Da Key4Biz (3.11.21): Gualtieri presenta la Giunta e tiene per sé Digitale e Pnrr
Nel ruolo-chiave di Assessore alla Cultura nominato uno storico di professione, un accademico prestato alla politica, “intellettuale non organico”, già delfino di Luigi Bersani e poi passato con Roberto Speranza.
Oggi pomeriggio alle 15, in modo rituale (e senza alcuna innovazione comunicazional-iconica), il neo Sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha presentato alla stampa ed ai media la sua Giunta, con la quale guiderà la Capitale per un quinquennio. Presentazione in una assai affollata Sala degli Arazzi del Campidoglio, con un centinaio di giornalisti ed ospiti. Delusione totale a fronte della indisponibilità a rispondere alle domande degli operatori dei media: sicuramente un avvio in linea con il passato, ma forse anche un “mood” comunicazionale sintomatico che non avremo a che fare con un Sindaco “di rottura”.
Elemento senza dubbio importante la composizione femminile, dato che la Giunta è formata da 6 donne e 6 uomini: da segnalare che il ruolo di Vice Sindaco è stato assegnato a Silvia Scozzese, esperta di conti pubblici (già Commissaria al Debito del Comune di Roma), già Assessore con il Sindaco Ignazio Marino (“killerato” sul campo dal Partito Democratico, dalle cui logiche interne cercò di sganciarsi). Per il ruolo di Vice Sindaco, si segnala che era in corsa anche Sabrina Alfonsi.
Nel nuovo esecutivo capitolino, sono presenti sia tecnici che politici in rappresentanza delle varie anime della maggioranza. Tre le caselle occupate dal Pd: “Ambiente e Rifiuti” a Sabrina Alfonsi, “Urbanistica” a Maurizio Veloccia, “Trasporti” a Eugenio Patanè.
Alla “Cultura”, va Miguel Gotor, esponente della sinistra… a sinistra del Pd.
“Turismo, Grandi Eventi e Sport” vanno a Alessandro Onorato, a Monica Lucarelli spettano “Attività Produttive e Pari Opportunità”. Entrambi sono esponenti della Lista Civica Gualtieri.
Entra in Giunta Barbara Funari (dei cristiano-sociali di Demos, vicina alla potente “lobby” di Sant’Egidio), con l’Assessorato alle “Politiche Sociali”.
Claudia Pratelli (Roma Futura) diviene Assessore alla “Scuola, Formazione, Lavoro””.
Andrea Catarci (Sinistra Civica Ecologista) Assessore al Decentramento, Partecipazione e Servizi del Territorio” (con la precisazione curiosa “per la città dei 15 minuti”…
Tobia Zevi (esponente della comunità ebraica) è Assessore al “Patrimonio e Politiche Abitative”.
Ornella Segnalini è Assessore ai “Lavori Pubblici e Infrastrutture”: è dirigente generale in quiescenza del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile.
Il vero regista della Giunta sarà comunque, senza dubbio alcuno, il Sindaco: basti osservare come abbia deciso di mantenere ben 9 deleghe, tra le quali emergono la “Transizione Digitale” ed il “Recovery Fund”. Questo l’elenco delle materie avocate: “Attrazione degli Investimenti”, “Clima”, “Partecipate”, “Personale”, “Pnrr”, “Relazioni Internazionali”, “Sicurezza”, “Transizione Digitale” e “Università”.
Brevissima dichiarazione di rito di Gualtieri: “Sono sei uomini e sei donne di alto profilo. Inizia con loro un cammino di 5 anni intenso ed emozionante. Abbiamo opportunità straordinarie: Pnrr, Giubileo e Expo. Ci sono tanti problemi da affrontare con determinazione. Siamo consapevoli delle difficoltà ma anche molto ottimisti”. In questi casi, forse inevitabilmente, la retorica abbonda: “con un duro lavoro e il coinvolgimento della città potremo costruire una Capitale che funzioni meglio, che sappia riguadagnare il ruolo che le spetta da grande capitale europea. Una città che si metta alla guida del rilancio del Paese, la capitale della transizione ecologica e della sostenibilità ambientale, dell’inclusione. Sappiamo che è una sfida impegnativa, ma ci metteremo tutta la nostra energia e tutto il nostro entusiasmo. Saremo una squadra che cercherà di parlare con i fatti… e quindi ora ci congediamo, dopo le foto!”.
Foto di rito, e piccolo rinfresco nella Sala delle Bandiere, riservato a giunta e staff.
Abbiamo avuto il piacere di assistere a questa riunione ed abbiamo osservato un clima di grande cordialità, con applausi reciproci di incoraggiamento, ed abbiamo notato che un ruolo senza dubbio centrale, nell’economia della Giunta, verrà assunto dal neo Capo di Gabinetto Albino Ruberti, che lascia l’omologo ruolo in Regione Lazio per aiutare il neo Sindaco.
Da segnalare che nella Giunta guidata da Nicola Zingaretti, il Presidente aveva avocato a sé la delega per la cultura, e Albino Ruberti è stato l’assessore alla Cultura “de facto”. Immaginiamo che quindi entrerà, alla luce della sua esperienza (è stato anche Presidente ed Ad di Zètema, la potente società in-house del Comune di Roma), in dialettica con l’Assessore alla Cultura, Miguel Gotor.
Alcuni nomi sui quali era stato elaborato il toto-nomine come possibile Assessore sono svaniti: molti davano per sicura Silvia Costa (Pd) alla Cultura, ma così non è stato, ed anche l’ipotesi di Marino Sinibaldi (“in quota” Pd anche lui; già Direttore di Rai Radio Tre) è sfumata, così come quella – eccentrica assai – di Valerio Carocci, l’animatore del “cinema in piazza” del progetto Cinema America in Trastevere (cui Regione Lazio e Comune di Roma hanno assegnato il “giocattolo” della Sala Troisi, vicina al mitico Cinema Sacher di Nanni Moretti).
Data la centralità della cultura nella Capitale, sarà interessante osservare le prime mosse del neo Assessore: cerchiamo di costruirne un sommario “identikit”.
Un identikit storico-politico del neo Assessore alla Cultura: “intellettuale non organico”?
Classe 1971, padre spagnolo, sposato, due figli, apprezzato per la cortesia dei modi, Miguel Gotor, professore universitario (è uno storico come Gualtieri), entra in Giunta come “tecnico”, anche se non è certo la prima volta che si affaccia sulla ribalta politica: è stato uno degli ideologi del Partito Democratico bersaniano, nelle cui liste è stato eletto in Senato nel 2013, dove è rimasto fino al 2018 (ricandidato con Liberi e Uguali, non è stato rieletto). Qualcuno lo “classifica” ancora oggi come “uomo di Bersani”, ma la definizione è senza dubbio superata; successivamente, è infatti passato nelle file di Articolo 1 di Roberto Speranza, che certamente apprezza la sua nomina nella giunta di Roma, anche se il “cartello” della Sinistra aveva fatto altri nomi al Sindaco.
Gualtieri lo ha voluto comunque nella sua squadra.
Miguel Gotor Insegna al Dipartimento di Studi Letterari, Filosofici e di Storia dell’Arte di Tor Vergata (già ricercatore di Storia Moderna a Torino). Specializzato in storia della vita religiosa del ‘500, in particolare di eretici e inquisitori (ma anche santi), e degli anni ‘70 del Novecento.
Fabrizio Roncone, nel febbraio del 2015, lo definì così sul “Corriere della Sera”: “Gotor fu arruolato da Bersani per coprire il ruolo dell’intellettuale non organico, forse per fare persino il ministro della Cultura”…
In Parlamento, è stato uno degli ispiratori della commissione d’inchiesta sul “caso Moro”, presieduta da Giuseppe Fioroni.
Intensa anche l’attività pubblicistica, come editorialista e non: da segnalare che sabato scorso 30 ottobre ha pubblicato una lunga recensione sul quotidiano “la Repubblica” dedicata al romanzo di Davide Orecchio “In nome del padre” (Bompiani), dalla quale emerge la natura di intellettuale di livello, forte di una solida cultura umanistica.
Ha pubblicato oltre una decina di libri, come autore prevalentemente ed altri come curatore: tra le opere di successo di Gotor, possiamo ricordare “L’Italia nel Novecento. Dalla sconfitta di Adua alla vittoria di Amazon” (2019), “Lettere dalla prigionia di Aldo Moro” (2012), “Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano” (2011), tutti e tre per i tipi di Einaudi.
Giuseppe Salvaggiulo domandò all’ex Sindaco Ignazio Marino (in una intervista su “La Stampa” del 21 luglio 2017): “Gotor, molto vicino a Bersani, ha detto che Mafia Capitale servì a Renzi per liquidare Marino. Il renziano Esposito gli ha risposto che non è vero…”. Questa la risposta di Marino: “non ho sufficiente intelligenza per commentare le parole di un senatore, per di più con curriculum studiorum come quello di Esposito”.
Nell’ottobre del 2016, Gotor raccolse le firme attorno a una proposta di nuova legge elettorale: 25 per cento di nominati, 75 per cento con le preferenze…
In quello stesso periodo, Gotor si dimise dalla Commissione Vigilanza Rai (assieme a Federico Fornaro) in difesa di Bianca Berlinguer, parlando di epurazione e attentato alla libertà di opinione: “ci dissociamo da uno stile e da un costume politico che non ci appartiene”. La Berlinguer era accusata dai renziani di fare un telegiornale anti-renziano proprio alla vigilia di importanti passaggi politici, a partire dalla campagna referendaria d’autunno)…
Entrata nella storia politica italiana (del folklore della politica italiana) una feroce battuta di Vincenzo De Luca (governatore campano) che lo bollò tra i “peones”, in una memorabile perfomance tv: chi gli chiedeva delle critiche di Gotor, De Luca rispose, arrotando la erre finale all’infinito: “Gotorrrrrrrrrrrr. Pensavo fosse un ballerino di flamenco, un tanguero. Gotorrrrrrrrrrrrrrrr!!!”.
Il rapporto tra Miguel Gotor e Luigi Bersani risale al 2009, quando il neo Assessore scriveva per “Il Sole 24 Ore”: ricostruisce con cura Claudio Cerasa su “il Foglio” del 3 ottobre 2012, e merita essere citato: all’epoca, Gotor scrisse un durissimo articolo contro il quasi segretario del Pd (Bersani era in corsa contro Franceschini) in cui ironizzava (eufemismo) sullo stile e sulla comunicazione e sul lessico e sui vari “ehi ragassi…” del leader del Pd. Gotor, in particolare, notò che “il candidato alla segreteria del Pd sembra rivolgersi a una platea di cattolici e socialisti dell’Ottocento, ma che il pubblico che lo ascolta si sente come estraniato, quasi fosse in un museo davanti a un quadro di Pellizza da Volpedo”; e che “la narrazione di Bersani può forse bastare per motivare un pezzo di partito e per rafforzare il recinto del proprio elettorato tradizionale, ma certo non gli sarà sufficiente se vorrà davvero vincere la sua partita, ossia raggiungere pezzi di società (si pensi soltanto alla piccola e media impresa) che oggi non votano il Pd”. Lo storico, il giorno dopo la pubblicazione del suo fondo, ricevette una lettera di Bersani (pubblicata dal “Il Sole 24 Ore”), e da lì iniziò tra i due un simpatico scambio epistolare, che si trasformò poi in un rapporto di amicizia dal giorno in cui Gotor, insieme con l’allora cronista de “Il Messaggero” Claudio Sardo (diventato poi direttore de “l’Unità”), propose a Bersani di scrivere un libro-intervista… Era il 2011, e Bersani si innamorò politicamente di Gotor, a tal punto da aver scelto proprio lui come volto chiave per dare un senso alla sua storia e in particolare alla sua campagna elettorale. Come? Gotor, oltre a essere un consigliere di Bersani, è da qualche giorno, ufficialmente, il collettore e il coordinatore della squadra che guida il comitato per le primarie del segretario, e a lui il leader del Pd ha chiesto di girare l’Italia nei teatri e nelle piazze per raccontare la sua scommessa e la sua idea di paese”…
Questa sintetica ed erratica ricostruzione del percorso di Miguel Gotor evidenzia che si tratta di un intellettuale prestato alla politica, e che della politica si è assai appassionato.
Incarico stimolante ma gravoso, in assenza di studi approfonditi sul sistema culturale romano: serve un “Osservatorio sulla Cultura” a Roma
L’incarico che Gualtieri ha assegnato a Gotor è certamente stimolante ma al contempo gravoso: va subito segnalato che lo stato dell’arte delle conoscenze sul sistema culturale romano è molto arretrato, e che non è esistita negli ultimi anni una vera e propria “politica culturale”, dopo le fasi ormai storiche di compianti assessori come Renato Nicolini e Gianni Borgna…
Basti pensare che non esiste un “Osservatorio sulla Cultura” a Roma: non esistono analisi di scenario e valutazioni di impatto ed una idea di “bilancio sociale” dell’intervento di Roma Capitale nel sistema culturale è oggi una pia illusione. Anche lo stato dell’arte sulla “economia culturale” romana è totalmente deficitario.
La cultura a Roma è stata negli ultimi tempi governata nasometricamente, senza una strumentazione tecnico-cognitiva minimamente adeguata. Si è governato sulla base degli umori soggettivi dell’assessore pro tempore, senza mai coinvolgere la comunità culturale.
Il sistema culturale romano e l’intervento della “mano pubblica” è stato caratterizzato da quella che su queste colonne abbiamo definito “energia inerziale”.
Sostanzialmente, gli assessori ultimi che si sono avvicendati non hanno avuto il coraggio di effettuare una radiografia approfondita delle criticità (e, certamente, potenzialità) di un sistema culturale complesso, policentrico, frammentato, nel quale la “convergenza” delle varie anime della “mano pubblica” – tra Stato centrale (Ministero della Cultura in primis), Regione Lazio e Roma Capitale – nella materia culturale non è mai stata oggetto di studi ed analisi.
Il neo Assessore dovrà associare alla sua cultura storico-politica anche una sensibilità verso le dinamiche “manageriali” del sistema culturale, nel delicato nesso tra “politica culturale” ed “economia della cultura”, tra l’economico ed il semiotico. Ed il digitale.
Torneremo presto su queste tematiche…
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