È necessaria una dotazione di almeno 50 o 60 milioni di euro l’anno, per sostenere queste preziose attività culturali ed artistiche per il “welfare”: dal teatro nelle carceri alla clownterapia negli ospedali, dalle arti-terapie per la disabilità alla interculturalità.

Nell’edizione di venerdì scorso di questa rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult sul quotidiano online “Key4biz” (dedicato all’economia digitale ed alla cultura del futuro), abbiamo lanciato per primi l’idea di un “fondo” che sostenga le attività artistiche e culturali che combattono il disagio e le discriminazioni: vedi “Key4biz” del 20 maggio 2022 “Teatro Patologico, l’urlo di protesta del fondatore Dario D’Ambrosi”.

Alcuni lettori ci hanno chiesto di spiegare meglio quale sarebbe l’idea.

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Questa la premessa: da qualche anno, anche in Italia, emerge una qual certa sensibilità istituzionale nei confronti di iniziative culturali ed artistiche che associano alla dimensione “estetica” anche una precisa funzione “sociale” mirata. Ma è una sensibilità ancora disorganica e frammentaria, discontinua e distratta.

Si tratta di iniziative spesso di grande impegno civile ed umano, che nella quasi totalità dei casi non beneficiano dei riflettori mediali, e sono “isolate”, ovvero non sono ri/conosciute in un contesto più ampio, organico, globale.

Da molti anni, testate giornalistiche come “Redattore Sociale” (agenzia di stampa fondata da don Vinicio Albanesi della Comunità Capodarco di Fermo, diretta da Stefano Trasatti) e “Vita” (portale della sostenibilità e del Terzo Settore, diretto da Stefano Arduini) dedicano attenzione alle iniziative nel “sociale”, ed hanno dimostrato sensibilità anche verso le specifiche attività culturali.

Ci sono poi testate più specialistiche e settoriali, come l’agenzia stampa Angeli Press (diretta da Paola Severini Melograni), e la newsletter “Ristretti Orizzonti” (diretta da Ornella Favero) dedicata alla cultura carceraria, ed il portale dell’Inail “SuperAbile” (diretto da Antonella Onofri)…

Fondamentale – per una ulteriore diffusione “di massa” – è poi stata l’iniziativa promossa nel 2017 dal quotidiano “La Repubblica”, attraverso l’inserto settimanale “Buone Notizie – L’impresa del bene” (diretto da Elisabetta Soglio) l’edizione odierna (esce il martedì) è la n° 20 dell’anno 6°. In quasi tutte le edizioni, vengono segnalate anche iniziative specificamente culturali.

Il progetto IsICult “Cultura vs Disagio”: per una “mappatura” delle attività culturali ed artistiche

Lo scenario italiano è complessivamente ricco e variegato. Non ancora adeguatamente conosciuto.

Da alcuni anni, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult) lavora ad un progetto di censimento a livello nazionale, e di monitoraggio continuativo: il progetto “Cultura vs Disagio” mira a promuoverne il riconoscimento (sociale ed istituzionale) e lo sviluppo di queste attività, favorendo le buone pratiche.

Il sottotitolo del progetto “Cultura vs Disagio” (da cui l’acronimo “Cvd”) è “censimento delle buone pratiche culturali contro il disagio (fisico, psichico, sociale)”.

L’iniziativa è sostenuta soprattutto dal Ministero della Cultura (Mic) dapprima dalla Direzione Spettacolo dal Vivo e successivamente dalla Direzione Cinema e Audiovisivo.

Come abbiamo già segnalato in passato ed anche su queste colonne, i contesti che rientrano nel “perimetro” (il “campo”, direbbe un decano della sociologia italiana come Giovanni Bechelloni), del progetto sono tutti afferenti ai diversi ambiti ed aspetti del “disagio”: dalle carceri alle comunità agli ospedali, alle più varie dimensioni della disabilità e del malessere, della criticità nella coesione sociale e nell’integrazione interculturale, della lotta all’emarginazione ed alle discriminazioni… Si tratta di una serie di “sub-universi” che in taluni casi si sovrappongono, con profondità di disagio aggravate.

Al di là del censimento – ovvero di quella che potremmo anche definire una “anagrafe” – ed al di là del monitoraggio di queste iniziative, naturale sorge il quesito: queste iniziative beneficiano di un adeguato sostegno dello Stato?!

La risposta è netta: no.

Le origini del progetto IsICult “Cultura vs Disagio” risalgono al 2013: quasi dieci anni fa, infatti, ormai, IsICult ideò ed organizzo una avanguardistica iniziativa qual è stato il festival “Lo Spettacolo… Fuori di Sé. Festival delle Eccellenze nel Sociale”, kermesse che si è posta come prima (e finora unica, per quanto ci è dato sapere, anche a livello europeo) occasione festivaliera in uno spazio ospedaliero (il Forlanini San Camillo di Roma).

Quella originale kermesse multidisciplinare era una delle iniziative del progetto speciale IsICult sostenuto dal Ministero della Cultura (Direzione Generale Spettacolo) “Lo Spettacolo Antidoto Contro il Disagio” (alias “Sacd”), che si è poi evoluto nel progetto “Cultura vs DisagioCensimento delle Buone Pratiche Culturali Contro il Disagio (fisico, psichico, sociale)”, alias “Cvd” (sostenuto dalla Direzione Cinema e Audiovisivo).  

Come dimostra il progetto IsICult “Cultura vs Disagio”, vi sono in Italia migliaia e migliaia di iniziative (a tutti i livelli: nazionale, regionale, comunale…) promosse da appassionati artisti, organizzatori culturali, attivisti sociali, che fanno della cultura lo strumento primario per costruire “comunità”, per dimostrare “solidarietà”, in una prospettiva inclusiva di “welfare” evoluto (clicca qui per una “mappatura” in itinere).

Manca ancora, però, una visione organica, sistemica, strategica, olistica da parte dello Stato: il sostegno pubblico è disperso (e dispersivo).

L’intervento è disperso tra Ministeri, Regioni, Comuni.

Intervento disperso e quindi dispersivo.

Prevale frammentazione, e finanche limitata conoscenza delle tante iniziative sul territorio.

Per esempio, vengono pubblicati bandi, ma con modalità variegate, discontinuamente e frammentariamente.

Questo deficit di coordinamento (che è anch’esso sintomatico della complessiva carenza di sensibilità istituzionale) viene confermato dalle tante iniziative, che non sono collegate tra loro.

Il deficit di informazione riduce infatti anche le chance di costruzione di reti, di sinergie possibili.

La proposta di legge di Raffaele Bruno (M5s): per un teatro in ogni carcere

Nell’edizione di venerdì scorso 20 maggio, abbiamo posto come sintomatico ed emblematico il caso della proposta di legge del deputato Raffaele Bruno (Movimento 5 Stelle) per la promozione del teatro nelle carceri.

Si tratta senza dubbio di una gran bella iniziativa, i cui obiettivi sono ben chiari:

  1. riconoscere le attività teatrali negli istituti penitenziari come opportunità di cambiamento per i detenuti attori e come mutamento delle modalità relazionali di chi vive l’esperienza del carcere;
  2. promuovere percorsi di inserimento lavorativo per i soggetti in esecuzione di pena, per un loro reingresso nella legalità attraverso la promozione dell’acquisizione di nuove competenze;
  3. prevedere una fonte certa e duratura di finanziamento che possa dare continuità alle iniziative finora svolte e a quelle che si intende attivare;
  4. promuovere progetti di collaborazione e di circolazione delle attività teatrali negli istituti penitenziari presso teatri e spazi culturali;
  5. promuovere attività culturali ed editoriali attraverso l’organizzazione di convegni, seminari, presentazioni e incontri pubblici;
  6. promuovere attività di documentazione fotografica e filmica…

Il parlamentare cinquestelle propone quindi la istituzione di un “Fondo per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari”, che dovrebbe avere una dotazione iniziale di 2 milioni di euro.

Si tratta di un budget oggettivamente modesto, ma, nonostante questo, la proposta di legge arranca.

Abbiamo già segnalato la lentezza con la quale procede l’iter parlamentare della proposta di legge n. 2933 di Raffaele Bruno (clicca qui, per analizzare lo stato dei lavori: il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto il 25 marzo scorso), finalizzata allo sviluppo delle attività teatrali nelle carceri, intitolata “Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari” (vedi in argomento anche “Key4biz” del 21 marzo 2022, “Cultura per combattere il disagio, fra teatro sociale e diritto alla felicità”). 

Ha commentato il promotore della proposta: “158 carceri possono trasformarsi profondamente partendo da questo piccolo passo. Se si innesta un cambiamento evolutivo, può partire un’incontenibile onda benefica e travolgente. Questa legge è per tutti i lavoratori delle carceri, perché quando si fa arte si crea armonia e luce anche nei luoghi bui”.

Bruno ha perfettamente ragione.

Un paio di settimane fa è stata lanciata, dall’attore Patrizio Rispo, una petizione su Change.org, che vuole arrivare ad almeno 1.000 firme: ad oggi, le firme sono poco più di 700. Francamente, non abbiamo particolare fiducia in queste forme di sollecitazione “dal basso”, sapendo come funziona il sistema politico-parlamentare, ma l’iniziativa merita comunque attenzione (clicca qui, per firmare la petizione “Per il Teatro in ogni carcere”).

Non abbiamo registrato entusiasmo dai due ministri più direttamente competenti, ovvero la titolare del dicastero della Giustizia Marta Cartabia e dal titolare del dicastero della cultura Dario Franceschini.

Perché questa disattenzione?! Perché questa insensibilità?!

Questa osservazione stimola un rilancio, che è culturale e sociale e strategico: riteniamo che un simile “fondo” dovrebbe rientrare in un più ampio fondo “generale”, nel quale dovrebbero rientrare tutte quelle attività culturali ed artistiche che combattono – esplicitamente e direttamente – il disagio e contrastano le discriminazioni.

Ovviamente, il “decision maker” dovrebbe essere il Ministero della Cultura (Mic), che già dispone di fondi discretamente consistenti, quali sono il Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) ed il Fondo per lo Sviluppo del Cinema e dell’Audiovisivo: il primo ha una dotazione di circa 400 milioni di euro l’anno ed il secondo di 750 milioni di euro. Complessivamente, si tratta di quasi 1,2 miliardi di euro.

Senza dimenticare i fondi assegnati alla Direzione Generale Creatività Contemporanea: vedi, in argomento, “Key4biz” del 6 maggio 2022, “Pnrr, 155 milioni di euro per sostenere le ‘micro’ e ‘piccole imprese’ culturali e creative italiane”). Per esempio, tra le “priorità trasversali” sono stati identificate la “parità di genere” e la “valorizzazione dei giovani” ed il “superamento dei divari territoriali”: anche queste sono forme di contrasto al “disagio”, sebbene diversamente identificato, ma perché non prevedere linee di intervento specifiche?!

Un fondo nazionale per la promozione della cultura contro il disagio e le discriminazioni deve avere una dotazione di almeno 50/60 milioni di euro l’anno

Riteniamo che un fondo per la promozione della cultura contro il disagio e le discriminazioni dovrebbe essere dotato di almeno un 5 % del totale della dotazione degli attuali fondi per lo spettacolo ed il cinema e audiovisivo, ovvero un 60 milioni di euro l’anno.

Questo è un budget adeguato alla sfida, se non si vuole adottare la logica della “foglia di fico”.

I settori e le attività di riferimento sono quelli già identificati: dalle attività teatrali nelle carceri (ma, in questo contesto, anche quelle cinematografiche e musicali e multimediali) alle attività artistiche negli ospedali e nelle case di cura, nelle comunità terapeutiche; dall’insieme delle arti-terapie alle attività culturali che contrastano il degrado nelle periferie urbane, a quelle che stimolano la rigenerazione del tessuto sociale in contesti disagiati, a quelle che contribuiscono all’integrazione interculturale ed alla coesione sociale, a quelle che cercano di ostacolare la diffusione di pratiche deleterie come il gioco d’azzardo e combattono la ludopatia ed i femminicidi…

Si tratta di un “universo” ampio, plurale, ricco.

Quel che segue è uno schema della tassonomia sviluppata da IsICult nell’economia del progetto “Cultura vs Disagio”: nel tentativo di “definire” le condizioni di “disagio”, l’èquipe IsICult (diretta da Angelo Zaccone Teodosi e coordinata – nel corso degli anni – da Luca Baldazzi ed Emanuela Giovannoni Claudia Carboni) ha identificato il concetto di “limitazione” al pieno sviluppo ed esercizio dei diritti.

Sono quindi stati definiti una serie di “insiemi” (e “sub-insiemi”).

Per una tassonomia del disagio: la classificazione in-progress del progetto “Cultura vs Disagio

Questa è la tassonomia in-progress del progetto “Cultura vs Disagio”:

  • Limitata salute fisica:

– disabilità (persone disabili); malattia (persone affette da malattie; ospedalizzati)…

  • Limitata salute mentale:

– stato mentale a rischio / disturbi psichici (affetti da disturbi psichici; a rischio; affetti da dipendenza)…

  • Limitazione della libertà materiale / detenzione:

– detenuti; persone private della libertà; migranti senza permesso…

  • Limitazione delle libertà identitarie:

– disuguaglianza culturale / etnica (migranti transitori; stranieri residenti; vittime di razzismo)…

– disuguaglianza religiosa (credenti di fedi minoritarie)…

– disuguaglianza di genere (Lgbt+; vittime di violenze di genere)…

– disuguaglianza individuale / altra (vittime di bullismo; soggetti fragili)…

  • Limitazione nell’esercizio di diritti / limitazione nelle risorse:

– limitato diritto alla sicurezza (vittime della criminalità; vittime di violenza)…

– limitato diritto alla cultura/formazione (minori abbandonati; “dispersi” allievi scolastici “dispersi”)…

– limitate risorse economiche (residenti in periferie urbane / aree di degrado urbano; senza lavoro / senza fissa dimora)…

– limitati servizi (residenti in periferie urbane / aree di degrado urbano; residenti in aree a rischio spopolamento)…

( … )

In ognuna di queste “categorie” ovvero “classi”, IsICult ha intercettato, censito, schedato decine e talvolta centinaia di iniziative artistico-culturali che intervengono specificamente, in modo mirato.

Abbiamo già segnalato che va certamente dato atto al Ministro Dario Franceschini di aver mostrato sensibilità su alcuni di questi temi, per esempio attraverso il sostegno assegnato alla costruzione di sale cinematografiche negli ospedali, recependo la battaglia promossa dall’associazione MediCinema Italia onlus (guidata da Fulvia Salvi e Francesca Medolago Albani): nel settembre del 2017 – in occasione del Festival del Cinema di Venezia – il Ministro Dario Franceschini annunciò che nel piano di 30 milioni di euro l’anno per il potenziamento, la ristrutturazione e la realizzazione di sale cinematografiche, avrebbe proposto una modifica affinché il 10 % venisse utilizzato per costruire cinematografi negli ospedali…  Negli anni dal 2018 al 2021, il Ministero ha effettivamente destinato una quota pari al 10 % dell’ammontare delle risorse annue alla realizzazione – anche da parte di enti del terzo settore e altri soggetti pubblici nonché fondazioni – di nuove sale cinematografiche presso strutture ospedaliere pubbliche o private convenzionate, da adibire alla terapia di sollievo per i pazienti e dotate di soluzioni atte a garantire l’accessibilità anche ai pazienti a letto (l’accesso alle quali è a titolo gratuito)…

Si tratta di un esempio eccellente, ma ancora, purtroppo, di “rara avis”.

Non basta.

E non è certamente stata eccellente la perdurante sospensione – decisione assunta dallo stesso Ministro Dario Franceschini – che vive il progetto “MigrArti – La Cultura Unisce” ideato dal suo consigliere Paolo Masini, che lo ha anche coordinato (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2018, “MigrArti, perché il bando per gli immigrati è in stand-by?”). In argomento, si segnala che IsICult ha promosso anche una sorta di “filiazione” del progetto “Cultura vs Disagio”, con una parallela attività di ricerca e monitoraggio delle iniziative culturali ed artistiche nell’ambito dei migranti e degli stranieri in Italia, attraverso il progetto “Osservatorio Culture Migranti (alias “Ocm”).

Il progetto “Cultura vs Disagio” ha censito ormai circa 2.000 iniziative in tutta Italia (clicca qui, per la “mappatura” in itinere). Questo censimento deve costituire la base per sviluppare un ragionamento critico su un intervento dello Stato che sia organico e strategico.

Serve assolutamente un fondo speciale, interministeriale ma coordinato dal Mic, per sostenere la cultura che combatte il disagio…

Al di là di alcune commendevoli iniziative, continua infatti a mancare una visione organica, sistemica, strategica, finanche olistica, del rapporto tra “cultura” e “disagio”.

Riteniamo che la competenza primaria (ovvero “la regia”) dell’intervento pubblico debba essere affidata al Ministero della Cultura, ma sarebbe opportuno ragionare su un coinvolgimento inter-istituzionale con i dicasteri che intervengono in materia di istruzione, università, ricerca, politiche sociali, politiche giovanili…

Un “tavolo” inter-ministeriale appare indispensabile, così come una ricognizione critica delle risorse (comunque poche) finora destinate a queste attività.

Un fondo speciale ben strutturato, amministrato con criteri meritocratici e trasparenti, dotato di un budget adeguato (almeno 50 milioni di euro l’anno), può produrre effetti benefici nei confronti di milioni e milioni di persone che soffrono in Italia le varie dimensioni del disagio e della discriminazione. Può determinare effetti preziosi per l’intera comunità sociale.

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