?!

Clicca qui, per leggere il dossier “Le dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio dei Ministri al Senato della Repubblica (17 febbraio 2021) 30 commenti dei principali organi della stampa italiana (18 febbraio 2021)”, a cura dell’Osservatorio sulla Comunicazione Pubblica, il Public Branding e la Trasformazione Digitale dell’Università Iulm di Milano.

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