Key4biz porta alla luce un documento semi-clandestino, che pure dovrebbe essere utilizzato criticamente nella fase di gestazione del “contratto di servizio” Mimit-Rai 2023-2028.

Non è la prima volta che “Key4biz” mostra una capacità di monitoraggio assolutamente all’avanguardia: ancora una volta, IsICult “scopre” che la Rai ha pubblicato, nel silenzio più assoluto, il proprio “bilancio sociale” relativo all’anno 2022: incredibile ma vero

È una “vecchia” storia (una vecchia brutta storia), che purtroppo si riproduce: il titolo del documento non è “bilancio sociale”, perché in effetti questa definizione è stata cambiata in itinere, considerando che si tratta di un ibrido, a metà tra un “bilancio di sostenibilità” e una “dichiarazione consolidata di carattere non finanziario” (detta anche “dnf”).

Il documento reca – tra le proprietà del file – la data del 12 giugno 2023, ovvero di oltre un mese fa, ma la sua pubblicazione non è stato oggetto nemmeno di un comunicato da parte dell’Ufficio Stampa Rai. Il “bilancio di sostenibilità” è stato approvato contestualmente al bilancio di esercizio, nel Cda di Viale Mazzini del 20 aprile 2023.

In sostanza: un documento che, sulla carta, dovrebbe consentire di comprendere al meglio il rapporto tra il Gruppo Rai ed i propri “stakeholder” viene reso pubblico, ma con modalità semi-clandestine.

Il documento reca la firma della Presidente Marinella Soldi e dell’ex Amministratore Delegato Carlo Fuortes, sebbene Roberto Sergio sia in carica dal 15 maggio 2023. La relazione di Kpmg sulla “dichiarazione di carattere non finanziario” (allegata al bilancio) reca la data del 22 maggio 2023. Ebbene sì, la “dnf” deve essere anche certificata…

In occasione dell’approvazione del bilancio 2022, l’Ufficio Stampa diramò comunque una nota che faceva cenno anche al “bilancio di sostenibilità”, ma si segnala che esso è apparso sul sito Rai a distanza di oltre due mesi: “nel corso della stessa seduta del Consiglio è stato approvato il Bilancio di Sostenibilità 2022, il documento che espone i risultati raggiunti dal Gruppo Rai in tema di sviluppo sostenibile sia all’interno del Gruppo, sia nelle sue ricadute a beneficio dei cittadini, analizzando gli effetti delle attività aziendali sotto i profili di responsabilità sociale, ambientale e governance, nel loro insieme le dimensioni Esg. Il rapporto annuale viene redatto per dar conto a tutti gli interlocutori, istituzionali e no, dei modi nei quali l’offerta della Rai adempie agli obblighi del Contratto di Servizio e crea negli utenti consapevolezza degli obiettivi di sostenibilità definiti nell’agenda Onu per il 2030, collaborando per il loro conseguimento”. E precisava anche: “il bilancio, ed è una novità rilevante, prende a riferimento la nuova “matrice di materialità”, ossia le tematiche Esg che, all’esito di un’approfondita analisi interna e di posizionamento internazionale, sono state valutate come particolarmente rilevanti e connotanti per il Gruppo Rai in termini di sostenibilità. Le tematiche materiali sono state sottoposte alla valutazione del vertice aziendale e di un ampio ventaglio di stakeholder, tra cui anche i dipendenti, al fine di stabilirne la gerarchia”. E, ancora: “La Rai nella logica di una rilegittimazione del servizio pubblico fondata anche su questi temi, fondamentali per le nuove generazioni, è quindi attesa da un ulteriore importante passo, ossia l’approvazione del Piano di Sostenibilità che verrà presentato nei prossimi mesi”.

Peccato che il documento sia divenuto di “pubblico dominio” a distanza di oltre due mesi da quel comunicato stampa del 20 aprile.

Belle parole. Belle intenzioni. Disseminazione informativa e discussione pubblica? Zero.

Abbiamo già in passato segnalato alcune criticità di questo “bilancio di sostenibilità”: anzitutto il mischiare “mele e pere”, dato che una esigenza è quella del “bilancio sociale” ed altra quella della “dichiarazione consolidata di carattere non finanziario”.

La decisione di proporre un ibrido sottrae chiarezza identitaria ad entrambi i documenti.

Senza troppa fatica, riproduciamo quel che abbiamo scritto su queste colonne un anno fa.

Il tempo passa.

Le cose non cambiano (almeno in alcuni habitat).

Si leggeva su “Key4biz” del 24 giugno 2022 (vedi “Bilancio Sociale Rai 2021. I ricavi crescono da 2,51 a 2,69 miliardi di euro (+179 milioni)”…

Nel 2023, si riproduce esattamente la stessa deriva del 2022: un “bilancio di sostenibilità” semi-clandestino

Va precisato che noi ci ostiniamo a definire questo pseudo – “bilancio sociale” Rai un prodotto documentativo ibrido, che in verità non è un vero e proprio “bilancio sociale” (mentre crediamo ostinatamente che dovrebbe esserlo), perché Rai, da alcuni anni, ha deciso di produrre un cocktail: un “Bilancio di Sostenibilità” (ormai molto di moda anche tra le multinazionali…) che è anche al contempo una “Dichiarazione consolidata di carattere Non Finanziario” (da cui l’acronimo “Dnf”; un documento in cui si riportano aspetti di carattere sociale e ambientale, obbligatorio per legge per soggetti di interesse pubblico, come banche, assicurazioni, società quotate in borsa ed altre).

Sarebbe interessante identificare il “responsabile” di questo prevedibile pasticcio Rai.

Il “bilancio sociale” Rai continua ad apparire clandestinamente.

Un pasticcio, insomma, ma… tanto… – come dire?! – questi documenti Rai hanno una circolazione semi-clandestina.

Nessuno o quasi ne scrive. Non vengono presentati pubblicamente.

Il quotidiano “Key4biz” è l’unica testata giornalistica che dedica loro attenzione.

Ed invece questi documenti – il cosiddetto “Bilancio di Sostenibilità” piuttosto che il “Bilancio di Esercizio” – dovrebbero essere oggetto di una approfondita analisi critica, di un confronto pubblico con gli “stakeholder”, e finanche con le istituzioni preposte: in primis, il co-firmatario del “Contratto di Servizio” ovvero il Ministero dello Sviluppo Economico ovvero – col governo Meloni – il Ministero per le Imprese e il Made in Italy, e forsanche la Commissione Parlamentare di Vigilanza (che peraltro non ci risulta si sia mai interessata realmente del “bilancio sociale”), e le Commissioni Cultura di Camera e Senato…

Sul (non) “bilancio sociale” della Rai, abbiamo speso fiumi di inchiostro, soprattutto su queste libere colonne, ma permane l’interrogativo: perché la concessionaria di servizio pubblico lo pubblica così in sordina, quasi vergognandosene?!

Ha Rai forse timore che esso possa finalmente provocare un dibattito dialettico con la società civile, alla luce di un qualche dato pericoloso?!

Ha Rai forse paura che alcuni dei dati e delle argomentazioni in esso proposti possano disturbare… chicchessia?!

Il mistero permane, oscuro ed irrisolto

Fin qui, quel che scrivevamo l’anno scorso.

Il documento relativo al bilancio 2022 presenta innovazioni rispetto a quello del 2021?! No.

Le patologie – secondo il nostro punto di vista – sono le solite: eccessivo riferimento alle logiche cosiddette “Esg”, ovvero “Environmental, Social e Governance”, che mettono nello stesso calderone tematiche che riteniamo dovrebbero essere analizzate separatamente.

Come dire?! Proporre un mix tra “ecologico” e “sociale” e “finanziario” produce un dataset confuso, con chiavi di lettura non chiare.

Inoltre, tutto il documento pecca di un eccesso di autoreferenzialità impressionante: certo, si dirà che se l’“oste” a dover auto-valutare la qualità del proprio “vino”, egli sosterrà sempre e comunque che è buono, anzi ottimo, ovvero il migliore.

E si ha conferma di questo, nel “bilancio di sostenibilità” con il solito riferimento alle strumentazioni di valutazione (auto-valutazione), che da anni andiamo criticando: si tratta del cosiddetto Qualitel, una macchina di indagine che appare ormai evidente nella sua assoluta inutilità.

A pagina 80 del bilancio 2022, si legge: “Rai si è, quindi, dotata dello strumento di analisi quantitativa continuativa che le consente di monitorare il gradimento e la qualità percepita della propria offerta su ciascuna delle diverse piattaforme distributive, utilizzando dei punteggi su una scala da 1 a 10”. E ancora: “A partire dal 2020, viene utilizzato un panel, esclusivamente dedicato alla rilevazione Qualitel Corporate Reputation, costituito da 25.000 individui, rappresentativo dell’intera popolazione residente in Italia, maggiore di 14 anni. Per la programmazione dedicata ai minori vengono, inoltre, intervistati circa 4.500 bambini/ragazzi, di età compresa tra i 4 e 13 anni appartenenti alle famiglie del panel complessivo”.

Bene, sulla carta, bene.

“Qualitel” e “Corporate Reputation”: inutili strumenti di autoincensamento Rai, anni-luce lontani dalla Consulta Qualità del compianto Jader Jacobelli

Un piccolo dettaglio (che tale non è): da anni ed anni, il livello medio di questo indicatore (che pure costa a Viale Mazzini quasi un milione di euro l’anno, affidandosi peraltro a prestigiose imprese esterne) oscilla curiosamente sempre intorno all’8 (otto, su scala 0/10), per il Qualitel, con variazioni decimali, da un anno all’altro, che non hanno alcuna reale significatività. Il “voto” per la “Corporate Reputation” Rai è generalmente più basso, tra il 6 ed il 7, ma in ogni caso con campo oscillazione privo di reale significatività.

Comunque, di anno in anno, Viale Mazzini si… autopromuove. E “tutti vissero felici e contenti”… Tanto, il “bilancio di sostenibilità” e le elaborazioni Qualitel e Corporate Repution non le legge nessuno, nevvero?! A parte qualche lettore appassionato di “Key4biz”…

Una vera presa in giro (infra-aziendale e verso l’esterno, per quel poco che va… all’esterno), organizzata da anni dalla Direzione Marketing Rai, sempre più focalizzata sul prodotto che sulle strategie, e guidata da ormai oltre 4 anni da Roberto Nepote (già Presidente di RaiCom).

D’altronde la “deriva mercatista” di Viale Mazzini – anche su questi temi – si deve anche suoi predecessori: basti pensare al killeraggio della qualificatissima collana di studi e ricerche Rai, la mitica Vqpt – Verifica Qualitativa Programmi Trasmessi (vedi “Key4biz” del 16 marzo 2021, “Rai, presentato a porte chiuse il volume ‘Coesione Sociale. La sfida del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale’”). Lontana memoria l’intrepida avventura della “Consulta Qualità” Rai coordinata dal compianto Jader Jacobelli: altri tempi, memorie di una Rai più nobile – almeno intellettualmente – di quella attuale…

A cosa serve un “sistema di valutazione” che fotografa una situazione che sembra cristallizzata da anni su un buon voto medio?!

Non sarà forse che l’impianto metodologico è tale da produrre sempre un risultato simile, certamente “soddisfacente” per la Rai e spendibile verso l’esterno? Beh, in verità che sia “spendibile” è vero, ma oggettivamente Viale Mazzini non lo spende… dato il carattere quasi segreto del “bilancio di sostenibilità”!

Tutto il “bilancio di sostenibilità” è peraltro impostato sui 17 “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” dell’“Agenda 2030”: è questa una griglia che consente di allocare tutta l’offerta Rai in modo da far risultare una piena rispondenza agli “obiettivi”, che pure sono delineati in modo inevitabilmente generico…

Un esempio, tra i tanti possibili, l’“Obiettivo 1” è intitolato “Sconfiggere la povertà” ed a pagina 94 Rai indica, come esempio della propria benefica azione, classificato nella categoria “Film e Serie Tv”, un titolo di Rai Storia, ovvero “Talking about trees” (diretto da Suhaib Gasmelbari). Il “bilancio” Rai non indica alcun dato relativo alla messa in onda ed al risultato di audience. E ciò basti. Per la cronaca, l’opera – che è in verità un “documentario d’autore” – è andata in onda il 13 agosto 2022, su Rai Storia. Si segnala che l’audience media di Rai Storia è stata, nel 2022 (intera giornata, intero anno) dello 0,05 % (leggasi zero, virgola, zero cinque per cento…; a fronte, per capirci, del 18,18 % di Rai 1 e del 6,92 % di Rai 3). Con questa logica, si possono trovare infinite… foglie di fico.

Abbiamo già segnalato – anche su queste colonne, più volte – come questo “indirizzo”, ovvero il passaggio da “bilancio sociale” a “bilancio di sostenibilità”, sia stato accelerato dalla Presidente Marinella Soldi, che ha incomprensibilmente smantellato la Direzione “Rai per il Sociale”(affidata a suo tempo dall’allora Direttore Generale Rai Antonio Campo Dell’Orto a Giovanni Parapini, che attualmente dirige la Sede Regionale Rai per l’Umbria), ristrutturandola e ridenominandola Direzione “Rai Per la Sostenibilità – Esg” (guidata da Roberto Natale).

Forte della propria esperienza nell’ambito manageriale di gruppi mediali privati, Marinella Soldi ha evidentemente deciso di accelerare su un fronte che riteniamo non debba essere quello tipico di un servizio pubblico mediale.

È un errore di strategia editoriale, è un errore di politica culturale.

Rai non è e non deve essere trattata e governata come se fosse una impresa privata. È e deve restare “servizio pubblico”.

Una decisione come questa conferma la “deriva mercatista” del servizio pubblico.

Ed ha conseguenze a catena, nell’accrescere confusione del profilo identitario della televisione pubblica.

Molte sarebbero le critiche che potrebbero essere mosse nei confronti del “bilancio di sostenibilità Rai”, avremo occasione di tornare su questi temi, ma qui ed ora vogliamo collegare questo documento ad un altro documento, più importante per il futuro di medio periodo della Rai, ovvero il “contratto di servizio”.

Un nuovo “contratto di servizio” ancora una volta… evanescente?

Nelle pagine introduttive a firma Soldi e Fuortes, si legge (pag. 4):

Le Istituzioni hanno dato ulteriore impulso a questa visione con l’Atto di indirizzo emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del processo che porterà all’approvazione del prossimo Contratto nazionale di servizio con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Con tale Atto, infatti, il Governo ha definito gli obiettivi strategici, testualmente appresso riportati, il cui raggiungimento dovrà essere assicurato con il Contratto:

  • accelerare la trasformazione della Rai in digital media company anche attraverso lo sviluppo delle piattaforme digitali;
  • accrescere la qualità dell’informazione secondo criteri di completezza, equilibrio, responsabilità, imparzialità, indipendenza e pluralismo;
  • attrarre e fidelizzare il pubblico giovane;
  • trasmettere e promuovere l’Italia nel mondo e diffondere i valori culturali e civili dell’Italia e dell’Unione europea;
  • diffondere e incoraggiare lo sport e gli stili di vita sani, valorizzandone gli aspetti di inclusività sociale nonché promuovere la diffusione di un modello nutrizionale sano quale la dieta mediterranea;
  • accrescere le competenze del pubblico in relazione alle nuove sfide della transizione ambientale e digitale;
  • assicurare un rafforzamento degli obblighi di accessibilità e inclusività;
  • contribuire alla promozione della parità di genere e delle pari opportunità;
  • sostenere lo sviluppo dell’industria audiovisiva nazionale;
  • rafforzare il ruolo e l’evoluzione tecnologica del Servizio Pubblico radiofonico;
  • ottimizzare la capacità trasmissiva e il livello di copertura delle reti Rai…”.

E – commentavano Soldi e Fuortes – si tratterebbe di “un set di obiettivi strategici che, letti in filigrana, sono proprio espressione delle tematiche Environmental, Social e Governance”.

In verità, gli obiettivi così delineati appaiono alti e nobili, ma al contempo un po’ vaghi e generici, se non li

In verità, gli obiettivi così delineati appaiono alti e nobili, ma al contempo un po’ vaghi e generici, se non li si correla ad alcuni indicatori tecnici, ad una “cassetta degli attrezzi” che consenta di definire in che cosa consistono esattamente questi “obiettivi strategici”.

E qui veniamo veramente a bomba, perché si tocca il tema – delicato e strategico – del mitico “contratto di servizio”, la cui gestazione è in corso.

Dopo molti mesi di segretazione, una decina di giorni fa la prima bozza ufficiale ha visto la luce ed è stata trasmessa dal Ministero al Parlamento: si tratta dell’“Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare”, trasmesso alla Presidenza di Montecitorio in data 11 luglio 2023, che IsICult / Key4biz hanno pubblicato in anteprima (vedi “Key4biz” del 13 luglio 2023, “Politica culturale: molta carne al fuoco, ma anche molte nebbie”).

Il documento recita come titolo “Schema di contratto di servizio tra Ministero delle imprese e del made in Italy e la Rai-Radiotelevisione italiana spa, per il periodo 2023-2028”.

All’articolo 20 di questa bozza del nuovo contratto (2023-2028), si legge, al comma 4:

Rai inoltre è tenuta a redigere, entro il 30 giugno di ciascun esercizio, un bilancio di sostenibilità, che dia anche conto delle attività svolte in ambito socio-culturale, con particolare riguardo al rispetto del pluralismo informativo, sociale e politico, alla tutela dei minori e dei diritti delle minoranze, alla rappresentazione della donna e alla promozione della cultura nazionale; Il bilancio di sostenibilità dà altresì conto dei risultati dei monitoraggi sulla qualità dell’offerta proposta così come percepita dall’utenza e della corporate reputation della società concessionaria”.

Cosa recita invece il precedente contratto (2018-2022), all’articolo 25, comma 1, lettera l.:

Bilancio sociale: la Rai è tenuta a presentare al Ministero, alla Commissione e all’Autorità, entro quattro mesi dalla conclusione dell’esercizio precedente, un bilancio sociale, che dia anche conto delle attività svolte in ambito socio-culturale, con particolare riguardo al rispetto del pluralismo informativo e politico, alla tutela dei minori e dei diritti delle minoranze, alla rappresentazione dell’immagine femminile e alla promozione della cultura nazionale. Il bilancio sociale dà altresì conto dei risultati di indagini demoscopiche sulla qualità dell’offerta proposta così come percepita dall’utenza e della corporate reputation della Rai”.

Di fatto, la nuova versione è identica alla precedente, con due variazioni: viene eliminata la denominazione di “bilancio sociale” e viene sostituita con “bilancio di sostenibilità”, e – come abbiamo segnalato – non si tratta di un mero gioco nominalistico…

Nomina sunt consequentia rerum”!

Inoltre viene imposto l’obbligo di “redazione” ma scompare l’obbligo di “presentazione” al Ministero, alla Commissione di Vigilanza ed all’Agcom.

E nel contratto precedente era previsto un termine di 4 mesi, che ora diviene di 6.

Ulteriori… annacquamenti?!

Scompare l’obiettivo della “coesione sociale” dal contratto di servizio Rai?

Grave la modifica che riguarda invece la “coesione sociale”: nel precedente contratto, si leggeva:

Coesione sociale: la Rai è tenuta a dotarsi di un sistema di analisi e monitoraggio della programmazione che sia in grado di misurare l’efficacia dell’offerta complessiva in relazione agli obiettivi di coesione sociale di cui all’articolo 2, comma 3, lettera a), anche attraverso l’elaborazione di specifici dati di ascolto”.

Il riferimento è all’art. 2 co. 3 lett. a), che recita: “

a) raggiungere i diversi pubblici attraverso una varietà della programmazione complessiva, con particolare attenzione alle offerte che favoriscano la coesione sociale”…

In sostanza, il tema “coesione sociale” (che si collega anche indirettamente al tema “bilancio sociale”) è sostanzialmente scomparso, così come è scomparso misteriosamente tutto l’articolo ex 25 del precedente contratto, relativo agli “obblighi specifici”..

Perché questa rimozione?!

Ci sembra non meno importante di quella che è stata segnalata da alcune testate giornalistiche e da alcuni esponenti politici, ovvero l’eliminazione dell’enfasi sul “giornalismo d’inchiesta”: in effetti, nel “Contratto di Servizio 2018-22”, all’articolo 25, tra gli “Obblighi specifici” si legge che “La Rai è tenuta a: … v) valorizzare e promuovere la propria tradizione giornalistica d’inchiesta”.

Si ha notizia che il contratto sia stato gestito, dal “lato” Rai, da Roberto Pasciucco, nominato Direttore della Direzione Coordinamento Iniziative Strategiche, e da Cinzia Squadrone, consulente di fiducia della Presidente (e già, anni fa, Direttrice del Marketing Rai): riportiamo quel che scriveva lunedì scorso 17 luglio 2023 il sempre attento e puntuto “Redattore Anonimo” su “Bloggorai – La Rai Prossima Ventura”, senza dubbio il blog più accurato ed appassionato sulle politiche di Viale Mazzini: “Il tema è la “filosofia” del nuovo Contratto sulla quale, a quanto ci dicono, si sono confrontati due schieramenti prevalentemente interni alla Rai. Il primo farebbe riferimento alla presidente Soldi e alla sua collaboratrice Cinzia Squadrone mentre il secondo a Giuseppe Pasciucco, ex Cfo ed ora presidente di Rai Way nonché “Direttore della Direzione Coordinamento Iniziative Strategiche”. Il primo “gruppo di lavoro” si è concentrato sul tema Kpi (= valore misurabile che dimostra l’efficacia con cui un’azienda sta raggiungendo gli obiettivi aziendali prefissati), dove sembra aver conseguito un certo risultato facendo entrare “manu militari” questo concetto, pur tuttavia senza specificare in alcun modo il loro “peso” (dimensioni, definizioni, modalità di verifica etc), mentre il secondo sembra aver conseguito la vittoria più rilevante seppure, forse, la più pericolosa per il Servizio Pubblico”.

E qui si tocca un tema scottante: chi ha interesse a rendere il contratto di servizio evanescente?

Chi ha interesse a rendere sfuggente il sinallagma che dovrebbe caratterizzarlo?

È evidente che, se il contratto prevede “prestazioni” (gli obblighi) descritte genericamente, non si può nemmeno pretendere che le “controprestazioni” (i danari pubblici) siano precise.

Rai e Mimit stanno giocando una partita… finta?

È questo il “nuovo corso” che vuole il governo guidato da Giorgia Meloni???

È questo il punto dolente di tutta la storia dei “contratti di servizio”.

Per capirci: io, Ministero, ti chiedo “di tutto e di più”, senza precisarti quanta pecunia ti posso dare in cambio, e tu Rai, simpaticamente, fai quel che puoi, anzi fai quel che vuoi. Tanto nessuno controlla. Non ci sono parametri oggettivi, non ci sono misuratori tecnici… E magari, tu Rai, mi produci anche un bel “bilancio di sostenibilità”, con bella infografica evoluta…

E si continua così: “allegria!”, come suggeriva il compianto Mike Bongiorno.

Da notare che a pag. 5 del “bilancio di sostenibilità” 2022 della Rai si legge: “è stata, quindi, costituita una Direzione dedicata – denominata Rai per la Sostenibilità-Esg proprio perché fosse percepibile immediatamente, fin dalla denominazione, la vocazione attiva di Rai verso la sostenibilità, intesa in senso ampio – che opera in stretto coordinamento con l’area Cfo” ovvero con il “Chief Financial Officer” (vedi anche alla voce Pasciucco, supra).

Ci si domanda: perché diavolo la “sostenibilità”, se fosse intesa nella prospettiva del sociale (è la società civile il primo “stakeholder” della Rai!), deve interagire con il Coordinamento di Finanza e Pianificazione, se non per accentuare la variabile “economico-finanziaria”, una volta ancora?!

Scrive ancora il sapiente BloggoRai: “a quanto ci viene riferito da nostre fonti, sarebbe Pasciucco l’artefice, il teorico del “no obblighi … no costi” e del subordinato teorema dell’equilibrio tra risorse disponibili e impegni di spesa? Dal suo punto di vista, ci dicono, l’enfasi è più sul timore dei costi che sul vantaggio del valore determinato dagli obblighi”.

E qui ci fermiamo, perché è proprio qui la questione nodale.

Per rendere la Rai un soggetto in grado di avere contezza della propria identità (ed anche certezza delle proprie risorse), è indispensabile definire al meglio “prestazioni” e “controprestazioni”.

La genericità e la fumosità di gran parte del testo del contratto di servizio vanno assolutamente eliminate, per evitare il… “facite ammuina”

La Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza, Barbara Floridia, ne ha coscienza?!

Confidiamo.

Il Direttore Generale della Rai del nuovo corso, Giampaolo Rossi (che pure immaginiamo abbia messo mano alla bozza di “contratto di servizio” trasmesso al Parlamento l’11 luglio), ne ha coscienza?!

Confidiamo.

Fatta salva una… verità inconfessabile? Ovvero che entrambi i contraenti Rai e Ministero abbiano in fondo interesse a lasciare tutto allo stadio… gassoso, perché traggono beneficio entrambi – nel bene e nel male – dalla nebbiosità: sia la “politica” (intesa nel senso non proprio più nobile del termine…) sia il “servizio pubblico” (così inteso giustappunto anch’esso non nel senso più nobile del termine…).

Insomma, che prevalga ancora una volta il… “facite ammuina”?!

E soprattutto confidiamo che il dibattito sul “contratto di servizio” acquisisca una dimensione pubblica, plurale, dialettica.

La Presidente della Commissione di Vigilanza Barbara Floridia ha annunciato un “lavoro serrato”.

Attendiamo i primi segnali.

L’iter del “contratto di servizio”: se ne riparlerà ormai a settembre, ma che si apra il dibattito allo “stakeholder” principale, ovvero alla società civile

Ad oggi, la situazione dell’iter è la seguente: l’esame della bozza di contratto è stato avviato. Si ricorda che la bicamerale deve esprimere il suo parere obbligatorio, ma non vincolante (e già questo la dice lunga, ahinoi) per il quale sono stati indicati come relatori per la maggioranza Maurizio Lupi (Nm ovvero Noi Moderati) e per l’opposizione Antonio Nicita (Partito Democratico), uno studioso tecnico specializzato già membro del Consiglio dell’Agcom.

La Presidente Barbara Floridia, esponente M5s, ha auspicato il dialogo tra le parti, per arrivare a un atto il più possibile condiviso.

In questo modo, la maggioranza ed i due principali partiti di opposizione (M5s e Pd) potranno in qualche modo “sovrintendere” all’intero processo, che difficilmente si concluderà entro settembre, quando scadrà il “contratto di servizio” in vigore.

Martedì scorso (18 luglio) è stata portata all’attenzione della bicamerale la relazione sui 25 articoli e sui due allegati dello schema del contratto.

L’iter prevede ora le audizioni, il dibattito sul parere e la sua approvazione.

Considerato che ad agosto ci sarà la paura estiva, con ogni probabilità verrà chiesta una proroga rispetto all’attuale scadenza.

In una recente intervista, Floridia ha anche sottolineato che “sarebbe bene inserire degli indicatori per verificare il rispetto del pluralismo, non solo sul piano politico, ma anche tematico e culturale”.

L’opposizione ha anche stigmatizzato la minore attenzione al giornalismo d’inchiesta (vedi supra, tra gli “obblighi specifici” dell’articolo 25 del precedente contratto), sul quale l’Ad Rai Roberto Sergio ha invece assicurato la massima attenzione.

Nell’articolo che riguarda i “giovani” c’è, inoltre, una previsione che attiene alle produzioni che aiutino a sviluppare la consapevolezza della ricchezza legata alla genitorialità e natalità. Il Movimento 5 Stelle ha precisato che sarebbe opportuno inserire anche l’educazione sentimentale e sessuale, il rispetto della diversità di genere e di orientamento sessuale.

Nella bozza compare, infine, per la prima volta un articolo dedicato alla “sostenibilità economica” e quindi “alla compatibilità tra risorse riconosciute e perimetro degli obblighi di servizio pubblico”, che la Rai ha ritenuto necessario anche alla luce della perdurante incertezza sul futuro del canone.

Lo schema, approvato in Consiglio di Amministrazione Rai lo scorso 3 luglio, dopo il via libera al parere della Vigilanza, tornerà all’esame del Mimit e di Viale Mazzini, che valuteranno le modifiche da apportare alla luce delle osservazioni della bicamerale e procederanno poi all’approvazione definitiva.

Insomma, c’è tempo per aprire finalmente il dibattito alla società civile.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]

Clicca qui per scaricare il “Bilancio sociale” Rai altrimenti detto “Bilancio di sostenibilità” 2022 ovvero “Dichiarazione consolidata di carattere non finanziario redatta ai sensi del D. Lgs 254/16”, approvato il 20 aprile 2023 dal Cda Rai, versione file in data 11 giugno 2023.

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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