Da Key4biz (31/7/24): L’Italia ed il pluralismo nei media, i 3 report critici e la lettera di Meloni a von der Leyen. La verità è nei numeri
Opportuno fare chiarezza e ricostruire la vicenda. IsICult-Key4biz pubblicano così integralmente per la prima volta i 4 documenti: il “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale” dell’Osservatorio del Pluralismo dei Media – European University Institute (26 giugno 2024); la “Relazione sullo Stato di diritto 2024 in Italia” dei Servizi della Commissione Europea (24 luglio); la lettera di Meloni a von der Leyen (28 luglio); infine l’“Italy Silencing the Fourth State. Italy’s Democratic Drift” del Media Freedom Rapid Response (29 luglio).
La polemica s’è scatenata negli ultimi giorni e merita attenzione, anche dal punto di vista “scientifico”, ovvero di chi affianca il mestiere del giornalista investigativo a quello primario del ricercatore specializzato, qual è il caso del laboratorio dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale, curatore di questa rubrica “ilprincipenudo” sul quotidiano online “Key4biz”: decine di articoli, accuse e difese, e su tutto emerge la lettera che domenica scorsa 28 luglio 2024 la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha indirizzato alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, cercando di scrollarsi di dosso le critiche che sono state rivolte al suo Governo, soprattutto in materia di media, informazione, pluralismo…
Non sappiamo chi ha consigliato la Premier di adottare una procedura così eterodossa: “rispondere” alla Commissione Europea, allorquando le critiche non sono state espresse “direttamente” dalla Commissione stessa, ma soltanto da alcuni suoi uffici e soprattutto da soggetti solo in qualche modo sostenuti dall’istituzione stessa.
Così facendo, Giorgia Meloni ha finito per paradossalmente amplificare le critiche, che pure erano state rilanciate dalla stampa a lei non favorevole… Una dinamica che peraltro si intreccia nelle complesse relazioni politiche tra il Presidente del Consiglio italiano e la Presidente della Commissione Europea, nella delicata partita per l’assegnazione di incarichi apicali ad esponenti del nostro Paese.
È opportuno fare chiarezza sulla vicenda: IsICult e Key4biz hanno quindi deciso di pubblicare i 4 documenti essenziali intorno ai quali ruota la querelle sul livello di pluralismo in Italia, ed in particolare sul “controllo governativo” della radiotelevisione pubblica…
Procediamo con ordine, anche perché vengono citati – negli articoli giornalistici – alcuni “rapporti”, determinandosi una qual certa confusione. La sequenza più naturale è quella cronologica, dal 26 giugno al 29 luglio 2024.
1ª puntata: “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale” dell’Osservatorio del Pluralismo dei Media – European University Institute (26 giugno 2024)
Il primo rapporto è stato pubblicato il 26 giugno 2024, e si intitola “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale” per l’anno 2023: si tratta del capitolo dedicato all’Italia dall’Osservatorio sul Pluralismo nei Media, ovvero un documento che viene prodotto dall’European University Institute (Eui) di Firenze (una struttura universitaria fondata e fortemente sostenuta dalla Commissione Europea) e specificamente Robert Schuman Centre for Advanced Studiesovvero il Centre for Media Pluralism and Media Freedom. Gli autori sono 4 ricercatori accademici Giulio Vigevani(Università degli Studi di Milano-Bicocca), Gianpietro Mazzoleni (Università degli Studi di Milano), Nicola Canzian(Università degli Studi di Milano-Bicocca) Marco Cecili (Università degli Studi di Milano-Bicocca). Riteniamo importante sottolineare che nel report si legge che “Questa pubblicazione riflette il punto di vista degli autori e non quello dell’European University Institute”. Il “Media Pluralism Monitor” (ovvero il “Monitor sul Pluralismo dei Media”, noto anche con l’acronimo “Mpm”) è uno strumento di ricerca avviato nel 2000, progettato per individuare i “rischi” potenziali per il pluralismo dell’informazione negli Stati membri dell’Unione Europea e nei Paesi candidati.
Vengono valutati 4 fattori: “Tutela dei diritti fondamentali”, “Pluralismo di mercato”, “Indipendenza politica”, “Inclusione Sociale”. I risultati di ciascuna area tematica e ciascun indicatore sono presentati in una scala da 0 a 100 %: i punteggi da 0 a 33 % rappresentano un livello di “rischio basso”; da 34 a 66 % “rischio medio”; da 67 a 100 % “rischio alto”.
Questi i dati relativi all’anno 2022 e 2023: “Tutela dei diritti fondamentali” 32 nel 2022 e 36 nel 2023; “Pluralismo di mercato” 64 % nel 2022 e 61 % nel 2023; “Indipendenza politica” 55 % nel 2022 e 52 nel 2023; “Inclusione sociale” 54 % nel 2022 e 54 % nel 2023.
Tutti i valori quindi sono nella fascia “rischio medio” e 2 su 4 migliorano nel 2023 (“pluralismo di mercato” e “indipendenza politica”), 1 resta uguale (“inclusione sociale”) ed 1 soltanto peggiora (“tutela dei diritti fondamentali”)… Nulla di drammatico, quindi.
I 4 ricercatori si sono avvalsi di un “gruppo di esperti”, che sono stati: Isabella Splendore (Responsabile Dipartimento legale e affari internazionali Federazione italiana editori giornali – Fieg), Marina Pietrangelo (Ricercatrice Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica – Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr), Tommaso Canetta(Vicedirettore “Pagella Politica”), Carlo Bartoli (Presidente Ordine dei Giornalisti), Giorgio Greppi (Direttore della Direzione Servizi Media Agcom).
Questo report non segnala particolari allarmi nel 2023, rispetto alla situazione del 2022…
2ª puntata: “Relazione sullo Stato di diritto 2024 in Italia” a cura dei Servizi della Commissione Europea (24 luglio 2024)
Questo è il documento che ha effettivamente scatenato la polemica, ma va segnalato che, in diversi punti di questo rapporto dei Servizi della Commissione Europea, viene citato il succitato “Osservatorio sul Pluralismo nei Media” ovvero il report “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale”. Questo testo si pone come “documento di lavoro dei Servizi della Commissione”, ed accompagna la “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato della Regioni”.
Si tratta quindi di un documento di studio ed analisi. Sono stati ascoltati decine di soggetti, dall’Agcom ad Amnesty International, dalla Corte dei Conti alla Fnsi, dalla Rai a Openpolis…
Va segnalato che il documento si concentra su due temi: la giustizia e l’informazione.
Per quando riguarda i media, questa la sintesi del documento, in materia di “Pluralismo dei media e libertà dei media” (che va da pagina 25 a pagina 33, su un totale di 47 pagine): “L’Italia dispone di un solido quadro normativo che disciplina il settore dei media, garantendo l’efficace funzionamento di un’autorità di regolamentazione indipendente e dotata di risorse adeguate. Sono in vigore norme volte ad assicurare che i media del servizio pubblico forniscano un’informazione indipendente e pluralistica, anche se i portatori di interessi segnalano il persistere di problemi relativi all’efficacia della governance e del sistema di finanziamento. Il Governo ha adottato ulteriori misure intese a razionalizzare il sostegno finanziario al settore dei media, sebbene i portatori di interessi sottolineino la necessità di azioni più efficaci. I portatori di interessi nel settore dei media hanno accolto criticamente le iniziative legislative che limitano la possibilità, da parte di giornalisti e testate, di accedere a determinate categorie di atti giudiziari e al contenuto delle intercettazioni e di pubblicarli. Malgrado le norme mirate sulla protezione dei giornalisti dalle minacce nei loro confronti, continua a suscitare preoccupazione la situazione relativa alla loro sicurezza e alle loro condizioni di lavoro, così come la crescente prevalenza delle azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (Slapp). Desta preoccupazione anche la mancanza di sviluppi significativi della proposta di riforma della disciplina in materia di diffamazione a mezzo stampa”. Tra le “raccomandazioni”, si legge: “provvedere affinché siano in vigore disposizioni o meccanismi che assicurino un finanziamento dei media del servizio pubblico adeguato per l’adempimento della loro missione di servizio pubblico e per garantirne l’indipendenza”.
In sostanza, l’edizione “anno 2024” (che per il capitolo sui media ha la stessa consistenza di pagine dell’edizione precedente) focalizza una qualche attenzione alle dinamiche della Rai (che nell’edizione 2023 erano poco prese in considerazione), ma non sembra – anche in questo caso – emergere un particolare allarme da parte della Commissione… Questo allarme è stato senza dubbio invece alimentato anzi amplificato, in Italia, dai quotidiani che contrastano l’operato del Governo Meloni.
Il documento cerca di sintetizzare le opinioni dei “portatori di interesse” (ovvero gli “stakeholder”), soggetti tra i quali emerge – nell’area dei media – l’Ordine dei Giornalisti. Tra questi “portatori di interesse” viene più volte citato quell’“Osservatorio sul Pluralismo dei Media” dell’European Universitary Institute che abbiamo richiamato supra. Viene poi citata la Federazione Nazionale della Stampa e Ossigeno per l’Informazione. Naturalmente, quando si realizza una indagine sul campo, è questione delicata l’identificazione del “campione” che viene ritenuto qualitativamente adeguato per la costruzione di una corretta visione di scenario. Si leggono giudizi come “i rischi di influenza politica sono frutto della prassi ormai consolidata di riorganizzare le posizioni apicali della Rai basandosi sull’equilibrio dei poteri politici risultante dalle tornate elettorali” (pag. 27): parere questo tratto giustappunto dall’“Osservatorio sul Pluralismo sui Media” (vedi supra)… Complessivamente, non ci sembra che questa “Relazione 2024” segnali un particolare aggravamento rispetto alla “Relazione 2023”.
3ª puntata: Lettera della Presidente del Consiglio dell’Italia Meloni alla Presidente della Commissione Europea von der Layen (28 luglio 2024)
Domenica 28 luglio 2024, l’Ansa rende noto il testo integrale della breve lettera che la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni ha indirizzato alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che merita essere letta nella sua interezza perché contiene alcune puntualizzazioni corrette: anzitutto, la “Relazione sullo Stato del diritto” dell’anno 2024 non sembra essere particolarmente più grave o critica o preoccupante rispetto a quella dell’anno 2023.
Meloni accusa alcuni i suoi detrattori di averle mosso critiche strumentali e partigiane su tre principali questioni: (1.) il sistema di “governance” della Rai non garantirebbe la piena indipendenza del servizio pubblico, che sarebbe soggetto ad un’eccessiva ingerenza politica; (2.) il cambiamento della linea editoriale della radiotelevisione pubblica avrebbe determinato le dimissioni di vari giornalisti e conduttori; (3.) il mancato rispetto della ‘par condicio’ durante le ultime elezioni del Parlamento europeo.
Queste critiche sono estrapolate dalla “Relazione sullo Stato di Diritto”, ma sono attribuite dalla stessa relazioni ai succitati “portatori di interesse”.
Queste osservazioni sono state “agitate” dai giornali italiani, che hanno preso al balzo la “Relazione” per manifestare critiche feroci nei confronti della Premier.
La quale ha voluto precisare che l’attuale normativa di “governance” della Rai non è stata approvata dal suo Governo… che alcuni conduttori e giornalisti hanno lasciato Viale Mazzini rispondendo soltanto a logiche di mercato… che la stessa Agcom non ha rilevato nel comportamento della Rai dinamiche particolarmente critiche rispetto al pluralismo anche in fase elettorale.
La lettera si chiude in modo duro ed acido: “si tratta quindi di attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa. Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione”.
4ª puntata: “Italy Silencing the Fourth State. Italy’s Democratic Drift” Media Freedom Rapid Response – Mfr (29 luglio 2024)
Lunedì 29 luglio 2024, viene pubblicato un terzo rapporto, curato questo da Media Freedom Rapid Response (Mfrr), un osservatorio sui media che può essere ritenuto “indipendente” o “partigiano”: tra i suoi promotori, il Centro Europeo per la Libertà di Stampa e dei Media (Ecpmf), la Federazione Europea dei Giornalisti (Efj), Free Press Unlimited (Fpu), International Press Institute (Ipi), Article 19 Europe, Osservatorio Balcani-Caucaso Traneuropa (Obc Transeuropa)… dipende giustappunto dai punti di vista. Si tratta di un laboratorio di studio che è anch’esso sostenuto dalla Commissione Europea, ma che non rappresenta, evidentemente la Commissione stessa. Gli autori del report non sono riportati.
Anche questo rapporto – particolarmente critico sull’Italia – viene rilanciato dai quotidiani – come dire?! – “non simpatizzanti” nei confronti del Governo Meloni: da “il Fatto Quotidiano” a “la Repubblica” passando per “Domani”.
Una qual certa confusione
Questa mattina, mercoledì 31 luglio, Marco Travaglio il direttore del “il Fatto Quotidiano” – in un editoriale intitolato “Le censure sulla censura”, segnala come grande sia la… confusione, anche nella reazione della Premier Giorgia Meloni, ma pure da parte dei media rispetto alla querelle scatenatasi a partire – soprattutto – dal “Rapporto sullo Stato di Diritto” del 26 luglio 2024: è quello il report che ha provocato la lettera della Premier, e quel report è basato in parte sul precedente studio dell’Osservatorio sul Pluralismo nei Media, pubblicato il 26 giugno. E lunedì è stato “agganciato” strumentalmente un ulteriore report, di tutt’altra fonte.
Ma Travaglio scrive a chiare lettere che la situazione non è particolarmente degenerata negli ultimi tempi e la responsabilità non può essere attribuita a Meloni soltanto: in Italia, “l’informazione fa schifo da decenni”.
Così Travaglio ricostruisce la vicenda: il “Rapporto” della Commissione “sul premierato e la libertà d’informazione si limita ad affiancare alle posizioni governative quelle di “portatori di interessi” contrari (associazioni di categoria, osservatori, ong). Raccomanda l’indipendenza della Rai dai partiti, impedita dalla legge Renzi, e una riforma anti-querele temerarie, non certo nate con questo governo”.
In effetti, il “Rapporto sullo Stato di Diritto” della Commissione non si pone come critica diretta e particolarmente severa al Governo Meloni.
E continua: “piuttosto minimalista e deludente, il report è pure viziato da sospetti di ricatto: doveva uscire il 3 luglio, ma fu rinviato perché Ursula stava trattando i voti FdI con Giorgia; poi non li ha avuti e oplà, il prezioso incunabolo è saltato fuori. La stessa puzza di estorsione si avvertì con le procedure d’infrazione aperte tre anni fa contro Ungheria e Polonia per violazioni dello Stato di diritto: poi Varsavia fu perdonata senza cambiare nulla perché obbediva alla Nato e dunque a Ursula sulle armi a Kiev, Orbàn invece no perché disobbediva”.
Scrive ancora Marco Travaglio: “la Meloni aggiunge che “la Commissione Europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: ‘Domani’, ‘Fatto Quotidiano’ e ‘Repubblica’”. E questo è falso. I tre quotidiani sono citati, con i nomi dei giornalisti consultati, da un altro report sulla libertà d’informazione: quello di un consorzio privato, Media Freedom Rapid Response, che la premier confonde o finge di confondere con quello di Bruxelles per degradare le critiche europee come attacchi della stampa ostile. C’è poi un terzo rapporto, quello dell’osservatorio Centre for Media Pluralism and Freedom, che va giù duro sui bavagli Cartabia, Nordio e Costa, la Rai governativa e i conflitti d’interessi di Mediaset, Angelucci e Gedi. Ma Rep è riuscita a parlarne citando i finti martiri di TeleMeloni e censurando proprio il passaggio sul loro editore impuro. C’è una bella differenza anche trai “portatori d’interessi”: noi del Fatto portiamo solo l’interesse dei lettori a essere informati”.
Polemiche e rivendicazioni a parte, temiamo vi sia una qualche imprecisione in questa ricostruzione, perché Meloni cita i “portatori d’interesse”, nella sua lettera alla von de Leyen di domenica 28, ovvero quegli “stakeholder” che sono richiamati nella “Relazione sullo Stato di Diritto” del 24 luglio 2024, ma non fa i nomi dei tre quotidiani in questione (che sono invece citati nel report del Media Freedom Rapid Response). Quello che Travaglio definisce “il terzo rapporto” è in verità, in termini cronologici, il primo, perché si tratta del “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale” dell’European University Institute – Centre for Media Pluralism and Freedom, pubblicato il 26 giugno 2024. Ed infine va osservato che il rapporto del Media Freedom Rapid Response è stato pubblicato il 29 luglio 2024, ovvero l’indomani rispetto alla lettera di Meloni a von der Leyen…
Al di là della ricostruzione… “storiografica” della vicenda, si invitano i lettori a leggere i 4 documenti che IsICult / Key4biz mettono a disposizione, per comprendere quanto la questione sia stata “amplificata” strumentalmente o meno.
Sulla Rai l’attuale Governo è in “sospensione” sulle procedure per la elezione dei 4 consiglieri di nomina parlamentare: forse a causa della “spada di Damocle” del ricorso al Tar del Lazio, attendendo saggiamente l’udienza pubblica del 26 ottobre, o… semplicemente perché non è ancora stato raggiunto l’accordo politico.
I 4 documenti in forma integrale
Clicca qui per il report “Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale” dell’Osservatorio del Pluralismo dei Media – European University Institute (26 giugno 2024)
Clicca qui per la “Relazione sullo Stato di diritto 2024 in Italia” dei Servizi della Commissione Europea (24 luglio)
Clicca qui, per la lettera della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen (28 luglio)
Clicca qui, per il report “Italy Silencing the Fourth State. Italy’s Democratic Drift” del Media Freedom Rapid Response (29 luglio)
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